Pochi giorni fa si è celebrato l’anniversario della scomparsa di Sandro Pertini. Nato a San Giovanni di Stella il 25 settembre 1896 e morto a Roma il 24 Febbraio del 1990, fu eletto Presidente della Repubblica Italiana l’8 Luglio 1978 al 16° scrutinio, mantenendo la carica fino al 29 Giugno 1985, quando si dimise pochi giorni prima della scadenza naturale del suo mandato, per permettere a Francesco Cossiga di insediarsi. Un presidente che è stato amato dall’intera popolazione Italiana per il suo carattere deciso e risolutivo, appassionato e presente. Chi non ricorda il suo esultare davanti ad i Reali di Spagna ad i mondiali del 1982 nella partita di finale tra Italia e Germania che sancì la vittoria della nostra Nazionale? Come in ogni storia tuttavia esistono pagine belle e pagine … meno belle.
Raccontare la storia vuol dire non occultarne alcuna parte, specialmente se legata a periodi bui, duri, e drammatici. Ma quando si occulta una parte della storia per tanti anni, di quella storia fatta da uomini che hanno contribuito e sono stati partecipi e promotori di eventi drammatici, a causa dei quali ancora oggi l’intera nazione subisce condizionamenti, si rischia di lasciare migliaia di persone ad aver negata quella giustizia che attendono da anni e che ancora oggi negata, per paura di affrontare certi argomenti, per paura di ammettere i propri torti, per paura di svegliare fantasmi del passato.
Libri di scuola “manomessi”, come si evince nel testo di Maria Ballarin “Il trattato di Pace 10 febbraio 1947 nei programmi e nei testi scolastici di storia”. Nel 1915 l’Italia entrò in guerra per annettersi il Trentino Alto Adige, una parte del Friuli e la Venezia Giulia. All’indomani del secondo conflitto quest’ultima regione venne quasi del tutto annessa alla Repubblica Federale di Jugoslavia in un modo così violento e traumatico da determinarne il pressoché totale spopolamento; i confini nazionali vennero sanciti solo nel 1975. Ma è soltanto dalla dissoluzione del confinante stato socialista nel 1995 che queste importanti vicende sono uscite dall’oblio a cui sono state colpevolmente condannate per mezzo secolo da una congiura del silenzio attuata da tutte le istituzioni del nostro Paese. Questo studio cerca di ricostruire le responsabilità del mondo culturale e scolastico italiano che hanno concorso a rimuovere dalla coscienza collettiva nazionale una tanto significativa pagina della sua storia.
Fatti, questi, di cui l’amato Presidente sarebbe stato a conoscenza. Si ricorda che di questi fatti, volutamente negati e occultati, con grandissima difficoltà e paura si cominciò a parlare solo dopo la morte di Pertini.
Nel maggio 1980 il Presidente baciò la bandiera jugoslava e partecipò convintamente ai funerali di Josip Broz, il “macellaio” Tito, responsabile del nostro Olocausto con decine di migliaia di profughi costretti a lasciare le loro case e chissà quante migliaia di innocenti fucilati ed infoibati dalle bestie assassine titine, fra cui bambini, donne, preti, colpevoli solo di essere italiani. Una ulteriore amarezza per gli esuli ed i parenti delle vittime della barbarie.
Ancora oggi i libri di scuola non parlano di ciò che accadde, lasciando gli studenti orfani di una
informazione necessaria per comprendere ciò che da allora ad oggi è avvenuta e che se forse avrebbe cambiato il corso della storia Italiana. Il negazionismo fa si che solo in poche scuole si cominci a parlare di questi fatti, per di più nonostante dal 2004 è stata istituita la giornata del
ricordo. In quanti sanno che Sandro Pertini si rammaricava di non aver saputo prima della strage di Via Rasella a Roma, azione della Resistenza romana condotta il 23 marzo 1944 e ordinata da Giorgio Amendola e che in ogni caso ha sempre dichiarato di appoggiare, dove furono uccisi 33 reclute altoatesine e 2 civili, dalla quale scaturì la ritorsione tedesca che provocò l’uccisione di 335 italiani alle fosse ardeatine? L’azione, compiuta da una dozzina di gappisti (tra cui Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Rosario Bentivegna e Carla Capponi), consistette nella detonazione di un ordigno esplosivo al passaggio di una colonna di soldati in marcia e nel successivo lancio di quattro bombe a mano artigianali sui superstiti. Causò la morte di trentatré soldati tedeschi (non si hanno informazioni certe circa eventuali decessi tra i feriti nei giorni seguenti) e di due civili italiani (tra cui il dodicenne Piero Zuccheretti), mentre altre quattro persone caddero sotto il fuoco di reazione tedesco. Il 24 marzo, senza nessun preavviso, seguì la rappresaglia tedesca consumata con l’eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui furono uccisi 335 prigionieri completamente estranei all’azione gappista, tra cui dieci civili rastrellati nelle vicinanze di via Rasella immediatamente dopo i fatti. Il vice brigadiere dei carabinieri Salvo D’Acquisto si emulò eroicamente per salvare i prigionieri fatti dai Tedeschi. Nessuno dei Partigiani responsabili si offrì per salvare i 335 martiri.
Nelle sue memorie Amendola scrive che dopo l’attentato Pertini era “furioso”, ma solo “per non essere stato messo al corrente del progetto dell’azione di riserva”. Nel 1983, mentre ricopriva la carica di presidente della Repubblica, Pertini dichiarò: “Le azioni contro i tedeschi erano coperte dal segreto cospirativo. L’azione di via Rasella fu fatta dai Gap comunisti. Naturalmente io non ne ero al corrente. L’ho però totalmente approvata quando ne venni a conoscenza. Il nemico doveva essere colpito dovunque si trovava. Questa era la legge della guerra partigiana. Perciò fui d’accordo, a posteriori, con la decisione che era partita da Giorgio Amendola”.
Alla luce di questi, e tanti altri fatti, sapientemente occultati come possiamo pretendere che i nostri giovani, da cui dipende il futuro della nostra nazione possano coscientemente formare il loro pensiero, dal momento in cui mancano quelle doverose informazioni che completano il quadro storico? Sono la conoscenza, la cultura e l’informazione gli unici strumenti in grado di spegnere l’odio e le divisioni a cui anche oggi assistiamo.
Ettore Lembo
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