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Il sacrificio del sacerdote Massimiliano Kolbe e il silenzio di molti

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Il sacrificio del sacerdote Massimiliano Kolbe e il silenzio di molti

Ascoli Piceno – Entrando in quel gioiello architettonico che è la Chiesa di San Francesco ad Ascoli Piceno, sono in diversi a notare e chiedere chi siano i personaggi moderni raffigurati in una vetrata del finestrone della navata destra.

L’uomo prigioniero davanti a un ufficiale delle SS è il sacerdote polacco Massimiliano Kolbe. Kolbe aiutò i profughi ebrei durante la seconda guerra mondiale. Nel 1941 fu mandato nel campo di concentramento di Auschwitz, dove offrì la sua vita al posto di quella del detenuto Franciszek Gajowniczek, condannato a morte. Dopo averlo lasciato a morire di fame, alla fine gli praticarono un’iniezione di fenolo e lo cremarono. Le sue ceneri si mescolarono insieme a quelle di tanti altri condannati, nel forno crematorio.

Kolbe fu beatificato nel 1971 da Paolo VI e canonizzato nel 1982 da Giovanni Paolo II che a proposito del suo martirio disse che aveva riportato “la vittoria mediante l’amore e la fede, in un luogo costruito per la negazione della fede in Dio e nell’uomo”.

Come si vede nella vetrata, il sacerdote aveva al petto un triangolo rosso quello che i nazisti affibbiarono ai prigionieri politici tipo i comunisti o i socialdemocratici.

Paradossalmente la deportazione di Kolbe nei lager, pur non costituendo un unicum in ambito cattolico e sacerdotale, contrasta con l’atteggiamento di pensiero e azione della maggioranza dei sacerdoti e vescovi che non si opposero al nazismo o si schierarono a favore approfittando dell’acquiescenza delle gerarchie, come dimostrato ampiamente dalle ricerche di Kevin Spicer (I sacerdoti di Hitler), Guenter Lewy (I Nazisti e la chiesa) e più recentemente da Hans Kung (Ebraismo) e Daniel Jonah Goldhagen (Una questione morale – La Chiesa cattolica e l’Olocausto).

Nel gennaio 1995, nel cinquantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz, la segreteria della Conferenza dei vescovi tedeschi  fece una dichiarazione in cui si rammaricava che durante il regime nazista così pochi cristiani avessero aiutato gli ebrei. “Le omissioni e le colpe di questi giorni riguardavano anche la Chiesa. Durante il Terzo Reich, i cristiani non portarono avanti la resistenza necessaria all’antisemitismo razzista… Non pochi si lasciarono affascinare dall’ideologia nazionalsocialista e rimasero indifferenti ai crimini commessi contro la vita e i beni degli ebrei. Altri favorirono alcuni crimini o divennero criminali essi stessi”. (I Nazisti e la chiesa)

Nella loro suddivisione delle “categorie” di prigionieri i nazisti attribuirono solo a una confessione religiosa, i Testimoni di Geova un triangolo specifico, quello viola, che li distingueva dagli ebrei, dai rom, dai sinti, omosessuali, politici, fino a un totale di otto, nove categorie. Il motivo era chiaro: in blocco i testimoni di Geova, circa 20.000 in Germania, rifiutarono di schierarsi con il regime nazista, pagando duramente la resistenza religiosa e morale mostrata sin dall’inizio del cancellierato di Hitler nel 1933 con l’oppressione, la deportazione e la morte.

Una vicenda quella dei Bibelforscher che ha portato alcuni storici, come la professoressa di studi ebraici e storia dell’antisemitismo Susannah Heschel a chiedere: “Che cosa sarebbe accaduto se la chiesa luterana o quella cattolica si fosse comportata come i testimoni di Geova? A mio avviso questo avrebbe mutato l’intero corso della storia”. Su questo punto in una recente intervista, è intervenuto anche Claudio Vercelli storico e docente che pur segnando la differenza tra “la posizione delle chiese concordatarie rispetto a un gruppo minoritario”, ha affermato che “il clima di compromissione (per la coscienza) e collusione amorale che il regime medesimo incentivò in tutta la società tedesca era una strategia di cooptazione, che funzionò per una parte rilevante del cattolicesimo e del protestantesimo germanici”. 

Mentre si avvicina la Giornata della Memoria con i suoi programmi e rituali, è giusto ricordare che oltre alle povere e sventurate vittime, ci furono martiri veri e propri che si opposero per motivi religiosi al mostro nazista: Kolbe e altri preti, la suora Edith Sthein, alcuni pastori protestanti e compatti ideologicamente i Testimoni di Geova europei.

Storie consolanti anche in tempi moderni e poco luminosi come i nostri. Nello stesso tempo è la conferma che nella storia dell’uomo di ogni epoca, lo stimolo e la forza della propria coscienza e delle proprie idee può essere più forte di ogni vessazione, prevaricazione e afflizione. Anche se il saldo di questa integrità può costare la libertà e la vita stessa.

Roberto Guidotti

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