“Que la pandemia no sea un pretexto para el autoritarismo”: questo il titolo in originale del manifesto che il premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa ha pubblicato sul sito della sua Fundación Internacional para
la Libertad (FIL).
Lui stesso è il primo firmatario del documento, a cui si aggiungono ben 150 personaggi intellettuali e politici di circa 23 paesi, tra cui anche alcuni italiani: il politologo Angelo Panebianco, l’imprenditore Franco
Debenedetti, l’artista Massimo Mazzone e Alberto Mingardi dell’Istituto Bruno Leoni.
A questi si associano inoltre numerosi ex capi di Stato e l’ex primo ministro spagnolo José María Aznar. Vi figurano l’ex presidente dell’Argentina, Mauricio Macri; del Messico, Ernesto Zedillo; della Colombia, Álvaro Uribe
Vélez; dell’Uruguay, Luis Alberto Lacalle e Julio María Sanguinetti; di El Salvador, Alfredo Cristiani; del Paraguay, Federico Franco.
“Noi sottoscritti condividiamo la preoccupazione per la pandemia di Covid-19, che ha provocato una grande quantità di contagi e di morte in tutto il mondo, e facciamo giungere la nostra solidarietà alle famiglie colpite dai lutti”, si legge nel manifesto.
E compaiono affermazioni decisamente forti: “Mentre gli operatori della sanità pubblica e privata combattono valorosamente contro il coronavirus, molti governi dispongono misure che restringono indefinitamente le libertà e i diritti fondamentali”.
“Invece di alcune ragionevoli limitazioni alla libertà, in diversi Paesi prevale un confinamento con minime eccezioni, l’impossibilità di lavorare e produrre e la manipolazione delle informazioni”.
Insomma: parlamenti che con il pretesto del contagio da coronavirus non si riuniscono o si riuniscono “a ranghi ridotti”, e tribunali civili e penali serrati. Conclude il documento: “Vogliamo esprimere con energia che questa crisi non deve essere fronteggiata sacrificando diritti e libertà che è costato caro conseguire. Respingiamo il falso dilemma che queste
circostanze obbligano a scegliere tra l’autoritarismo e l’insicurezza, tra l’Orco Filantropico e la morte”.
Quando un Premio Nobel per la letteratura insieme a tanti tra politici ed intellettuali arrivano al punto di scrivere un documento di tale spessore e pesantezza, non si può che fermarsi a riflettere, per capire
verso in quale direzione stiamo procedendo.
Ancor di più quando in un paese come l’Italia il professor Sabino Cassese, giurista e accademico italiano, giudice emerito della Corte costituzionale, figlio dello storico Leopoldo Cassese e fratello di Antonio, anch’egli giurista, esperto di diritto internazionale, Ministro per la funzione pubblica nel Governo Ciampi, dal 28 aprile 1993 al 10 maggio 1994 e possibile candidato del PD alla presidenza della Repubblica nel 2013, con forte presa di posizione agli inizi del 2016 a favore del sì al referendum confermativo della Riforma costituzionale Renzi-Boschi, asserisce che i pieni poteri che il primo ministro si attribuisce con il DPCM non sono legittimi.
Ci affidiamo allo alle parole di chi ha una preparazione specifica e non comune nel campo giuridico e costituzionale, che nel corso di alcune interviste ha dichiarato: “La Pandemia non è una guerra, i pieni poteri al governo sono illegittimi” (fonte Italia oggi del 16/04/2020).
Cassese, sostiene ci sia stato un abuso “dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri“, quando invece bisognava “ricorrere, almeno per quelli più importanti, a decreti presidenziali. Aggiungo che, per la legge del 1978 sul Servizio Sanitario Nazionale, competente a emanare più della metà di quegli atti era il ministro della Salute.
Abbiamo, quindi, assistito, da un lato, alla centralizzazione di un potere che era del ministro, nelle mani del presidente del Consiglio. Dall’altro, a una sottrazione di un potere che sarebbe stato ben più autorevole, se esercitato con atti presidenziali. È forse eccessivo parlare di usurpazione dei poteri, ma ci si è avvicinati“.
Indicativa l’energica protesta della comunità ecclesiastica, dei vescovi e di tutto il mondo cattolico contro il divieto di celebrare le funzioni di culto.
Emblematica la nota proveniente da Ginevra dove l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet ha ammonito i paesi a rispettare lo stato di diritto durante la pandemia: “Danneggiare i diritti come la libertà di espressione può causare danni incalcolabili”.
“Data la natura eccezionale della crisi – afferma Bachelet -, è chiaro che gli Stati hanno bisogno di ulteriori poteri per rispondervi. Tuttavia, se lo stato di diritto non è rispettato, l’emergenza sanitaria può diventare una catastrofe per i diritti umani, i cui effetti dannosi supereranno a lungo la pandemia stessa”.
E conclude: “I governi non dovrebbero usare i poteri di emergenza come arma per mettere a tacere l’opposizione, controllare la popolazione o rimanere al potere”.
Ettore Lembo
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