lunedì, Ottobre 7, 2024
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Processo a Innocent Oseghale: Desmond Lucky e Lucky Awelima negano ogni addebito. La criminologa Bruzzone: “Pamela era affetta da disturbo borderline”

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di Elisa Cinquepalmi

Macerata- È iniziata questa mattina alle 9 la quinta udienza per Innocent Oseghale, presunto autore dell’omicidio della diciottenne romana Pamela Mastropietro. In aula del Tribunale sono stati ascoltati, davanti la Corte d’Assise, Desmond Lucky e Lucky Awelima, i due nigeriani inizialmente indagati.
Le loro dichiarazioni non  concordanti agli atti d’indagine, fanno emergere seri dubbi sul loro coinvolgimento riguardo l’omicidio o l’occultamento di cadavere.

 Entrambi, accusati di spaccio, dicono di conoscere l’imputato Innocent Oseghale, ma che non hanno mai frequentato l’abitazione presente in via Spalato 124. Durante la deposizione, Lucky Awelima era molto agitato.
“Il 30 gennaio Oseghale mi ha chiamato, ma ho chiuso subito la telefonata perché mi sentivo poco bene”. I due nigeriani, ignari di essere intercettati in carcere, hanno negato le loro conversazioni riguardo l’accaduto.
Durante la deposizione, Desmond Lucky ha ricordato che la polizia gli aveva mostrato le immagini ritraenti il corpo martoriato di Pamela e nel colloquio con Awelima gli ha chiesto ” Perché Innocent ha fatto una cosa del genere?”. Inoltre, ha negato di aver acquistato con l’imputato la candeggina. “Ho sentito Innocent Oseghale il 31 gennaio, per tre minuti ed abbiamo parlato di giochi e scommesse”.
Diversa invece la testimonianza del nigeriano Anthony Anyanwu.

” Ho parlato con Oseghale il 30 gennaio alle 11.42 riguardo il permesso di soggiorno.
Mi disse che era ai Giardini Diaz con una ragazza. Alle 14.09 c’è stata una seconda telefonata.
Mi disse che la ragazza stava dormendo, che aveva fatto sesso con lei e che stava uscendo per comprare qualcosa da mangiare. Alle 17.28 mi ha chiamato per la terza volta, una telefonata di 20 minuti. Io ed Innocent parliamo di Pamela che non si svegliava, allora gli ho chiesto quanta roba gli hai dato? Ma non ricordo se mi riferivo alla droga o al cibo etnico. Gli ho detto di chiamare l’ambulanza, oppure di immergerla nella vasca o di bagnarla con l’acqua fredda”.

Dopo questi colloqui telefonici avvenuti il 30 gennaio, i due non si sarebbero più incontrati.
Dettagliato il quadro psichico descritto dalla criminologa Roberta Bruzzone.
“Pamela soffriva da un forte disturbo borderline. In questi soggetti, il controllo degli impulsi non sono gestibili.  La ragazza aveva un forte stato d’angoscia, che la rendeva paranoica e all’interno della comunità la situazione è peggiorata. Esplosione, rabbia, impulsività e la tossicodipendenza è un’autocura.  Negare un caffè o una sigaretta è come averla investita da un idrante di emozioni negative. Pamela pensava di non essere benvoluta e questo l’ha spinta a scappare.
Non essendo in grado di capire il bene ed il male, si è affidata alle persone che ha incontrato, come se fossero scialuppe di salvataggio. Riguardo l’aspetto tossicologico confermato dall’humor vitreo, afferma che la causa del decesso sia dovuto per lo shock emorragico causato dai due colpi inferti al fegato e non per overdose”.

Ascoltata anche la biologa Marina Baldi, che ha analizzato il corpo di Pamela e nonostante sia stato pulito con la candeggina, ha riscontrato diversi DNA, tra cui quello dell’imputato Innocent Oseghale presente sulle labbra della diciottenne, probabilmente a seguito di una compressione.
Nella prossima udienza che si svolgerà il 3 aprile alle 9 verranno ascoltati il prof. Bacci e le dott.sse Melai e Zecchini. Intanto, la famiglia Mastropietro, difesa dal legale Marco Valerio Verni, vuole verità e giustizia per il loro angelo volato in cielo troppo presto.

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