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Mario Vespasiani e le cinque tigri mistiche: verso la quarta dimensione

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Occhi di tigre che, come Caronte, traghettano l’uomo dalla dimensione presente alla trascendenza. Gli elementi naturali: aria, acqua, fuoco e terra. Una ricerca interiore tesa non all’apparire, ma all’essere. Un’anima intimamente innamorata dell’arte e della spiritualità in tutti i suoi aspetti. Tutto questo è Mario Vespasiani.

L’artista nasce nel 1978, vive e lavora a Ripatransone e nei luoghi che meglio si prestano a sviluppare i suoi progetti. La sua ricerca espande il concetto di pittura in varie modalità espressive: indaga lo studio della componente luminosa del colore e predilige esporre in spazi inusuali, che esulano dalle tendenze e dalle proposte tradizionali, per purificare la percezione del lavoro e far emergere la sua natura contemplativa.

Il lavoro di Mario Vespasiani si muove dentro alcuni grandi interrogativi dell’umanità, come la concezione di spazio e tempo e il rapporto tra umano e divino. Le atmosfere dei suoi dipinti inducono a penetrare il mondo circostante, attraverso l’utilizzo di pochissimi ma essenziali elementi. La sua arte è dunque da considerarsi principalmente evocativa, prima che iconografica (significato delle immagini) o iconologica (ragione della scelta di quelle particolari immagini) perché proprio in quel “rapimento” esiste la possibilità di partecipazione che porta a vagare nella memoria, in una mappa scandita da tappe precise: silenzio, mistero, contemplazione.

Le cinque tigri mistiche

Nella ventennale ricerca di Mario Vespasiani lo studio dei simboli ha sempre avuto una notevole rilevanza. Come insegna l’esperienza, quando desideriamo sperimentare qualcosa, la nostra fantasia proietta davanti a sé un’immagine dell’azione nella quale immergersi. A maggior ragione per un artista visivo ogni immagine è una soglia che conduce a molteplici livelli di significato, come semi che, germogliando svelano altre possibilità.

Dalla nostra inquieta contemporaneità Vespasiani ha estratto due termini – e da questi un soggetto – che sintetizzano le sensazioni quanto mai comuni tra le varie fasce d’età: paura e sogno, due parole contrastanti che secondo l’autore sono in grado di riassumere la complessità del nostro tempo. Allo stesso modo il simbolo è misteriosamente capace di unire entità opposte, sottolineando come siano continue e profonde le connessioni che legano l’esistenza in tutte le sue forme. L’artista riflette sulle energie presenti in ogni aspetto della vita attraverso proiezioni inconsce, oscure oppure illuminanti. Energie insieme creative e distruttive, di vita e morte identificate in natura delle fattezze di un solo animale: la tigre, per forza, potere ma anche passione e sensualità.

Nella mitologia greca è associata al dio Dioniso, mentre nell’inferno cinese è un guardiano che divora le anime. Gli indiani la identificano come “tamas” la forza sfrenata dell’istinto, in Cina è simbolo del buio e del lato oscuro dell’anima, nel buddhismo raffigura la fede e le lo sforzo spirituale. Mario Vespasiani interpreta così, con la grinta che lo contraddistingue un tema che ha da sempre appassionato i grandi maestri dell’arte sia occidentale che orientale.

Le leggende parlano di Cinque tigri mistiche, protettrici dell’ordine spaziale, che dominano le forze del caos, ciascuna di un colore diverso, messe a guardia dei quattro punti cardinali e del centro, la cui potenza sovrannaturale, in grado di comunicare con l’assoluto è stata concentrata da Vespasiani negli occhi, che si moltiplicano e mandano fuori fuoco la visione dello spettatore, incapace di fissarli e di predirne i movimenti.

In queste opere inedite l’autore indaga l’aspetto misterioso di uno sguardo che pare provenire direttamente dal mondo onirico, luogo in cui le regole non valgono, dove colori e vortici alterano la percezione del reale.

Paura e Sogno sono anche le emozioni più profonde vissute dalle giovani generazioni e tali dipinti testimoniano una metafora del quotidiano. Le cinque tigri mistiche sono dunque un archetipo che ha in sé il sacro da cui distogliere lo sguardo e la fascinazione per l’abisso, dove lasciarsi attrarre nella vertigine di una dimensione non ancora conosciuta.

(Le opere in foto sono olio su tela, realizzate nella fine del 2018)

 

Note biografiche

Mario Vespasiani espone giovanissimo ai Musei Capitolini di Roma con la mostra Gemine Muse e a 27 anni vince il primo Premio Pagine Bianche d’Autore. Nel 2008 a dieci anni dalla prima personale realizza la mostra che avvia il progetto denominato “La quarta dimensione” attraverso il quale propone un dialogo con alcuni grandi maestri dell’arte italiana a lui particolarmente vicini in un determinato momento della ricerca.

Il primo avvenne nel 2008 con Mario Schifano mettendo in risalto il colore e il gesto pittorico che contraddistingue il procedere istintivo dei due autori, per l’approccio grintoso, per la carica vitale e mai prevedibile della pittura. Nel 2010 presso la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Ascoli Piceno le sue opere si affiancarono all’astrattismo lirico di Osvaldo Licini, in questo momento le tele di Vespasiani sempre meno figurative forniscono una panoramica del tratto pittorico che raggiunge soluzioni stilistiche più evanescenti ed essenziali.

Dal 1998 le sue mostre personali sono state documentate con altrettanti volumi, arricchiti da testi critici, interviste e da testimonianze trasversali. Contemporaneamente alla pittura, ha frequentato un workshop di fotografia con Ferdinando Scianna e di cinema con Lech Majewski. Del suo lavoro se ne sono occupati oltre agli storici e ai critici d’arte, anche filosofi, scrittori, antropologi e teologi.

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