Referendum sulla riforma della giustizia, i quesiti proposti dalla Lega
Referendum sulla riforma della giustizia: dopo l’inerzia parlamentare, dopo gli scandali denunciati dal magistrato Palamara, si avvia una battaglia importante per una «giustizia giusta», con la raccolta delle firme, per poter procedere al referendum.
La LEGA propone 6 quesiti:
1) Candidature al Csm, via il vincolo delle firme.
In pratica un magistrato che voglia candidarsi al Consiglio superiore della magistratura deve raccogliere dalle 25 alle 50 firme, cioè si sottopone al giogo clientelare dell’appoggio delle correnti politiche in seno al CSM.
2) Responsabilità civile, rivalsa diretta sulle toghe
Nonostante il referendum del 1988, dove venne introdotto il principio, ma con l’azione è sussidiaria, in pratica il cittadino chiama in giudizio lo STATO, che eventualmente si potrà rivalere sul magistrato responsabile. Si chiede una azione diretta
3) La valutazione professionale dei magistrati, dare più spazio alla componente non togata.
L’obiettivo è di superare l’attuale situazione che, secondo i proponenti, quando si tratta di discutere o valutare lo status dei magistrati, vede «esclusa dalle discussioni e dalle votazioni su questi temi la componente minoritaria “non togata”, avvocati e professori universitari.
L’abrogazione consentirebbe, dunque, anche a tale componente di esprimersi sulla qualità del lavoro dei magistrati, «superando il principio della giustizia solo interna alla magistratura».
Il quesito si sovrappone a varie iniziative di riforma, compresa quella del governo.
4) Separazione delle carriere tra pm (magistratura requirente) e giudici (Magistratura giudicante).
Il quesito sulla separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente è annosa, i magistrati, nel corso della loro carriera «passano più volte dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa».
Ruoli e mentalità che dovrebbero essere opposte, ma in realtà comportano l’ uniformità dei ruoli, con confusione delle funzioni, laddove è solo l’Avvocato difensore l’escluso.
Il principio referendario intende «stabilire che il magistrato, una volta scelta la funzione giudicante o requirente all’inizio della carriera, non possa più passare all’altra».
5) Carcere preventivo, limiti alla possibilità di usarlo
La custodia cautelare, vale a dire la detenzione in carcere prima della sentenza di condanna, secondo Lega, si è trasformato negli anni «da misura con funzione prettamente cautelare a vera e propria forma anticipatoria della pena, con evidente violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza».
Il quesito, dunque, tende a «limitare la possibilità di ricorrere alla carcerazione preventiva prima dell’emanazione di una sentenza definitiva di condanna».
Delle tre circostanze per cui si ricorre alla custodia cautelare (inquinamento delle prove, pericolo di fuga e reiterazione del reato) il quesito interviene solo sulla terza.
6) Condannati incandidabili, si vuole abrogare la norma
La cosiddetta legge Severino prevede che in caso di condanna per alcune specifiche ipotesi di reato sia applicata automaticamente la sanzione accessoria dell’incandidabilità alla carica di parlamentare, consigliere e governatore regionale, sindaco e amministratore locale.
Il quesito referendario che ne chiede l’abrogazione intende «abolire l’automatismo per quanto riguarda i termini di incandidabilità, ineleggibilità e decadenza, lasciando al giudice la decisione, caso per caso, se comminare, oltre alla sanzione penale, anche la sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e per quanto tempo».
Secondo alcuni costituzionalisti potrebbero esserci dei problemi di legittimità in quanto la norma recepisce disposizioni anticorruzione di livello sovranazionale.
Ruolo importante per gli Avvocati
La raccolta di 500.000 firme autenticate, in soli tre mesi, corrette, su moduli vidimati, da consegnare presso la Suprema Corte è impegnativo.
L’art. 16-bis della legge n. 120/2020 di conversione del c.d. Decreto Semplificazioni (D.L. 76/2020) ha introdotto modifiche all’articolo 14 della legge 53/1990 estendendo agli avvocati la competenza ad autenticare le sottoscrizioni previste dalla legge, inclusi i referendum e le proposte di legge di iniziativa popolare.
L’articolo 14 della legge 53/1990 oggi include anche gli avvocati iscritti all’albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all’ordine di appartenenza, una semplice comunicazione all’Ordine di appartenenza.
Gli Avvocati possono rendere funzionale un meccanismo che sino ad oggi ha più volte fallito, non consentendo all’elettorato di esprimersi, favorendo il raggiungimento degli obbiettivi di raccolta delle 500.000 firme autenticate.
Si tratta di una potenziale rivoluzione per il ruolo degli Avvocati, per il loro prestigio anche di fronte all’opinione pubblica.
L’Avvocatura oggi può rivendicare un ruolo costituzionale di garante essendo il centro dinamico e promotore per realizzare la democrazia diretta.
Avv. Gian Luigi Pepa
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