di Anna Maria Cecchini
Liliana Segre, un sassolino per ricordare. Le 70 mila stolpersteine, posate dal 1992 dall’artista tedesco Gunter Demning, pietre di inciampo con i nomi di tutte quelle persone, ebrei, zingari, omosessuali, dissidenti, sacrificate dal nazismo in nome e per conto di un’ideologia grondante odio e i sassolini della Senatrice a vita, Liliana Segre con i quali omaggia i luoghi fisici ma anche i propri, intimi spazi interiori della memoria, segni donati e rinnovati, ciclici e portatori di quell’umanità che non dimentica perché sceglie coraggiosamente di non farlo, quotidianamente, nonostante la cultura dell’odio abbia il megafono ed urli forte, sempre di più.
Le pietre di inciampo sono presenti in oltre 2mila città, in tutta Europa, dalla Russia alla Spagna, dalla Grecia alla Lituania, e nei giorni della Memoria ne vengono deposte di nuove ogni anno, piccole targhe con i nomi delle vittime sacrificate, creano i percorsi da inseguire per educarci ad rimanere noi, esseri umani, empatici, giusti. Ci obbligano a fermarci e pronunziare il nome, perché una persona finché la si chiama, esiste e non è dimenticata, ad inciampare contro l’abitudine frenetica di fagocitare tutto e nel più breve tempo possibile, a barcollare forse un attimo, per poi ritrovare un equilibrio seppur momentaneo, una dignità propria, insita nella nostra specie umana.
L’umanità non è fonte inesauribile e la storia ci dimostra, ogni giorno, quanta morte possa scaturire da noi uomini, per gli altri nostri simili. La memoria ci offre forse, la scelta. La memoria rende liberi. Liliana, e la shoah delle ragazze, testimone della Memoria, da Milano attraverso i luoghi dell’infamia: la selezione, la deportazione, lo sterminio. Liliana, elegante signora che lascia il suo sassolino a Servigliano e che deposita insieme al senatore Francesco Verducci , vicepresidente della commissione Cultura di palazzo Madama, una proposta di legge affinché venga conferito il titolo di Monumento Nazionale all’ex Campo di prigionia visitato, l’odierno Parco della Pace.
Liliana che ricorda ad 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali, il proprio dolore, la sua incredulità di bimba nell’apprendere, un giorno, da suo padre, di essere stata sospesa dalla scuola, dalla sua quotidianità, un provvedimento questo, grave, non giustificato da una sua condotta, ma rivolto a punirla, isolarla solo in quanto appartenente ad una famiglia diversa, ebrea.

Liliana e il giovane, bellissimo e amatissimo padre, unico punto di riferimento di lei che a pochi mesi aveva perso la sua mamma. Figlia adorata da un papà troppo debole, attanagliato da troppe remore, stretto tra il dovere di essere un buon figlio e il mestiere di genitore, non seppe proteggerla e salvarla da Auschwitz, nonostante la loro fuga in Svizzera, dove l’indifferenza di un comandante tedesco firmò la loro condanna a morte.
Liliana e il binario 21, il viaggio nei vagoni piombati dei treni che trasportavano merci, animali ed ebrei, dai sotterranei della stazione di Milano, da dove venivano agganciati i vagoni e diretti verso un viaggio, senza destinazione certa. Arrivavano poi quei vagoni, da tutti i paesi conquistati dai nazisti, con il carico di stuck ( pezzi), nella stazione di Auschwitz, dal grande orologio ed era quello che ha visto appena arrivata. Tempo, il tempo di sentirsi reali, immaginarsi vivi dopo, di osservare gli altri, gli aguzzini e sé. Tempo di stuck.

I vagoni venivano poi dirottati verso una stazione costruita solo per accogliere i viaggiatori di sola andata, senza binari e tra la neve le nudità riconosciute come proprie e quelle delle altre, derise, offese, pubbliche. Donne ed ebree, come Anna che nonostante la prigionia nel lager di Berser – Belsen , ostinatamente era serena, piena di progetti e festeggiava il suo appuntamento mensile con la fecondità, richiamo della vita alla vita, o Etty Hillesum, cuore pensante che nel suo diario aveva appuntato la differenza tra l’essere temprati dagli eventi dallo scoprirsi induriti, perché respingere ogni atomo di odio nel pieno dell’orrore era l’unica scelta praticabile, per non rendere il mondo, un luogo ancora più inospitale. Liliana ebrea come Tullia ( Calabi Zevi ) ma meno fortunata perché suo padre vacillò e perse l’occasione di scappare in Francia, riparare in America, scrivendo la sua morte dopo appena 40 giorni, dal suo internamento ad Auschwitz. Ma Liliana aveva capito, sapeva che per farcela, occorreva camminare sole, la marcia della vita, una gamba avanti all’altra, nonostante le Kapo e le naziste , donne sole pure loro, ai comandi degli uomini. Lo sa bene Liliana, come la bimba di 9 anni rinchiusa nel ghetto di Terezin, campo di concentramento in Cecoslovacchia, che aveva disegnato una principessa sola, vestita di bianco e un drago. Nessun cavaliere all’orizzonte. Solo una creatura bianca come una lama a dividere , squarciare il tempo e il corpo. Che sapore ha la libertà Liliana?

Il sapore delle albiciocche secche, quelle che ti ha gettato un aitante e sorridente soldato americano, e che hai assaggiato, tu stuck di 32 kg, dopo una marcia di 700km, quando i tedeschi vi spostavano perché avevano compreso la fine del gioco. Bello quel soldato, proprio come gli attori dei film, perché la vita conserva tutti i suoi colori, sempre e poco importa, se incontrerai i giovani, l’ultima volta ad Arezzo quest’anno, ci hai già raccontato molte volte la tua storia ed ora spetta a me, a noi tutti tramandarla e ricordarla, perché in Italia, il regime fascista sebbene non fece costruire camere a gas e forni crematori, dopo l’8 settembre, con il governo di Salò, collaborò attivamente alla cattura di tutti gli ebrei che si trovavano nel territorio italiano e alla loro deportazione verso l’annientamento fisico.

Le misure persecutorie messe in atto con le leggi razziali del 1938, la schedatura, e la concentrazione nei campi di lavoro , favorirono enormemente l’ignobile lavoro dei carnefici delle SS. Le leggi razziali rimangono una pagina infamante della nostra storia. Ideate e scritte di proprio pugno da Mussolini, riscossero a tutti i livelli delle istituzioni, della politica, della cultura e della società italiana, connivenze, complicità, turpi convenienze, indifferenza, la stessa indifferenza da te sperimentata Liliana, che ti ha trafitto in eguale misura, dannosa quanto le persone che ti hanno venduto per 5000 lire, gli scafisti sono sempre esistiti, simili a quella Stella, di Piazza Giudia, Celeste di nome, che fece catturare e condusse a morte certa, tanti ebrei come lei, solo per propria convenienza e personale tornaconto. A volte gli uomini andrebbero strattonati, scossi dal di dentro, quasi a voler miscelare tutti gli elementi e ristabilire l’equilibrio alchemico di ognuno. L’umanità va perseguita anche con il ricordo.
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