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Mennea, quel trionfo a Città del Messico e la carezza sul volto di Nazzareno Rocchetti

MENNEA, QUEL TRIONFO/ CON LA firma marchigiana

di Maurizio Verdenelli

“Appena tagliato il traguardo mi cerco’ con lo sguardo. Poi mi una carezza sul volto, leggera, indimenticabile, unica. Dio sa quanto Pietro non fosse uomo da smancerie! Quel gesto affettuoso, inaspettato dopo un’impresa tanto grande rimane viva come appena ieri, a 40 anni da allora”. Si commuove al ricordo, Nazzareno Rocchetti, mentre ne parla nella sua bella casa nei dintorni di Cingoli.
Gia’, allora, 12 settembre 1979: ore 12.50 (ora locale, ore 23.20 ora di Roma) a Citta’ del Messico, stadio Azteca, caro alla gloria degli azzurri, finale delle Universiadi. Quattro decenni fa. Eppure il mito resiste ancora. 19′ 72: record del mondo sui 200 piani, steappato da Mennea dopo 11 anni a Tommie Jet Smith. Resistera’ ben 17 anni, ma e’ tuttora record europeo.
Una leggenda cui hanno preso parte Nazzareno Rocchetti e l’ascolano Carlo Vittori, l’allenatore del campione.
“Avevo 32 anni e tre anni prima avevo conosciuto Pietro ad un raduno collegiale della nazionale e mi ero fatto convincere da lui a lasciare la cura dei mezzofondisti per dedicarmi alla velocita’. Un sodalizio che duro’ fino al 1988..”.
Un ricordo in particolare?
“Tanti ma se ne devo raccontare uno penso a Praga 1978. Mennea aveva vinto due ori ed un argento quando un’anziana ando’ da Vittori per dire che aveva soccorso un atleta azzurro completamente paralizzato e dolorante …in mezzo alla strada ad un chilometro distante dal Villaggio Atleti. L’allenatore mi fece chiamare subito”.
Che era accaduto?
“Mennea era completamente bloccato dall’acidificazione dei muscoli a causa dell’imponente mole di lavoro cui si sottoponeva e cui era sottoposto essendo l’alfiere azzurro per eccellenza. Lo massaggiai per 7 ore ininterrottamente..”.
Poi?
“Poi Pietro che non sopportava quella che definiva la vita frenetica e i frastuoni del Villaggio Atleti, volle trasferirsi in casa della sua salvatrice. Con me a fianco beninteso. La signora tuttavia aveva a disposizione un letto solo e perdipiu’ ad una piazza. Cosi’ Mennea ed io dormimmo assieme per tre notti di fila. Quando io tentavo di svignarmela pensando che lui dormisse, mi richiamava subito. Era impaurito da quello che gli era capitato e voleva me, il suo fisioterapista, sempre accanto 24 h”.
Poi?
“Con Mennea ci ritrovammo ancora assieme a Seul 88. Era la quinta olimpiade per lui: mai accaduto per un velocista. Supero’ un paio di batterie facili (noblesse obblige) poi usci’ dalla storia dell’atletica come un monarca: quello che in realta’ era”.
Ancora un’appendice maceratese alla leggenda del record mondiale. Con i soldi del premio da parte del Coni, Pietro acquisto’ in fabbrica a Tolentino due poltrone Frau che sono ancora bell’ e intatte nella sua casa romana a 6 anni dalla morte. Allora un record del mondo valeva monetariamente per l’uomo piu’ veloce del mondo, unico e vero predecessore di Bolt, meno di un premio partita del calcio.
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