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Omicidio Mastropietro, un anno dalla sentenza: i genitori di Pamela credono nella giustizia

macerata

MACERATA- È trascorso un anno dalla sentenza a carico di Innocent Oseghale, il 31enne nigeriano che il 30 gennaio 2018 avrebbe violentato, ucciso, depezzato, disarticolato, dissanguato, lavato con la candeggina e rinchiuso all’interno di due trolley la diciottenne romana Pamela Mastropietro. L’atroce delitto, unico nel suo genere, che si è consumato tra le pareti dell’appartamento in via Spalato 124, ha sconvolto i cittadini e non solo.

Un altro omicidio, dopo il caso Petracci, ha così interessato Macerata.

Il giorno della sentenza, emessa, il 29 maggio dello scorso anno, è stato un momento atteso non solo dalla famiglia, ma dall’intera città.

Nell’aula si respirava l’ansia per il verdetto, che si tramutò in lacrime di giustizia quando il giudice della Corte d’Assise, Roberto Evangelisti, espresse la sentenza.

Oseghale è stato condannato un anno fa con il massimo della pena: l’ergastolo, con isolamento diurno e perdita della podestà genitoriale.

In attesa del processo di appello, i genitori della diciottenne romana, che si affidano alla giustizia, ricordano il 29 maggio dello scorso anno citando
nella pagina Facebook, ” La voce di Pamela Mastropietro ” l’arringa del legale, Marco Valerio Verni, zio di Pamela.

“UN ANNO FA,IL 29 MAGGIO 2019, LA CORTE DI ASSISE DI MACERATA CONDANNAVA L’IMPUTATO INNOCENT OSEGHALE ALL’ERGASTOLO CON ISOLAMENTO DIURNO PER GLI ATROCI FATTI COMMESSI A DANNO DI PAMELA.

COSI’ CONCLUDEVA LA SUA ARRINGA IL NOSTRO AVVOCATO:

“A Voi, Signori Giudici, mi permetto di dire che siete chiamati ad emettere una sentenza non solo nel nome del Popolo italiano, ma anche dell’Umanità tutta, perché qui non si tratta di un colore della pelle o di questa o quella nazionalità. Qui si tratta della Civiltà contro la barbarie.
Un compito molto oneroso, per quel che avete visto ed ascoltato, ma sono sicuro che le Vostre coscienze di magistrati ma, prima ancora, di uomini, non si sottrarranno a questo gravoso incombente. Ne sono convinto. La Giustizia se lo aspetta. L’Umanità se lo aspetta.

Una Giustizia che, secondo la mitologia, e l’iconografia che ne è derivata e che il mondo giuridico occidentale ha fatto propria, è rappresentata da una dea che, sugli occhi, porta una benda, a significare la sua imparzialità.
Ma non è difficile credere che, in questo caso, quella benda sia servita alla Giustizia a riparare il suo sguardo- che pure, da quando nacque da Zeus e Temi,  ne ha viste tante- dagli orrori e dalle atrocità che hanno purtroppo contraddistinto questo processo che passerà agli annali tra uno dei più cruenti e demoniaci al mondo.

Ebbene, siate voi, signori Giudici, a prendere gentilmente per mano questa bella Dea, cui tutti noi, operatori del diritto, abbiamo votato la nostra vita, e, con gentilezza, accompagnatela nel discostarsi quel velo. Non vorrà dire perdere l’imparzialità, ma guardare negli occhi due genitori distrutti, una famiglia distrutta, una comunità distrutta, una Umanità ferita, anzi profondamente lacerata, speriamo non in  maniera irreversibile.
Sussurratele che, questa volta, gli stessi uomini la aiuteranno a rimediare  a quello che un loro stesso simile ha empiamente compiuto.
Quegli uomini siete voi. Fate giustizia, Signori Giudici ” .

Elisa Cinquepalmi

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