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ERODOTO – LE STORIE. Libro I – Traduzione di Luigi Annibaletto 1956

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ERODOTO – LE STORIE. Libro I – Traduzione di Luigi Annibaletto 1956

23- Periandro, colui che comunicò a Trasibulo il vaticinio, era figlio di Cipselo ed era signore di Corinto.

Durante la sua vita, dicono i Corinzi, ( e con loro sono d’accordo i cittadini di Lesbo) gli capitò di assistere ad un fatto straordinario e meraviglioso: Arioine di Metimna, trasportato al capo Tenario sulla groppa di un delfino, era un citaredo secondo a nessuno di quelli del suo tempo e primo degli uomini, a nostra conoscenza, che compose dei ditirambi, diede ad essi il nome e li fece eseguire a Corinto.

24 – Questo Arione, dicono, che passava la maggior parte del tempo preso Periandro, fu preso dal desiderio di far vela verso l’Italia e la Sicilia, e dopo aver accumulato grandi ricchezze, volle tornare di nuovo a Corinto.

Partì, dunque da Taranto e, siccome non si fidava di nessuno più dei Corinzi, noleggiò appunto un battello di cittadini di Corinto. Questi però quando furono in alto mare, tramarono di gettare ai pesci Arione e impadronirsi delle sue ricchezze.

Egli, accortosi del malvagio proposito, si diede a scongiurarli, offrendo loro i suoi tesori, ma chiedendo salva la vita.

Non riuscì tuttavia con tale mezzo a convincerli; anzi i marinai gli imposero o di darsi egli stesso la morte, per poter avere sepoltura in terra, o di gettarsi in mare al più presto.

Messo in tal modo alle strette, Arione chiese che, se proprio così avevano deciso, gli permettessero almeno di cantare per l’ultima volta, ritto tra i banchi dei rematori, con tutta la pompa dei suoi ornamenti: prometteva che, dopo aver cantato, si sarebbe dato la morte; ed essi, che erano allettati dal piacere di poter ascoltare il miglior cantore che ci fosse tra gli uomini, si ritirarono dalla poppa verso il centro della nave.

Arione, quindi, indossati tutti i suoi paramenti e presa in mano la cetra, ritto tra i banchi dei rematori,eseguì dal principio alla fine il nomo ortio; e alla fine del canto, così come stava, con  tutti i vestiti si gettò in mare.

I marinai fecero vela verso Corinto; quanto ad Arione dicono che un delfino, presolo sul dorso, lo portò al promontorio Tenaro; quivi sceso a terra si diresse a Corinto abbigliato com’era ; e giunto colà spiegò tutto l’accaduto.

Periandro, dicono, piuttosto incredulo, tenne Arione sotto sorveglianza, senza lasciarlo andare in nessun luogo; intanto aspettava con impazienza l’arrivo dei marinai; quando questi furono arrivati, chiamatili al suo cospetto, chiese loro se avessero qualche notizia di Arione da riferirgli. E mentre quelli lo assicuravano che era sano e salvo in Italia e lo avevano lasciato in buone condizioni a Taranto, comparve loro davanti Arione, vestito come quando aveva spiccato il salto in mare; dimodoché essi, sbigottiti, non ebbero più modo, colti in fallo, di negare l’accaduto.

Questo è quanto raccontano Corinzi e Lesbi; ed esiste, in verità, al capo Tenaro, un ex voto di Arione, di modeste proporzioni, che rappresenta un uomo sulla groppa di un Delfino.

Nota. Tanto per avere chiaro quale fosse il teatro di questi racconti e capire gli usi musicali del tempo, Metimna era la seconda città dell’isola di Lesbo, e capo Tenaro é l’odierno capo Matapan all’estremità meridionale della Laconia. I ditirambi erano canti corali orgiastici in onore di Dionisio, forse l’antica progenie delle moderne Osteriecantate dagli universitari, e il nomo ortio un inno a carattere liturgico a tono elevato. Erodoto è prudente nel riportare queste storie, intrise di favola e allegoria, le racconta ma ne esteriorizza la fonte, che alla fine è solo un qualcosa che si riferisce alla tradizione orale che, navigando nei secoli, è sempre stata la base del buon senso e del fantasticare degli uomini. 

Luciano Magnalbo’  

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