Stretta di Natale, Fipe-Confcommercio: “Pubblici esercizi, cronaca di una morte annunciata”
“Invece di scusarsi come qualsiasi persona seria avrebbe fatto, il Presidente del Consiglio Conte – nel chiudere l’Italia per il periodo natalizio – dice con sfrontatezza che è stato fatto tutto in tempo e con coscienza. Poi annuncia i ristori, e va ancora peggio.
Per ora ci sono solo i soldi per bar e ristoranti (tutti gli altri sapranno qualcosa a gennaio), peraltro totalmente insufficienti. Perché tutti sanno che fare riferimento al decreto rilancio non vuole dire affatto ristorare il 100% della perdita di fatturato di Natale ma appena il 15% di quello di aprile (complimenti per il cinismo col quale tentate di fregare la gente, Presidente).
Poi la solita insopportabile confusione nel presentare le misure. È tutto surreale. Comunque è un decreto, giusto? Beh ne discuta immediatamente il Parlamento. Siamo disposti a lavorare a Natale e Capodanno, ma pretendiamo di fare la nostra parte per provare a migliorare il pessimo lavoro fatto da questo governo”.
Così Giorgia Meloni, sul proprio profilo Facebook, relativamente alla stretta di Natale annunciata ieri sera in conferenza stampa dal premier Giuseppe Conte. In sostanza, questo è il Natale che si intendeva salvare: Italia in zona rossa nei festivi e nei prefestivi, arancione negli altri giorni. E, per l’ennesima volta, a pagarne il prezzo è chi lavora. Pensiamo ai ristoranti, ai bar, alle attività che dal periodo natalizio avrebbero dovuto trarre un minimo beneficio, informati praticamente solo una settimana prima che dovranno rimanere chiusi e imbrigliati, fino all’ultimo, nel dubbio: confermo o meno gli ordini ai fornitori?
Ormai sembra di assistere ad uno stucchevole giro di valzer fatto di decisioni che di volta in volta contraddicono quelle precedenti. Si poteva tranuillamente accettare la chiusura natalizia, ma forse stabilirla per tempo sarebbe stato meno gravoso per chi vive del frutto del proprio lavoro, che avrebbe potuto organizzarsi diversamente. Su questo aspetto si è chiaramente pronunciata Fipe-Confcommercio, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, in una nota, poche ore prima rispetto all’annuncio ufficiale.

“Per mascherare il suo fallimento nel contenimento del Covid-19, il governo ancora una volta decide discaricare l’onere della riduzione del contagio sui pubblici esercizi, sottoposti da ottobre ad uno stillicidio di provvedimenti . Che si tratti di zone rosse o arancioni per noi significa una cosa soltanto: bar e ristoranti resteranno chiusi dal 23 dicembre al 6 gennaio. Un periodo che da solo vale circa il 20% del fatturato di un intero anno.
In sostanza il governo, con questa decisione, si assume la responsabilità di decretare la morte di un settore fondamentale per i valori economici e sociali che esprime. I Pubblici Esercizi non sono solo numeri. E vorrebbero continuare a lavorare: lavorare non per mettere a rischio il Paese, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro di tutti. Se fossero confermate le notizie di ulteriori limitazioni sarebbe la “Cronaca di una morte annunciata” perché senza adeguati e immediati ristori per tante, troppe aziende del settore sarà impresa impossibile reggere ai nuovi ingenti danni che le limitazioni determineranno.
Rimangono nondimeno due sensazioni poco gradevoli. La prima, più generale, è quella di un Paese stanco, stanco di reagire, persino di capire che -spossato da incertezze e instabilità- sta perdendo il senso e la rotta. La seconda, che riguarda i Pubblici Esercizi, che è la perdurante impressione di uno spiacevole pregiudizio che lo accompagna, con la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali che finisce per oscurare la realtà”.
LM
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