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Pesaro mai forse “così viva”: centro e lungomare presi d’assalto. Luci e ombre della “zona arancione”

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PESARO – Una città mai forse così viva, malgrado il Coronavirus. Zona mare affollata ieri, soprattutto intorno all’ora di pranzo. Ma anche nella serata di sabato, gente per i negozi e lungo il centro. Così i cittadini di Pesaro hanno reagito all’emergenza Coronavirus. Come se non fosse reale. Come se si trattasse di una fake news. Intanto imperversano i commenti sui social: “Di ritorno dall’Ipercoop – scriveva ieri un cittadino pesarese -, sono allibito per non dire sconcertato. C’era una ressa da non credere. Famiglie intere, con bambini al seguito, moglie e marito che colloquiavano amabilmente, con amici. Chiaramente si deve fare la spesa, ma almeno andate da soli. Però intanto, alla cassa, ti dicevano di restare ad un metro. Veramente surreale”.

Dall’altra parte, sempre attraverso i social, è stata riportata la toccante testimonianza di una infermiera di Pesaro: “Oggi ho pianto… ed io non piango mai. Chi mi conosce sa’ che carattere ho, sa’ che sono una donna forte che raramente cede …Oggi ho ceduto e non l ho fatto per la situazione che stiamo vivendo, non l ho fatto per il senso di soffocamento che si può provare ad avere indosso per un intero turno dei dispositivi di protezione tali da contrastare un nemico invisibile ma presente.


Non ho ceduto al pensiero che l intero ambiente, off limits per chiunque tranne che per noi della terapia intensiva, sia infetto e malsano.
Non ho ceduto ma ho tremato al pensiero che i dispositivi di sicurezza individuale terminino.

Ho pianto quando ho risposto al telefono. .quando ho detto pronto e dall’ altra parte c’erano i familiari di chi è ricoverato affetto dal Coronavirus.. di chi non può parlare, non può respirare. Dall’ altro capo del telefono c’erano figli a cui non è permesso vedere il proprio genitore. Possono solo telefonare per sapere come va, come sta’ e se ci sono novità; possono pregare e lo fanno.

Beh, mi hanno detto grazie per ciò che stiamo facendo… ed io figlia a mia volta ho sentito un groppone che difficilmente scordero’. Lì ho pianto, ho pianto con questi figli al telefono perché ciò che stanno vivendo diverse famiglie può capitare anche a me…a noi. Mi mancano babbo e mamma che non vedo da giorni . Se fossi infetta e li contagiassi? Gli ho chiamati dicendogli “vi voglio bene” (con una chiamata non metti a rischio nessuno).
Ci sono persone sane che non stanno meno male di chi è ricoverato, perché il pensiero di avere un tuo caro in serie condizioni e non poterlo neppure vedere ti fa sentire impotente davanti ad un gigante.

Noi infermieri, medici, tecnici , personale ausiliario, siamo tutti uniti per far sì che sto bastardo sia debellato e che i vostri cari siamo assistiti al meglio. Voi tutti dal canto vostro abbiate pazienza se un infermiere vi piange al telefono, non vi risponde ai messaggi o non si fa sentire.. perché anche noi a volte siamo più umani di ciò che pensate!”

Fiorello, che filtra sempre ogni cosa grazie alla splendida ironia che lo contraddistingue ha lanciato un messaggio importante.


“Ciao da Fiorello, come state ragazzi? Tutto bene?”, dice lo showman in un video postato su Instagram. “E allora, ho un’idea per tutti noi: visto il periodo, ma perché non stiamo un po’ a casa? Tutti a casa? Guardate che è bello. Che è ‘sta roba? Andare in giro a fare gli aperitivi, a fare le feste, a trovarsi in trenta, quaranta amici tutti insieme appiccicati a meno di un metro di distanza… che brutta cosa! Invece a casa si riscoprono giochi nuovi. Potete giocare e Monopoly, a Risiko, al mimo dei film, potete fare il karaoke, divertirvi con i vostri genitori, i vostri parenti. State a casa che e’ meglio, evitiamo di uscire in questo periodo! Si sta tanto bene sul divano, guardate come sto sereno io…”.

Secondo il medico, accademico e divulgatore scientifico Roberto Burioni, le misure di prevenzione per il coronavirus non devono essere prese solo da chi abita nella zona arancione, anzi: secondo lui bisogna prestare maggiore attenzione proprio dove il virus non si è ancora diffuso. “Bisogna continuare ad avere una prevenzione rigorosa al nord, ma quelli che in questo momento devono prendere le precauzioni e stare in casa sono i cittadini delle regioni in cui il virus non è ancora arrivato”, dice il virologo in un’intervista a Radio Capital, “Lì possiamo ancora incidere, ritardare e diluire l’epidemia”.

Al Parco Miralfiore di Pesaro alle 16 di ieri, domenica 8 marzo, una “marea di famiglie, giovani e anziani” a meno di 1 metro. Tanti i bar ed i locali pieni nonostante le misure del governo che invitano ad evitare assolutamente qualsiasi forma di assembramento di persone.

Da mesi il Sindaco Ricci auspicava una “città viva”, ma il paradosso è proprio questo: forse mai come in questi giorni il suo desiderio è stato realizzato.

Le foto fanno il giro dei social e si scatenano i commenti pure nelle trasmissioni come Domenica In con Mara Venier che insiste: “Dovete stare a casa”.

Non bastano quindi gli appelli di medici ed anestesisti allo stremo delle forze al San Salvatore, non basta il decreto del Governo, non bastano i continui messaggi su quello che è consentito e quello che non si può fare ripetuti “allo sfinimento” in questi giorni in tv e sui social.

 Nella giornata di ieri, mentre nella mattinata sono stati presi d’assalto i supermercati, dall’ora di pranzo in poi le persone si sono riversate nei luoghi del passeggio. Il premier Conte ha sottolineato la necessità di un “regime restrittivo più rigoroso” e di “evitare ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori e anche all’interno dei territori. Ci si muoverà solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, spostamenti per motivi di salute. Tutti dobbiamo aderire, non fare i furbi, dobbiamo tutelare la salute di chi ci sta intorno”.

La responsabilità di ognuno serve a limitare il diffondersi del virus nell’interesse personale e della collettività. Come ha dichiarato Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, “servono diversi chiarimenti” e sottolinea ancora: “stiamo cercando di capire bene ed interpretare il Decreto perché ci sono certi aspetti non chiari. Di certo abbiamo capito che il lavoro non si ferma”. 

Nel frattempo il sistema di terapia intensiva sembrerebbe essere ormai al collasso non solo nel Pesarese.

RD Leo

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