martedì, Aprile 16, 2024
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Ex Ilva, il fallimento del sistema Italia

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ArcelorMittal conferma la propria volontà di voler lasciare al proprio destino l’ex Ilva. “Vogliono il disimpegno o un taglio di 5mila lavoratori” ma “nessuna responsabilità sulla decisione dell’azienda può essere attribuita al governo”, spiega il premier Conte.  

In una conferenza stampa notturna, convocata dopo dodici ore di riunioni e vertici dai toni anche drammatici, Conte ha riassunto quella che è una vera e propria guerra tra il governo e la multinazionale dell’acciaio. Ma sull’immunità restano intatte le tensioni nella maggioranza e nel Movimento Cinque stelle. “Lo scudo penale è stato offerto ed è stato rifiutato. Il problema è industriale”, sottolinea il premier, riferendo che dall’azienda è arrivata una richiesta di “cinquemila esuberi” e chiamando “tutto il Paese e le forze di opposizione alla compattezza”.  

La trattativa è ancora in corso, ma è allarme rosso ed i sindacati sono in subbuglio. Cinquemila esuberi ed il dimezzamento della produzione sono un colpo impossibile da digerire.

Di certo la vicenda dell’ex Ilva ha l’amaro sapore di una pietanza in cottura da tempo e che parla del fallimento del sistema Italia.

“Sull’ex Ilva – tuona Nicola Zingaretti – ora tutti insieme dobbiamo porre rimedio perché è una vicenda che riguarda decine di migliaia di lavoratori. Il governo autorevole, di un’Italia autorevole e unita può imporre una trattativa. Il Pd farà di tutto perché Arcelor Mittal si trovi di fronte un intero Paese che dice: quello che state facendo non si può fare!”

Ma parlare di governo autorevole e di Italia autorevole, soprattutto in questa fase, non ha molto senso. L’Italia al momento non ha evidentemente potere contrattuale ed il sentore è che ne avrà sempre meno.

“Per tenere aperta Ilva – scriveva due giorni fa Matteo Renzi – ho firmato dodici decreti, raccolto insulti dei miei ex compagni di partito che mi hanno accusato di essere l’omicida dei bambini di Taranto, perso voti e ricevuto minacce di ogni genere. L’ho fatto e lo rifarei perché se Ilva chiude, chiude l’intera industria del Mezzogiorno. Dunque: è incredibile sentirmi dire che io voglio chiudere Ilva dagli stessi che tacevano quando venivo insultato per il contrario. Sono vaccinato rispetto agli insulti ma rimane il disgusto per la viltà di certe polemiche. Che cosa sta accadendo? Ieri la proprietà di Ilva, gli indiani Mittal, ha annunciato il recesso.

Se ne vogliono andare. Io sostengo che lo abbiano previsto da tempo e usino la scusa della rimozione dello scudo penale (scelta sbagliata del Governo Conte 1, scelta ancora non sanata – purtroppo – dall’attuale maggioranza) per andarsene. Parlare dello scudo penale significa guardare il dito mentre il dito indica la Luna.

Qui il problema è capire se qualcuno vuole chiudere Taranto, uno degli stabilimenti potenzialmente migliori in Europa, per togliersi dai piedi un potenziale concorrente. È un rischio che molti hanno evocato fin dai tempi della gara, nel 2017. Ma proprio per questo credo che si possa agevolmente recuperare la questione dello scudo penale anche con un emendamento al DL fiscale che sta per arrivare in Parlamento (lo ha già preparato la collega Lella Paita e lo firmeranno molti di noi). Tuttavia il problema è che io ritengo che Mittal se ne voglia andare e stia cercando pretesti. E penso che in un Paese serio si dovrebbe agire insieme per trovare una soluzione, anziché litigare”. 

Già, chissà che la cosa non sia stata pianificata da tempo. Di certo è un’ipotesi. L’autorevolezza dell’Italia è al momento un’utopia e sicuramente un governo formato con l’unico scopo di non andare alle elezioni, che dice di voler abbassare le tasse e poi tartassa, che dice e fa tutto ed il contrario di tutto, forse non ha proprio quell’ apparenza di autorevolezza che sarebbe necessaria soprattutto nell’ambito di certe trattative.

La chiusura dell’Ilva è un danno mortale per l’Italia. Il simbolo di un fallimento scientemente voluto e perseguito da tempo, fin da quando si è smembrato e svenduto il polo agro-alimentare e tutta l’industria di confettura che gli gravitava attorno (Ex Cirio). Privatizzazioni senza regole, cessioni di sovranità a go-go, così dalla fine degli anni 70/80/90.
Chi non ricorda i gruppi automobilistici, Fiat, AlfaRomeo, Lancia , invidiati e apprezzati nel mondo, fieri antagonisti di noti marchi Tedeschi e Francesi, prima di confluire sotto una unica “holding” con il compito di tagliare i rami secchi? Qualcuno disse: a furia di tagliare i rami secchi, la pianta morirà.

La pianta non è morta, ma l’Italia sta morendo. Non c’è settore che non abbia visto la lenta, continua e progressiva dismissione e svendita o la chiusura. Ora siamo al punto, questo è l’ultimo baluardo.

Dolorosa la storia che ha visto questa impresa diventare sempre più ingombrante, produttiva ma inquinante. Nel tempo non si è fatto abbastanza. Questa è la verità.

L’acciaio serve e produrlo in Italia dovrebbe abbattere i costi e produrre ricchezza. Materia principale per un altro grande polo industriale e fiore all’occhiello dell’Italia: Fincantieri.
Polo, questo, probabilmente ambito da nazioni vicine che vorrebbero averne il controllo e dal momento che la materia prima non
potrà più essere prodotta in Italia, ma verrà dell’estero, le deduzioni non possono essere che logiche.

La colonia Italia, se non si fa qualcosa di serio, con la questione ex Ilva decreterà definitivamente il proprio fallimento.

Ettore Lembo e Lucia Mosca

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