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Pink Floyd, 50 anni fa Athom Heart Mother, l’album “della mucca”

Pink Floyd

Cinquant’anni fa Athom Heart Mother, l’album “della mucca” dei Pink Floyd

Una volta non solo il long playng (vinile o 33 giri) era importante in quanto entità fisica da maneggiare e oggetto da utilizzare o conservare. Anche le copertine avevano una certa rilevanza come dimostrato dai numerosi collezionisti odierni. Quella di Atom Heart Mother, album dei Pink Floyd uscito precisamente cinquant’anni fa (2 ottobre 1970) è una delle più particolari della storia della musica.

Una mucca che apparentemente si volta a guardare chi a sua volta guarda o ha in mano il disco. E’ uno scatto di Storm Thorgerson fotografo e designer inglese autore di quella altrettanto famosa di The dark side of the moon.

Atom Heart Mother è il quinto album in studio dei Pink Floyd. Fu registrato agli Abbey Road Studios di Londra, in Inghilterra, ed è stato il primo album della band a raggiungere il numero 1 nel Regno Unito, mentre ha raggiunto il numero 55 negli Stati Uniti, diventando infine disco d’oro lì.

Il disco caratterizzato dalla lunga suite omonima di 23 minuti, è forse il più ambizioso tentativo di coniugare musica rock e musica classica. La band lavorò non senza difficoltà con un’orchestra e un coro per un totale di un centinaio di elementi guidati provvidenzialmente dal compositore irlandese Ron Geesin.

Nell’album si comincia a delineare il concetto musicale tipico dei Pink Floyd, quello della forma – canzone, ovvero non il semplice brano di 3/4 minuti, ma un percorso musicale diverso perché allungato, ricostruito e trattato con invenzioni sonore nuove, talora rivoluzionarie. Un secondo percorso dell’album, è rappresentato da tre canzoni, rispettivamente di Waters, Wright e Gilmour, che riporta invece a una forma-canzone più tradizionale. Notevole il brano If scritto da Waters, una delle rare canzoni “dolci” dei Pink Floyd. Chiude il disco, Alan’s Psychedelic Breakfast una vera colazione all’americana con sottofondo musicale: altro brano di sperimentazione forse poco riuscito.

 L’intero lavoro fu definito appunto  da alcuni sperimentale, un tentativo di aprire nuove strade musicali. Per altri un modo per avvicinarsi al rock progressive. Gli stessi Gilmour e Waters anni dopo considereranno il disco un lavoro poco esaltante e di scarso valore. Per alcuni critici, il disco risente ancora del precedente periodo psichedelico della band o dell’era “barrettiana”. La partecipazione alla creazione del disco fu comunque “democratica” in quanto coinvolse nella composizione dei pezzi praticamente tutti i membri della band, che fino a quel momento era e rimarrà ancora per un po’ un gruppo di nicchia.  

E’ solo nell’anno successivo con Echoes che i Pink Floyd si affrancheranno definitivamente da Syd Barret con un disco vero e proprio progressive. Poi Roger Waters prenderà sempre più in mano le redini della band ed elaborerà un nuovo progetto musicale che grazie anche al talento chitarristico di Gilmour a quello compositivo di Wright, oltre alle invenzioni ritmiche di Nick Mason, si realizzerà e prenderà vita con il nome di The dark side of the monn. Ma questa già è un’altra storia.

Roberto Guidotti

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