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Annibale in Abruzzo

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Gli uomini di Annibale in battaglia, fonte Wikipedia

ABRUZZO – L’Abruzzo cerniera fra il Nord e il Sud della Penisola Italiana è stato percorso in lungo e in largo da molti personaggi storici, condottieri, imperatori, principi e re, per semplici viaggi o campagne militari in Italia.

In questo articolo, tratteremo del passaggio in Abruzzo del condottiero cartaginese Annibale Barca, quello che dagli storici viene definito il più grande generale dell’antichità, in grado di sconfiggere in battaglie campali i romani per ben quattro volte. Argomento già trattato nel 2017 con Discovery Abruzzo Magazine su cui oggi tornerò.

Nell’inverno 217 – 216 a.c. Annibale (247 – 183 A.C.), vittorioso al Lago Trasimeno sui Romani, valicò gli Appennini  e pare secondo toponimi di località e luoghi, passò i Monti della Laga e si fermò nella Vibrata, diretto verso Canne in Puglia. Successivamente ripassò per questa zona diretto in Umbria nel 207 a.C, con l’intento di congiungere le sue truppe con quelle di suo fratello Asdrubale.  Ma, questa volta le sue armate furono rallentate con esito positivo, complice anche la scabbia, dal distaccamento di uomini al comando di Gaio Claudio Nerone che poi raggiunse a sorpresa a marce forzate l’altro collega console Marco Livio Salinatore, cogliendo alla sprovvista le truppe di Asdrubale che furono sbaragliate col fratello di Annibale che preferì morire onorevolmente gettandosi nella mischia della battaglia, piuttosto che finire prigioniero dei Romani.

Qui, probabilmente, fra storia e leggenda che si incontrano,  fra fatti realmente accaduti raccontati da fonti orali trascritte da Tito Livio e dagli altri storici, creature mitologiche e spiriti maligni, il generale dovette impegnarsi anche in battaglie di logoramento con le città italiche alleate dei Romani, non senza perdite di uomini e di mezzi che non distrussero la forza dell’esercito cartaginese, abituato a simili fatiche dato che combatteva da anni in Italia ed aveva già valicato le Alpi, ma di sicuro ne contribuirono a fiaccare la forza in virtù della tattica di logoramento dei Romani.

A testimonianza del passaggio di Annibale fra i passi e i tratturi dei Monti della Laga e delle sanguinose battaglie, toponimi quali il  “Valico di Annibale” fra le cime del Monte Gorzano (2458 mt) e il vicino Pizzo di Sevo (2422 mt), il “Tracciolino di Annibale”, la “Macera della Morte”, il “ Monte dei Morti”, il “Monte Romicito”, la “Valle dell’Inferno”.

Nel tratturo della “Macera della Morte”,  si dice che si sia svolta una battaglia fra Romani e Cartaginesi e qui i morti furono così numerosi da essere accatastati in pire e lasciati “macerare”, in merito vedi anche il libro di Romualdi “Il XX secolo ai piedi della Laga”,

Nelle storie che si leggono davanti al fuoco del camino durante il rigido inverno dei monti abruzzesi, c’è quella di chi giura di aver sentito, fra suggestione e realtà, i lamenti degli spiriti dei soldati morti. Si narra che una donna nell’Ottocento,  avventuratasi e persasi fra queste contrade vide gli spiriti di alcuni guerrieri con delle lance che fecero il gesto di trafiggerla. Alcuni giorni dopo, fu ritrovata viva e vegeta  in stato confusionale con una ferita da armi da taglio sul corpo.

In questa zona  sarebbe passato il tracciato della  prima Via Salaria (che partiva dall’odierno fiume Saline  fra Montesilvano e Città S.Angelo  in Provincia di Pescara, raggiungibile anche dal cosiddetto fiume Salinello fra Giulianova e Tortoreto in Provincia di Teramo), accampandosi anche nei pressi di Hadria Picena, l’attuale Atri (Te). Dalle Marche il tracciato si snodava fra salite e discese dalla cima del Monte Comunitore, per il valico del Passo Chino, inerpicandosi lungo l’ampio costone che tocca la vetta della Macera e il Pizzutello al di sotto di Cima Lepri. Qui passando per le Gole del Salinello e la Val Vibrata si giungeva sulla Costa Adriatica.

A testimonianza che qui passava una antica strada romana, vicino Sant’Omero alla Vibrata (Te), sarebbe stato rinvenuto un cippo che secondo alcuni indicava la via Metella dal nome del Console romano che la fece costruire. I resti di una pietra romana sono stati rinvenuti anche sotto la vetta di Cima Lepri. Proprio su questa via, percorribile tramite il cosiddetto “trekking della Metella” del CAI di Ascoli Piceno, che passava per Bosco Martese, fra il Ceppo, toccando Castel Manfrino, dovette avventurarsi l’esercito cartaginese per accelerare il suo arrivo sull’Adriatico.

I Romani, invece,  controllavano gli spostamenti di Annibale dall’alto, fino  a Campo Imperatore.

Nel 211 a.C., l’eroe cartaginese, dopo aver riposto in un cassetto ogni speranza di attaccare nell’immediato la città di Roma, e vista l’impossibilità di difendere Capua (la sua maggiore alleata in Italia meridionale e seconda città d’Italia),  sarebbe stato avvistato di nuovo in Abruzzo come riporta lo storico Tito Livio, passando per Foruli (antico nome di Civitatomassa frazione di L’Aquila vicino Scoppito), la terra dei Marsi, Alba Fucens, il paese dei Peligni, dove c’erano le importanti città di Corfinio, Sulmona, Superequm e Ocriticum. Qui tentò di entrare in Sulmona, patria di Ovidio, ma non trovò collaborazione, perciò imboccò la Tiburtina Valeria per raggiungere la terra dei Marrucini dove c’era Teate Marrucinorum (Chieti), la capitale, fondata secondo il mito dal Pelide Achille.

I Marrucini, fedeli ai Romani, attaccarono Annibale che probabilmente tentò di prendere la città di Teate anche per avere viveri e vettovagliamento. A testimonianza di ciò, diversi anni fa, a Chieti, in località Colle Arenazze, sarebbero stati ritrovati dei resti di armi antiche e altri reperti che secondo alcuni sarebbero datati alla Seconda Guerra Punica, quando Annibale avrebbe cinto d’assedio la città. Ovviamente, di questa notizia, attualmente, non ci sono riscontri certi, poiché gran parte dei documenti di epoca romana del capoluogo marrucino sono andati distrutti nell’incendio del sacco dei Franchi di Pipino Carlomanno dell’802 d.C..

Annibale e i suoi uomini, da Chieti per raggiungere la Daunia, l’attuale Puglia e da lì il Bruzio dove l’attendeva il fratello Magone,  probabilmente passarono anche per Castrum Teate, l’attuale Ripa Teatina, avamposto di Teate verso la costa adriatica abruzzese meridionale. A testimonianza di ciò, l’elmo cartaginese rinvenuto nei pressi della Chiesa di Santo Stefano nel paese.

Ovviamente, queste sono solo pillole di informazioni sull’argomento che non intendono sostituire i libri di storia specialistici a cui si rimanda per maggiori informazioni e approfondimenti.

Cristiano Vignali – La-Notizia.net