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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Gigi Proietti del 19 febbraio alle 15.50 su Rai 5: “Don Chisciotte – 5° e ultima puntata”

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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Gigi Proietti del 19 febbraio alle 15.50 su Rai 5: “La fantastica storia di Don Chisciotte della Mancia e del suo scudiero Sancio Panza – 5° e ultima puntata

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Per il Grande Teatro di Gigi Proietii in TV va in onda oggi giovedì 18 febbraio alle 15.35 su Rai 5 la quinta puntata de La fantastica storia di Don Chisciotte della Mancia e del suo scudiero Sancio Panza”, il capolavoro di Miguel Cervantes nella versione sceneggiata proposta dalla RAI nel 1970 per la regia di Carlo Quartucci.

Proietti cavaliere errante: l’omaggio di Rai Cultura al grande attore recentemente scomparso con la proposta delle cinque puntate di “La fantastica storia di Don Chisciotte”, uno sceneggiato per ragazzi del 1970 tratto da Miguel de Cervantes.
Il programma si può considerare il primo lavoro di Gigi Proietti per la televisione veramente importante: il regista Carlo Quartucci e l’autore Roberto Lerici coinvolgono nello spettacolo, registrato nello Studio 2 della Rai di Napoli, un gruppo di ragazzini che partecipano all’azione scenica nel suo compiersi, simile alla sperimentazione che stava operando Luca Ronconi con il suo “Orlando Furioso”. Nello studio viene ricostruita e rappresentata la storia di Don Chisciotte della Mancia con il suo scudiero Sancho Panza, con una Compagnia di Attori e Musici, con Ronzinante, l’asino e animali vari. 

Quinta e ultima puntata

Don Chisciotte e Panza proseguono il cammino e incontrano un carro dentro al quale vi sono due leoni in gabbia. Don Chisciotte vuole misurarsi con uno dei leoni e apre la gabbia creando grande spavento tra i guardiani. Ma i leoni annoiati non escono dalle gabbie e gli voltano le spalle. A Don Chisciotte rimarrà il nome di Cavaliere dei Leoni secondo l’usanza dei cavalieri erranti che potevano cambiare il nome quando volevano.

Testimone di questa ultima impresa è Don Diego de Miranda, Cavaliere dal Verde Gabbano, che è felice di ospitare il suo scudiero. Mentre sono ospiti di Don Diego, si celebra il matrimonio della bella Chilteria e del povero Basilio e, dopo le nozze, don Chisciotte si fa calare, legato a una fune, nella grotta di Montesinos che si trova nel mezzo della Mancia, e quando ne esce racconta le cose più strane e fantastiche.

I due continuano la strada e le avventure. Un giorno incontrano un duca e una duchessa che, avendo letto la prima parte delle avventure del Fantastico Nobiluomo don Chisciotte della Mancia, desiderano conoscere il cavaliere e ospitarlo, con Sancio, nel loro castello. I due accettano e il duca e la duchessa si divertono a prenderli in giro inscenando in un bosco una mascherata con maghi, demoni, donzelle e altri personaggi.

In seguito imbastiscono il dramma della contessa Trifaldi e delle sue dodici pulzelle che hanno il volto barbuto per un incantesimo del mago Malabruno.

Don Chisciotte dovrà affrontare il mago nel suo paese cavalcando Clavilegno, un cavallo alato che in realtà è fatto di legno ed è carico di mortaretti, cosicché, quando Chisciotte e Sancio lo cavalcano bendati, il duca dà fuoco alle polveri e i due, dopo aver fatto un gran salto in aria, cadono sull’erba. L’incantesimo è rotto. Più tardi il duca nomina Sancio governatore dell’isola di Barattaria, ma la vita è troppo complicata per il semplice scudiero che se ne ritorna dal suo padrone.

I due lasciano il castello alla volta di Barcellona e lungo la strada incontrano ancora tantissime avventure finché l’ultima pone fine alla vita del cavaliere errante ed è la sfida che gli viene da Sansone Carrasco, lo studente di Salamanca, travestito da Cavaliere della Bianca Luna. Lungo la strada Don Chisciotte incontra il Cavaliere della Bianca Luna che lo sfida a confessare che la sua dama è più bella di Dulcinea. Il Cavaliere dei Leoni rimane allibito da tanta arroganza e accetta la sfida con il patto che chi avesse perso si sarebbe consegnato nelle mani del vincitore. Così avvenne che Don Chisciotte, vinto da Carrasco, che aveva usato ancora una volta un trucco, si consegna nelle sue mani e viene finalmente ricondotto a casa. Una volta al villaggio, forse per l’abbattimento di essere stato vinto o per destino, viene colto da una improvvisa febbre che lo tiene a letto per sei giorni. Malgrado la visita degli amici il cavaliere si sente molto triste e, al termine di un sonno di sei ore, egli si sveglia gridando che stava per morire e ringraziando Dio per aver riacquistato il senno. Don Chisciotte vuole confessarsi e in seguito fare testamento, e dopo qualche giorno, tra i pianti degli amici e soprattutto di Sancio, muore.

