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Affidamento dei minori: nessun obbligo per i genitori di sottoporsi a trattamenti terapeutici

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Affidamento dei minori: nessun obbligo per i genitori di sottoporsi a trattamenti terapeutici

Con un’innovativa pronuncia della Corte di Cassazione Civile Sez. I del 01/07/2015 n. 13506 ha affermato che i genitori che hanno dimostrato nei confronti del proprio figlio una forma di immaturità, sono assoggettati ad un percorso di sostegno psico-terapeutico con appostiti trattamenti sanitari. Tale assunto secondo la pronuncia della Cassazione ha determinato una lesione al diritto di libertà costituzionalmente garantita soprattutto con
l’imposizione del trattamento sanitario.

La sentenza dunque definisce le varie problematiche inerenti la dinamica della crisi familiare in relazione alla presenza dei figli minori. In particolare da tale assunto si evince che non si può parlare di un obbligo nei confronti del figlio ma soprattutto di un dovere che segue l’interesse del figlio minore per ottenere un bilanciamento con i rispettivi genitori. E’ condivisibile la decisione della Corte di Cassazione la quale afferma che i membri della famiglia che devono seguire dei provvedimenti giudiziari
relativi a percorsi di sostegno o terapeutici sono configgenti con l’art. 32 della Cost.

Non solo ma tali provvedimenti giudiziari possono essere interpretati come una forma di ingerenza nell’ambito familiare. Per tale motivo la raccomandazione e non la prescrizione sembrerebbe essere più di aiuto ai genitori per modificare il rapporto con il loro figlio al fine di attribuire maggior tutela nei confronti di quest’ultimo.

Senza dubbio la funzione di coordinamento tra genitori quale metodo alternativo alla risoluzione delle dispute dovrebbe essere svolta al di fuori del processo anche se potrebbe avvenire su richiesta dei genitori in pendenza di un procedimento giudiziario. Tale circostanza può essere eventualmente contemplata in un accordo di negoziazione
assistita (ex art. 6 d.l. n. 132/2014) nel quale il professionista assume una veste fondamentale ai fini dell’esito positivo dell’intervento.

E dunque non vi è alcun dubbio che la prescrizione di un percorso di tipo terapeutico nei confronti dei genitori può essere legata da un fine diverso dal giudizio quale quello di conseguire un percorso personale dei genitori che non può che essere attribuita al loro diritto di auto-determinazione.
Solo l’ulteriore sviluppo dei contributi dottrinali e giurisprudenziali potrà definire un corretto inquadramento del metodo, ma si può fin d’ora rimarcare che l’autorità giudiziaria dovrebbe utilizzare al meglio i tentativi delle parti di coordinare in modo differente il loro conflitto con l’intervento di un professionista o attraverso il servizio sociale ma, in ogni caso, con la coscienza che ciò deve avvenire al di fuori dell’attività giurisdizionale. Non può non evidenziarsi, come la libertà personale e di autodeterminazione e di scelta circa la propria salute dell’individuo che è anche genitore, incontra pur sempre un limite nel diritto del minore ad un percorso di sana
crescita, diritto che trova anch’esso copertura sia a livello costituzionale interno, sia a livello delle Convenzioni comunitarie ed internazionali.

In altri termini la sentenza in commento sancisce da un lato un invito rivolto ai genitori, che, per quanto rimesso alla libertà di scelta, è pur sempre in funzione della tutela dell’interesse del figlio minore. Tale principio tuttavia può avere delle conseguenze nel caso in cui il genitore sia privo di qualsivoglia responsabilità, in particolare tutte le volte in cui le sue scelte si traducano in comportamenti tali da pregiudicare il figlio, così
come si ricava dalle disposizioni di cui agli artt. 337-ter e 333 c.c.”.

Avv. Pierluigi Navarro

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