di Anna Maria Cecchini
Silvia Curione e l’effetto domino: la giovane magistrato denuncia il sistema corrotto e atavico degli uomini di potere, sfuggendo al destino della mosca nella ragnatela.
Il procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo, l’ispettore di polizia Michele Scivittaro, e tre fratelli imprenditori, operanti nella provincia di Bari, Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo sono finiti da alcuni giorni ai domiciliari, nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Potenza.
L’accusa è di induzione indebita (art.319 quarter), per aver tentato di interferire con la procura di Trani, dove l’alto magistrato non operava più da tempo. Indagato a piede libero anche il successore di Capristo, Di Maio ex procuratore di Trani per abuso d’ufficio e favoreggiamento.
L’accusa denunzia il tentativo da parte degli imprenditori Mancazzo, di indurre, approfittando dei loro legami di amicizia con il procuratore Capristo, la giovane sostituto procuratore Silvia Curione, in servizio nel tribunale di Trani a perseguire in sede penale, in assoluta mancanza dei presupposti di fatto e di diritto, la persona da loro stessi denunciata per usura in loro danno, in modo da ottenere indebitamente i vantaggi economici ed i benefici conseguenti allo status di soggetti usurati (dal comunicato del procuratore di Potenza Francesco Curcio).
Ma Silvia non ci sta e sovverte le regole dei corrotti, non cede alle pressioni, incassa solo apparentemente quei mezzi sorrisetti, le frasi sessiste e persino le avances sessuali, prende appunti e presenta alla fine il conto, producendo una relazione dove ricostruisce i fatti, avviando un’indagine che si conclude con gli arresti domiciliari delle persone coinvolte.
Silvia dice no. Si oppone ad “aggiustare” il processo nonostante le pressioni ricevute da parte dell’ispettore Scivittaro, amico di quel Capristo che parlando di lei con i fratelli Mancazzo la definisce “la mia bambina”, quasi a sottolineare l’appartenenza della donna a sé e quindi la sua sudditanza psicologica, tradotta in campo lavorativo con un “Comando solo Io, lei è roba mia e deve fare quello che le ordino”. Il procuratore Capristo e l’ispettore Scivittaro sono stati ritenuti responsabili di truffa aggravata per aver “falsificato” la documentazione, atta a comprovare la presenza lavorativa dell’ispettore di Polizia presso la procura di Taranto, peccato che questi fosse invece sul divano di casa e non in servizio e alle prese con gli straordinari.
Il procuratore Capristo è stato anche iscritto un anno fa, nel registro degli indagati della Procura di Messina nell’ambito di un’inchiesta legata al dubbio complotto ai danni dell’Eni, una vicenda dai risvolti complessi, per cui un ex pm di Siracusa ha già patteggiato 5 anni di reclusione, chiamata in causa anche la Procura di Trani, all’ epoca in cui Capristo era a capo dell’ufficio inquirente del Tribunale del nord barese. Di Maio deve rispondere degli atti da lui eseguiti, dopo che il sostituto procuratore Silvia Curione produsse una relazione che documentava le pressioni ricevute dall’Ispettore Scivittaro, per conto del procuratore Capristo.
Di Maio scelse allora la strada di mantenere alcuni comportamenti omissivi, favorendo e procurando l’impunità di Carlo Maria Capristo. Di fatto non si oppose al sistema ben collaudato dello “ scambio di favori “ e non si avventurò nella necessaria verifica, volta ad appurare, se il procuratore di Taranto fosse coinvolto, nel processo di una persona estranea al reato di usura. L’ex procuratore di Trani, Di Maio è stato di recente trasferito in seguito alla sentenza del Consiglio di Stato su ricorso dell’attuale procuratore Renato Nitti. Attraverso il suo legale, Angela Pignatari, Il Procuratore della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo, ha commentato l’ordinanza agli arresti domiciliari a suo carico, respingendo ogni accusa e negando ogni addebito. “Rivendica la legalità, la dignità e il rispetto della funzione da sempre esercitati nella sua vita professionale e nell’ambito privato”.
Dal canto loro gli indagati interrogati hanno fornito delle versioni dei fatti, che sembrano descrivere il coinvolgimento di Capristo, come un enorme equivoco, nato dal fraintendimento delle loro azioni. Secondo la ricostruzione dei quattro indagati, si è appreso che avrebbero agito senza il coinvolgimento del Procuratore , non per indurre il magistrato Silvia Curione a portare avanti il processo per usura, ma unicamente per essere informati circa il procedimento. Ieri pomeriggio il Procuratore di Taranto è stato interrogato e dalle parole del suo legale Angela Pignatari apprendiamo come a causa delle sue condizioni di salute e per tutelare l’immagine della Procura, abbia scelto di presentare domanda di pensione. Capristo che è entrato nel Palazzo di Giustizia su una sedia a rotelle, ha deciso di onorare i suoi 40 anni di servizio e non differire l’interrogatorio di garanzia durato un’ora, durante la quale ha fornito ogni spiegazione ai fatti che gli venivano contestati, sforzandosi di rispondere adeguatamente alle domande del gip del capoluogo lucano, Antonello Amodeo.
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