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Ridate la scorta al Capitano Ultimo

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“Capitano Ultimo chiede di conoscere i nomi dei componenti della Commissione Centrale Consultiva per l’adozione delle misure di sicurezza personale che gli hanno revocato la scorta e il Prefetto Alberto Pazzanese dice: richiesta deve ritenersi sottratta al diritto di accesso, per evidenti ragioni di sicurezza e riservatezza degli interessati . E’ accaduto in Italia a Roma il 7 ottobre 2019″. Così il colonnello Sergio De Caprio – a tutti noto come Capitano Ultimo – sul proprio profilo Facebook. Nel frattempo la petizione avviata per il reintegro immediato della scorta dopo la recente revoca dei sistemi di sicurezza sta ormai per toccare le 60mila firme.

Di seguito il contenuto della “Comunicazione di avvio del procedimento di revoca, ai sensi dell’art.7 della legge 241/1990″: “Si comunica che, su conforme parere della Commissione Centrale Consultiva per l’adozione delle misure di protezione personale, di cui all’art.3 del DL 83/2002, convertito dalla legge 133/2002, è stato dato avvio al procedimento di revoca del dispositivo di 4° livello “tutela su auto non protetta” in atto a protezione della S.V., atteso che dall’istruttoria svolta in sede locale ed a livello centrale non sono emersi specifici indicatori di rischio riferiti alle ipotesi di pericolo o minaccia di cui all’art. 1 del DL. 83/2002, anche con riferimento agli episodi incendiari citati nella sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio n.8249/2019, che non sono risultati riconducibili alla Sua sicurezza personale, nè sono stati evidenziati ulteriori elementi che inducono a ritenere necessario il mantenimento di uno dei dispositivi di cui all’art. n.8 del DM 28 maggio 2003”.

La mafia non è stata sconfitta. E’ cambiata, “evoluta”, ha mutato conformazione e metodi. Ma è un pericolo ancora del tutto presente. Togliere la scorta al Capitano Ultimo equivale a dire che la mafia è autorizzata ad agire indisturbata e questo significa lanciare un messaggio ben preciso: ognuno di noi è a rischio. Siamo tutti in pericolo.

Le analisi moderne del fenomeno considerano la mafia, prima ancora che un’organizzazione criminale, un “sistema di potere” fondato sul consenso sociale della popolazione e sul controllo sociale che ne consegue; ciò evidenzia come la sua principale garanzia di esistenza non stia tanto nei proventi delle attività illegali, quanto nel consenso della popolazione e nelle collaborazioni con funzionari pubblici, istituzioni dello Stato e politici, e soprattutto nel supporto sociale.

Di conseguenza il termine viene spesso usato per indicare un modo di fare o meglio di organizzare attività illecite. Le organizzazioni appartenenti al genere hanno una propria e tipica struttura, e spesso adottano comportamenti basati su un modello di economia statale ma parallela e sotterranea. L’organizzazione mafiosa trae profitti e vantaggi da numerosi tipi di attività illecite, ma anche dall’insediarsi nell’economia legale con metodi illegali.

Combattere la mafia è un dovere di ciascuno di noi. Ma le Istituzioni in primis dovrebbero avere come principale obiettivo quello di mettere in atto azioni tali da constrastare con efficacia il fenomeno. Ridate la scorta al Capitano Ultimo.

Lucia Mosca

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