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DA ERODOTO – LE STORIE, CONTINUA IL LIBRO I – Traduzione di Luigi Annibaletto, Mondadori 1956

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DA ERODOTO – LE STORIE, CONTINUA IL LIBRO I – Traduzione di Luigi Annibaletto, Mondadori 1956

44 Creso, tutto sconvolto per questa morte, ancor più fieramente si lamentava perché gli aveva ucciso il figlio proprio quell’uomo che egli stesso aveva purificato per un delitto.

Sicché, terribilmente costernato per la sventura, invocava Zeus come dio della purificazione, chiamandolo a testimone di quello che aveva sofferto da parte del forestiero: lo invocava come protettore del focolare e dell’amicizia (era lo stesso dio che supplicava con questi nomi): come protettore del focolare perché, avendo accolto in casa sua il forestiero, aveva nutrito senza saperlo l’assassino di suo figlio; come protettore dell’amicizia perché, mentre l’aveva mandato con Ati a custodirlo, l’aveva trovato il peggiore dei nemici.

45 In seguito si presentarono i Lidi che riportavano il cadavere; dietro lo seguiva l’uccisore.

Questi, ritto davanti a morto, si offriva in balia di Creso, protendendo le mani, e lo supplicava di sgozzarlo lì, sul posto, rammentando la sua prima sventura e protestando che non gli era più possibile sopportare la vita ora che, dopo quella disgrazia, aveva dato la morte a colui che l’aveva purificato.

Ma Creso ad udire questi lamenti fu preso da compassione per Adrasto, pur essendo egli stesso in così grave lutto familiare, e gli disse: < Ho già da te, o mio ospite, ogni soddisfazione, perché pronunci te stesso contro di te sentenza di morte. Non sei tu certo la causa di questa mia sventura, se non in quanto, contro tua voglia, ne sei stato l’esecutore; ma è qualcuno degli dei, io credo, il quale già da tempo mi avvertiva di quello che doveva succedere>.

Creso quindi dette sepoltura al figlio, come conveniva, ma Adrasto, figlio di Gordia e nipote di Re Mida, colui che era stato uccisore del proprio fratello e uccisore di chi l’aveva purificato, quando intorno al sepolcro fu moltitudine e silenzio, rendendosi conto che di tutti gli uomini che conosceva era il più profondamente infelice, immolò sopra il tumulo se stesso.

46 Per due anni Creso in seguito alla perdita del figlio, rimase inattivo, chiuso nel suo grande dolore; ma poi il fatto che il dominio di Astiage, figlio di Ciassate, fosse stato abbattuto da Ciro, figlio di Cambise, e che la potenza dei Persiani si andasse ampliando, fece sì che Creso desse tregua al lutto, e gli pose nell’animo il pensiero se mai potesse, prima che i Persiani diventassero troppo forti, arrestarne la crescente potenza.

Non appena formulato questo pensiero, subito volle tentare gli oracoli che vi erano in Grecia e quello di Libia, mandando degli incaricati, chi di qua, chi di là: alcuni a Delfi, altri ad Aba, nella Focide, altri ancora a Dodona. Alcuni furono pure mandati al santuario di Anfiatao e a quello di Trofonio; altri nel territorio di Mileto presso i Branchidi: questi gli oracoli greci che Creso mandò ad interrogare. Altri incaricati furono mandati in Libia, a consultare Ammone.

Creso ve li mandava volendo mettere alla prova quello che sapevano gli oracoli; con l’intenzione, poi, se constatava che conoscevano la verità, di mandare una seconda ambasceria a chiedere se poteva accingersi ad una spedizione militare contro i Persiani.

NOTA: Si parla di un mondo antico: da una parte la pietas di Creso, che perdona l’uccisore del suo figlio più caro, dall’altra il vero dolore e il senso dell’onore dell’uccisore, che decide di immolarsi coram populo sul tumulo della vittima; e poi il profondo senso del divino e del magico, il volere degli dei e il responso degli oracoli, senza la voce dei quali nessun re si sente sicuro nel muoversi. Gli dei avevano i loro oracoli, ognuno dei quali fondava il proprio auspicio su determinati eventi e su particolari fenomeni della natura, e in Epiro ve ne era uno dedicato a Zeus, i cui sacerdoti traevano il responso dallo stormire delle sacre foglie della quercia.

Luciano Magnalbo’

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