martedì, Aprile 23, 2024
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Saman Abbas, il padre confessa: “Ho ucciso mia figlia”

novellara

Saman Abbas, il padre confessa: “Ho ucciso mia figlia” – Poco più di un mese dopo la scomparsa di Saman Abbasil padre confessò il delitto durante una telefonata a un parente in Italia.

“Ho ucciso mia figlia”, diceva Shabbar Abbas l’8 giugno 2021, quando ormai era fuggito in Pakistan.

La conversazione è agli atti del processo che inizierà a febbraio a carico dei familiari della diciottenne sparita dalla notte del 30 aprile 2021 da Novellara e che gli inquirenti, Procura e carabinieri di Reggio Emilia, sono sicuri sia stata assassinata, perché rifiutava di sposare un cugino in patria e voleva andarsene di casa.

La foto di un bacio, per le vie di Bologna. Il momento di intimità tra Saman Abbas e il suo fidanzato, da lei postato sui social tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, secondo quanto accertato dalle indagini, fu una delle scintille che alimentò la rabbia dei familiari della giovane pachistana. Lo scatto risale al periodo in cui la ragazza viveva in una comunità protetta. Un cugino, sentito dai carabinieri di Reggio Emilia, ha riferito di aver ricevuto l’immagine e che il padre Shabbar, la madre Nazia e il fratello della diciottenne “si lamentavano in continuazione di tale situazione”.

Il 10 febbraio 2023 andranno a processo a Reggio Emilia i tre familiari di Saman arrestati all’estero, Francia e Spagna, nei mesi scorsi: lo zio Danish Hasnain e i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, oltre ai genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, entrambi ancora latitanti in Pakistan.

Lo zio di Saman Abbas, Danish Hasnain, è stato arrestato nella periferia di Parigi. Il pachistano è stato bloccato dalla polizia francese, in esecuzione di un mandato di arresto europeo, rintracciato in collaborazione con i carabinieri del nucleo investigativo di Reggio Emilia.

Non aveva documenti con sé quando è stato controllato, ma Danish Hasnain sarebbe stato riconosciuto e quindi tradito da un neo sul volto. Per arrestare lo zio di Saman Abbas la polizia francese, che opera d’intesa con i carabinieri di Reggio Emilia, ha fatto irruzione in un appartamento della periferia di Parigi, dove il pachistano indagato per l’omicidio della nipote diciottenne si trovava con alcuni connazionali, estranei all’accaduto. A quanto pare avrebbe contribuito a individuarlo nella capitale francese l’utilizzo di profili social, con utenze non a lui riconducibili.

L’uomo è ritenuto dagli investigatori di Reggio Emilia l’esecutore materiale dell’omicidio della giovane parente pachistana.

Saman Abbas voleva essere libera e italiana, come altre ragazze che prima di lei hanno conosciuto un destino drammatico. La sua colpa? Rifiutare un matrimonio combinato.

Da lì l’insanabile conflitto, che secondo gli inquirenti potrebbe aver spinto il padre e la madre a consegnare la ragazza allo zio, che poi l’avrebbe uccisa nei campi intorno alla loro cascina nel Reggiano, con l’aiuto di alcuni cugini. Una vera e propria esecuzione. Sarebbe stata richiamata in casa con l’inganno: “Non dovrai partire per il Pakistan”. Invece per Saman è arrivata la terribile fine.

È sconvolgente la storia che il fratello sedicenne della ragazza ha raccontato ai carabinieri il giorno dopo essere stato fermato a Imperia. 

La spietata freddezza di Hasnain

Danish Hasnain, il 33enne, zio di Saman, accusato dal pm di aver ucciso la giovane, si muove con freddezza in quella terribile notte tra il 30 aprile e il 1 maggio, facendo attenzione a non farsi riprendere dalle telecamere. “Ora andate a casa, ora me ne occupo io”, avrebbe detto ai genitori della 18enne, Shabbar, 46 anni, e Nazia Shaheen, 47. 

Tutto accade sotto gli occhi del fratello. Il padre si sente male, ma allo stesso tempo non può permettersi di pentirsi, perché crede che il danese sia in grado di sterminare la famiglia. Del resto si erano affidati a lui per risolvere il problema della figlia, determinata a opporsi al matrimonio combinato da Shabbar in famiglia. Quando Danish torna a casa, non ha niente in mano, da questo il sedicenne deduce che sua sorella è stata uccisa per strangolamento.

Anche lo zio piange, ma non rivela dove è sepolta

Dopo la partenza dei genitori, rientrati in Pakistan, il sedicenne rimane solo con lo zio a Novellara per alcuni giorni. Anche Hasnain avrebbe dato segni di cedimento, ma si sarebbe anche premurato di minacciare il nipote, intimandogli di non dire niente ai carabinieri, altrimenti avrebbe ucciso anche lui. E non gli dice nemmeno niente quando il ragazzo gli chiede dove è sepolta Saman, perché vorrebbe farle visita un’ultima volta prima di scappare.

Ma poi c’è anche l’altra storia, quella che il fidanzato di Saman racconta agli investigatori del Reparto Operativo diretto da Stefano Bove. Poco prima che la ragazza venisse uccisa gli aveva mandato un messaggio con il cellulare della madre, preso a sua insaputa. Saman la ascolta mentre parlano di lei, del suo omicidio. Poi esce dalla sua camera da letto, chiede direttamente a Nazia una spiegazione, che ovviamente smentisce, risponde che si riferiva ad un episodio simile accaduto in Pakistan qualche tempo prima. La ragazza non ci crede. “L’ho sentito con le mie stesse orecchie, giuro che parlavano di me”, racconta al suo ragazzo. Al che aggiunge: “Non sono fiduciosa”, “se non mi senti per 48 ore, avvisa la polizia”. 

Saman fugge di casa. Prima si era verificata la furibonda lite con il padre e la madre. La ragazza aveva chiesto di riavere i documenti rimasti in loro possesso dopo che, per essersi opposta al matrimonio combinato in Pakistan, i servizi sociali di Novellara l’avevano trasferita in un centro protetto.

Da quel momento in poi, la giovane scompare nel nulla. 

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