Per la sua sepoltura furono composti molti epitaffi tra i quali quello di Sansone Carrasco:Giace qui l’hidalgo forteche i più forti superò,e che pure nella mortela sua vita trionfò.Fu del mondo, ad ogni tratto,lo spavento e la paura;fu per lui la gran venturamorir savio e viver matto.

Don Chisciotte della Mancia (El Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha) è un romanzo spagnolo di Miguel de Cervantes Saavedra, pubblicato in due volumi, nel 1605 e 1615. È annoverato non solo come la più influente opera del Siglo de Oro e dell’intero canone letterario spagnolo, ma un capolavoro della letteratura mondiale nella quale si può considerare il primo romanzo moderno. Vi si incontrano, bizzarramente mescolati, sia elementi del genere picaresco sia del romanzo epico-cavalleresco, nello stile del Tirant lo Blanch e del Amadís de Gaula. I due protagonisti, Alonso Chisciano (o Don Chisciotte) e Sancho Panza, sono tra i più celebrati personaggi della letteratura di tutti i tempi.

Il pretesto narrativo ideato dall’autore è la figura dello storico Cide Hamete Benengeli, di cui Cervantes dichiara di aver ritrovato e fatto tradurre il manoscritto arabo, nel quale sono raccontate le vicende di Don Chisciotte.[1] Oltre l’artificio letterario dal forte valore parodico, l’invenzione di questo narratore inaffidabile e di altri filtri narrativi destinati a creare ambiguità nel racconto è una delle più fortunate innovazioni introdotte da Cervantes.

L’opera di Cervantes fu pubblicata nel 1605 quando l’autore aveva 57 anni. Il successo fu tale che Alonso Fernández de Avellaneda, pseudonimo di un autore fino ad oggi sconosciuto, pubblicò la continuazione nel 1614. Cervantes, disgustato da questo sequel, decise di scrivere un’altra avventura del Don Quijote – la seconda parte – pubblicata nel 1615. Con oltre 500 milioni di copie, è il romanzo più venduto della storia.[2]

Trama

Il protagonista della vicenda – un uomo sulla cinquantina, forte di corporatura, asciutto di corpo e di viso – è un hidalgo spagnolo di nome Alonso Quijano, morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi. Per scoprire le altre caratteristiche del nostro eroe sarà utile leggere La vita di don Chisciotte e Sancho Panza (1905) di Miguel de Unamuno, il quale però dà una lettura e un’interpretazione molto personale e parziale del grande romanzo. Le letture condizionano a tal punto il personaggio da trascinarlo in un mondo fantastico, nel quale si convince di essere chiamato a diventare un cavaliere errante. Si mette quindi in viaggio, come gli eroi dei romanzi, per difendere i deboli e riparare i torti. Alonso diventa così il cavaliere don Chisciotte della Mancia e inizia a girare per la Spagna. Nella sua follia, Don Chisciotte trascina con sé un contadino del posto, Sancio Panza, cui promette il governo di un’isola a patto che gli faccia da scudiero.

Come tutti i cavalieri erranti, Don Chisciotte sente la necessità di dedicare a una dama le sue imprese. Lo farà scegliendo Aldonza Lorenzo, una contadina sua vicina, da lui trasfigurata in una nobile dama e ribattezzata Dulcinea del Toboso.

Purtroppo per Don Chisciotte, la Spagna del suo tempo non è quella della cavalleria e nemmeno quella dei romanzi picareschi, e per l’unico eroe rimasto le avventure sono scarsissime. La sua visionaria ostinazione lo spinge però a leggere la realtà con altri occhi. Inizierà quindi a scambiare i mulini a vento con giganti dalle braccia rotanti, i burattini con demoni, le greggi di pecore con eserciti arabi, i quali sottomisero la Spagna al loro dominio dal 711 al 1492. Combatterà questi avversari immaginari risultando sempre sonoramente sconfitto, e suscitando l’ilarità delle persone che assistono alle sue folli gesta. Sancho Panza, dal canto suo, sarà in alcuni casi la controparte razionale del visionario Don Chisciotte, mentre in altri frangenti si farà coinvolgere dalle ragioni del padrone.