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Retribuzioni lavoratori nelle Marche: male nell’anno del Covid

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Retribuzioni lavoratori nelle Marche: male nell’anno del Covid

Ancona – Nelle Marche le retribuzioni dei lavoratori sono più basse, rispetto ad altre regioni italiane. Lo si evince dal report pubblicato dall’Osservatorio JobPricing che contiene le graduatoria retributiva delle 20 regioni italiane e la graduatoria delle 107 province, suddivise in 3 “fasce di merito”. In questa graduatoria le Marche sono all’11° posto, come lo scorso anno. Come vanno le cose nelle singole province? Vediamo i dettagli precisi sulle retribuzioni medie suddivise per province:

ProvinciaRetribuzionePosizione 2020Posizione 2019
Pesaro/Urbino28.491 euro51°40°
Ancona28.828 euro50*38°
Macerata27.541 euro68°67°
Fermo 26.557 euro84°78°
Ascoli Piceno28.049 euro57°57°
Milano35.497 euro
Crotone23.888 euro107°106°
Regione Marche28.415 euro  

Tutte le province registrano un arretramento nella graduatoria nazionale. Nessuna delle cinque province rientra nella prima fascia che va dalla 1° alla 37° posizione.

Le classifiche sono state elaborate tenendo esclusivamente come riferimento la Retribuzione Globale Annua Lorda (RAL), ottenuta dalla somma tra la RAL (retribuzione fissa annua lorda) e la Retribuzione Variabile effettivamente percepita dai lavoratori. Per ottenere la retribuzione media di ogni provincia si è considerata la composizione di Dirigenti, Quadri, Impiegati e Operai all’interno della provincia stessa, ottenuta tramite l’elaborazione dei Dati Trimestrali sulle Forze di Lavoro.

Il 2020 è stato, infatti, investito da una crisi sanitaria ed economica globale, che sta avendo ripercussioni eccezionalmente negative: il Fondo Monetario Internazionale stima una diminuzione del PIL globale del 4,4% e il PIL italiano, invece, secondo la Commissione Europea diminuirà del 9,9%.

In Italia, dall’inizio dell’anno a novembre, le attività produttive non essenziali (circa il 45% delle imprese italiane, ISTAT) si sono fermate per quattro mesi, e, a seguito delle nuove misure di contenimento dell’emergenza sanitaria di novembre, i mesi di fermo si accingono ad aumentare. In aggiunta, ci sono stati inevitabili cambiamenti nelle modalità di lavoro e di consumo, facendo sì che nessun agente economico rimanesse esonerato dalle conseguenze di questa crisi, neanche quei settori dell’economia che non sono stati messi in pausa (il 51% delle imprese dichiarava a giugno un rischio di liquidità, ISTAT).

Roberto Guidotti

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