Vola in Grecia per poter festeggiare il compleanno della figlia minore (sottratta) che riesce a vedere solo in rarissime occasioni ( 2-3 volte all’anno per 10-15 giorni e mai da solo). La polizia lo ferma per inadempienza nel versamento dell’assegno di mantenimento. E’ accaduto sabato 1 febbraio all’italiano Emilio Vincioni, fermato dalla polizia greca presso lo scalo di Eleftherios Venizelos di Atene a causa di una nuova denuncia spiccata nei suoi confronti dalla ex moglie. L’accusa? Quella di versare 400 euro di mantenimento in luogo dei 550 fissati dal magistrato. Una cifra, questa, alla quale Vincioni non riesce a far fronte, svolgendo un normale lavoro da dipendente. E non è questa l’unica aberrazione della sua storia.
Nella giornata di oggi si terrà l’udienza per direttissima di fronte al giudice. “Scusate il ritardo – ha scritto ieri l’uomo su Facebook – , non sono riuscito a postare prima. Per il momento sono riuscito a rimandare a domani il Processo. Ringrazio tutti, ho nominato qualcuno anche nel video, vorrei aggiungere ai nominati l’Avvocatessa Irene Margherita Gonnelli che mi ha dato una grande mano. Sono ancora in attesa di conferma da parte dell’Ambasciata per un interprete che mi spetta di Diritto. Io non mollo”.
E aggiunge: “Di Maio, dove sei? Conte, dove sei? Ci siamo anche incontrati. Voglio vedere mia figlia, a costo di far venire qui il Presidente della Repubblica greco”.
A sostenere la battaglia di Vincioni l’associazione Penelope Marche. Del tutto assente, almeno per il momento, lo Stato italiano. La vicenda ricorda tristemente quella di Alessandro Avenati, anche lui fermato e poi rilasciato mentre si stava recando dal figlio in Croazia.
Vincioni conosce la futura moglie nel 2012 nel corso di una vacanza nell’isola di Kos. Dopo circa un anno la sposa e risiedono in Italia. Nel 2016, all’ottavo mese di gravidanza, la donna esprime al marito il desiderio di poter partorire nel proprio paese di origine per avere accanto i propri familiari. L’uomo acconsente.
Poco dopo la nascita della piccola, ha però inizio l’odissea. Dopo ver rimandato in più occasioni la partenza per l’Italia, la donna fa sapere al marito di non voler più tornare. La piccola rimarrà con lei. Alla base del gesto nessuna denuncia relativamente ad eventuali abusi o violenze. Si è semplicemente trattato di una decisione presa in via unilaterale.
Vincioni chiede così al giudice della residenza abituale il rimpatrio della bambina. Come ben rappresentato dal quotidiano on line Imola Oggi, “il giudice italiano ha ritenuto incredibilmente e superficialmente che, essendo la bambina nata all’estero, quello è il suo paese di “residenza abituale”, il suo “centro degli interessi”. Questa decisione impedisce al giudice estero di rimandare in Italia la bambina (mentre si evince dagli atti che avrebbe voluto decretare il rimpatrio) ed influenza molto pesantemente tutte le decisioni dei successivi gradi di giudizio”.
Ma non è finita. La vicenda approda presso la Corte Europea di Giustizia nel 2017 dove il Ministero degli Esteri, “benchè fosse al corrente della dolorosa vicenda già da tempo, ha deciso di non costituirsi per difendere Vincioni e la figlia, mentre lo stato di origine della moglie lo ha fatto. Ma il paradosso deve ancora arrivare. Persino il Regno Unito, consapevole dell’importanza della causa, si è costituito a favore del Signor Vincioni, perorando cioè le sue tesi: inaccettabile che il Vincioni si sia visto “orfano dell’Italia” anche in quella sede. La conseguenza diretta di questo clamoroso precedente è che tutti i minori dell’Unione Europea invischiati in una dinamica simile, potranno essere trattenuti all’estero da uno dei due genitori, basta solo partorirli all’estero anche se la famiglia viveva stabilmente in un altro paese”.
Questo, quindi, il succo della viceda: Vincioni non è abbastanza padre per poter veder crescere sua figlia (tale diritto non gli viene allo stato riconosciuto), ma lo è per versare un mantenimento che per lui è eccessivo, al quale, tuttavia, assolve quasi per intero. Questo non sembra però essere sufficiente ed oggi l’uomo trascorrerà in udienza il compleanno della piccola.
Tutto ciò senza tenere in considerazione il fatto che a carico della ex moglie esiste un procedimento pendente per sottrazione internazionale di minore. Non è purtroppo il primo caso in cui si assiste all’inerzia dello Stato italiano nel difendere i diritti di padri che si vedono portare via i figli all’estero senza che ci sia, alla base, una “giusta causa”. Al contrario, gli altri Paesi difendono a spada tratta i propri cittadini/e, spesso anche di fronte ad evidenze che darebbero loro torto.
L’accorato appello di Emilio Vincioni è riportato attraverso i social dall’associazione Penelope Marche: “Questo padre – si legge – lotta da quattro anni per riavere sua figlia minore, trattenuta unilateralmente fin dalla nascita in Grecia dalla madre. L’Associazione Penelope è parte civile sul caso. Aiutiamo il nostro concittadino bloccato all’Ufficio di Polizia greco”.
La battaglia di Emilio Vincioni è la battaglia di molti altri padri, trattati come bancomat senza diritti. L’uomo è stato ingiustificatamente privato dell’affidamento della bambina, che di fatto gli è stata sottratta. E l’Istituzione Italia? Anche in questo, come in molti altri casi, non pervenuta.
Lucia Mosca
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