GIULIANOVA – Avrebbe iniziato a parlare con gli altri detenuti ma non con gli inquirenti. Ed è stato intercettato. Nell’indagine sull’omicidio di Renata Rapposelli, pittrice scomparsa il 9 ottobre scorso e trovata cadavere a Tolentino lungo l’alveo del fiume Chienti, quello che sta emergendo è clamoroso. Simone avrebbe confessato ad altri detenuti di aver compiuto l’omicidio, di aver strangolato sua madre. I dettagli sono stati resi noti nel corso della puntata di “Chi l’ha visto?” andata in onda ieri sera. “Mi ha rovinato la vita quando ero ragazzo e me la sta rovinando anche da morta”. Mentre si sfoga stringe le mani come per strangolare qualcuno. A questo punto uno dei detenuti gli avrebbe chiesto: “L’hai uccisa tu?” E lui avrebbe fatto cenno di sì con la testa. Sono da poco passate le 13. Giuseppe si presenta a casa con Renata. Lei vede le migliorie apportate alla cucina. Di lì in poi di Renata si perdono le tracce. “Se quel giorno non avessi perso la testa ora non sarei qui” , avrebbe detto Simone ai detenuti con i quali si è sfogato . Renata viveva ad Ancona in condizioni di indigenza. Aveva da poco ottenuto la corresponsione di 200 euro al mese detratti dalla pensione di Simone, unico mezzo di sostentamento di padre e figlio, che vivevano insieme a Giulianova. Giuseppe e Simone Santoleri, ex marito e figlio della donna, unici indagati in relazione al delitto, sono stati arrestati la mattina del 6 marzo nella loro abitazione in relazione all’omicidio della pittrice. L’accusa che pesa su di loro è quella di omicidio aggravato in concorso e di occultamento di cadavere. Tuttavia, secondo i legali della difesa, non ci sarebbero prove che la donna sia stata uccisa. In effetti, stando ai dati ufficialmente divulgati e relativi all’autopsia, non sono stati inferti colpi da taglio e non sono stati esplosi colpi d’arma da fuoco. La causa della morte non è stata ancora accertata. Si presume che la donna sia stata stordita per poi essere soffocata o strangolata. Ma, al momento, nessuna prova certa. Per questo motivo, la difesa di Simone e Giuseppe Santoleri nutre dubbi sulla fondatezza del capo d’accusa. E, in ogni caso, sarà la giustizia, attraverso i tre gradi di giudizio, a stabilire l’innocenza o la colpevolezza dei due indagati. Il 9 ottobre scorso la donna è partita per Giulianova da Ancona, dov’è la sua abitazione, perché preoccupata delle condizioni di salute del figlio Simone. L’incontro è rapidamente degenerato in un furibondo litigio scaturito, con grandissima probabilità, da motivazioni di tipo economico. In serata il cellulare di Renata si spegne e si spengono nella stessa fascia oraria, per essere riattivati solo tre giorni dopo, i telefoni dell’ex marito e del figlio.