Macerata, 50 anni fa le suore della carità adottavano le orfanelle. Ex ospite lancia appello per incontrarle
MACERATA – Era il 1970 quando il capitolo delle suore della Congregazione di Maria Ausiliatrice della carità inizio a gestire l’opera dell’orfanatrofio femminile di Via del Convitto, dopo oltre trenta anni di sospensione dell’attivita dell’Istituto, gia’ affidato a inizio secolo, alle suore concezioniste del Capitolo generale di San Giuseppe.
Per circa tre decenni le suore giuseppine lasciarono lo stabile alla scuola elementare statale di Porta Montana che esattamente cinquant’anni fa tornò alla sua storica attività di orfanatrofio femminile. L’Istituto ospitava un massimo di 20 orfanelle fino alla maggiore eta’.
La adozione prevedeva il periodo di familiarizzazione e giochi, nella fase della prima infanzia e scuola materna, poi l’istruzione primaria e media inferiore e superiore. A distanza di mezzo secolo Pietro Zannoni, un maceratese ospite di eccezione che ha vissuto tutta l’infanzia a contatto delle orfanelle per 13 anni, vorrebbe rincontrarle per ricordare i momenti belli,di gioco e gli incantesimi di momenti irripetibili resi tali dai lungo pomeriggi passati a giocare in tanti modi e a correre per i corridoi dell’Istituto e nei periodi di bella stagione in giardino.
“Io sono cresciuto in compagnia delle orfanelle di via del convitto, poiché i miei mi hanno portato lì nell’ambito di un’opera di carità voluta dall’allora vescovo Monsignor Tarcisio Carboni – afferma Pietro Zannoni oggi quarantanovenne – la mia famiglia che viveva in via Garibaldi 87, aveva preso parte a questo protocollo di collaborazione tra la provincia da diocesi che nell’ambito di un’opera di carità prevedeva che alleva fanelle gli si portassero giocattoli, regali di Natale, i donazioni libere, all’interno del programma della adozione in prova.
Il programma di adozione prevedeva un periodo di prova: queste bambine venivano affidate a famiglie della citta’ dichiaratesi pronte alla sottoscrizione della adozione qualora dopo il periodo sperimentale di ospitalità nel loro nucleo familiare, le ospiti si trovassero si fossero trovate bene e avessero accettato di diventare parte della famiglia ospitante”. “Alle bambine veniva consentito di scegliere liberamente la famiglia con cui stare, senza la mediazione dei servizi sociali” – testimonia Zannoni al Carlino – e ricordo con tenerezza e nostalgia che fu tra gli altri questo l’elemento che contraddistingueva l’ umanità e l’amorevolezza cristiana dell’iniziativa di Monsignor Carboni”.
“Già nel 1972 i miei frequentavano le orfanelle insieme a Gianna Poloni, amica di famiglia e prima sostenitrice e sottoscrittrice del programma delle adozioni alle orfanelle, portandomi lì e via via nel tempo lasciandomici sempre maggior tempo per via di una splendida e naturale e casuale familiarizzazione. Ricordo quanto era bello portare il mio sorriso in mezzo alle bambine orfane, rompere il silenzio talvolta assordante di pomeriggi che trasformavo in pomeriggi di solarità e spensieratezza anche con la mia gioia di bambino che era e voleva essere positivamente contagiosa. Ricordo in particolare Elena Taddei, mia amica del cuore che più di altre mostrava la sua palese afflizione per la sua condizione di orfana, avendo perso la mamma alla età di cinque anni, e rimasta sola perché abbandonata dagli altri parenti. È a lei che rivolgo principalmente l’appello per rincontrarsi insieme a Emanuela e Lucia e tutte le altre diciassette ospiti, con cui ho vissuto intensamente tutta la mia splendida infanzia”.
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