Roma – “Sono convinta che Oseghale ebbe almeno un complice nella casa dell’orrore, in via Spalato”. Lo afferma Luisa Regimenti, docente di medicina legale all’Università di Tor Vergata a Roma e consulente di parte civile al processo per l’omicidio della 18enne romana Pamela Mastropietro, avvenuta il 30 gennaio del 2018.
“A mio avviso il nigeriano non solo uccise Pamela con due colpi di fendente da arma bianca inferti al fianco destro, ma quando ne smembrò il cadavere potrebbe avere avuto l’aiuto di almeno una persona” sostiene Regimenti, che mercoledì 3 aprile, su richiesta del Procuratore, tornerà presso la Corte d’Assise di Macerata per ribadire in aula gli elementi fondanti della sua perizia tecnica, dalla quale si evince la causa del decesso della ragazza, “avvenuto per emorragia in seguito alle due lesioni epatiche e a quella dell’arteria intercostale”. Nessuna overdose di eroina, quindi, secondo la consulente della famiglia Mastropietro. Una tesi avanzata anche dagli altri componenti del pool di esperti voluti dall’avvocato Marco Valerio Verni.
“Per quanto mi riguarda – sottolinea Regimenti – non ho mai scartato l’ipotesi che Oseghale si trovasse in compagnia di un’altra persona, anche perché lo scempio fatto sul corpo di Pamela è stata un’operazione di grande precisione, che perfino un medico legale molto esperto avrebbe avuto difficoltà a svolgere così nel dettaglio e in così poco tempo. Quella del 3 aprile sarà una giornata cruciale, che probabilmente offrirà indicazioni significative per la sentenza conclusiva del processo, prevista a maggio. E ciò a prescindere da quanto potrà dire in aula proprio Oseghale, che ha deciso, a quanto pare, di rendere dichiarazioni spontanee” conclude.
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