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Anticipazioni per “Gianni Schicchi” di Puccini del 28 settembre alle 10 su Rai 5: dal Teatro Comunale di Firenze regia di Mario Monicelli

gianni schicchi

Anticipazioni per “Gianni Schicchi” di Puccini del 28 settembre alle 10 su Rai 5: con la regia di Mario Monicelli e la direzione del Maestro James Conlon dal Teatro Comunale di Firenze

Teatro comunale (Firenze) - Wikipedia

Per la Grande Lirica in TV oggi martedì 28 settembre alle 1o su Rai 5 va in onda “Gianni Schicchi” di Giacomo Puccini dal Teatro Comunale di Firenze nella versione andata in scena nel 1998, con la regia di Mario Monicelli e la direzione del Maestro Bruno Bartoletti.

A ridosso del decimo anniversario della scomparsa, Rai Cultura ricorda Mario Monicelli con il “Gianni Schicchi” che il regista ha diretto nel 1998 per il Teatro Comunale di Firenze, ispirato a un episodio del canto XXX dell’Inferno in cui Dante, scendendo nell’ottava bolgia, incontra Gianni Schicchi condannato per il peccato di falsa testimonianza. Nel ruolo del titolo Rolando Panerai. Accanto a lui Chiara Angella, Eleonora Jankovich, Pietro Ballo, Romano Emili, Chiara Taigi, Matteo Ciccone, Enrico Turco, Paolo Washington, Orazio Mori, Gloria Banditelli, Angelo Nardinocchi, Andrea Piccinni, Carlo Morini, Augusto Frati. Sul podio dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino il maestro James Conlon. Regia televisiva di Tullia Ferrero.

Gianni Schicchi è un’opera comica in un atto di Giacomo Puccini, su libretto di Giovacchino Forzano basato su un episodio del Canto XXX dell’Inferno di Dante (vv. 22-48). Fa parte del Trittico. La prima assoluta ha avuto luogo il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di New York.

Fra gli interpreti della prima il baritono Giuseppe De Luca nella parte di Gianni Schicchi, il tenore Giulio Crimi in quella di Rinuccio, il soprano Florence Easton nella parte di Lauretta ed il tenore Angelo Badà come Gherardo. Fino al 2009 ha avuto 138 recite al Metropolitan.

«Addio Firenze, addio cielo divino
io ti saluto con questo moncherino
e vo randagio come un Ghibellino»
(Gianni Schicchi)

Del Trittico, Gianni Schicchi fu l’opera che godette subito del successo maggiore[1] ed iniziò quindi ben presto ad avere vita autonoma, nonostante l’esplicita volontà di Puccini che le tre opere andassero sempre in scena assieme e mai in abbinamento con altri titoli.

In tempi recenti si sta consolidando la prassi d’abbinare Gianni Schicchi a Una tragedia fiorentina di Alexander von Zemlinsky[1] o ad Alfred, Alfred di Franco Donatoni. Le due opere sono difatti accostabili non solo per la comune ambientazione fiorentina medievale, ma anche per la scenografia (interno d’abitazione per entrambe) e per la complementarità dei soggetti: una tragedia notturna ed una solare commedia brillante. C’è infine un legame storico: Puccini stesso, nel 1912, aveva pensato di musicare A Florentine Tragedy di Oscar Wilde, uno scritto incompiuto dal quale Zemlinsky trasse pochi anni dopo ispirazione per la sua opera.

Trama

1299: Gianni Schicchi, famoso in tutta Firenze per il suo spirito acuto e perspicace, viene chiamato in gran fretta dai parenti di Buoso Donati, un ricco mercante appena spirato, perché escogiti un mezzo ingegnoso per salvarli da un’incresciosa situazione: il loro congiunto ha infatti lasciato in eredità i propri beni al vicino convento di frati, senza disporre nulla in favore dei suoi parenti.

Inizialmente Schicchi rifiuta di aiutarli a causa dell’atteggiamento sprezzante che la famiglia Donati, dell’aristocrazia fiorentina, mostra verso di lui, uomo della «gente nova». Ma le preghiere della figlia Lauretta (romanza «O mio babbino caro»), innamorata di Rinuccio, il giovane nipote di Buoso Donati, lo spingono a tornare sui suoi passi e a escogitare un piano, che si tramuterà successivamente in beffa. Dato che nessuno è ancora a conoscenza della dipartita, ordina che il cadavere di Buoso venga trasportato nella stanza attigua in modo da potersi lui stesso infilare sotto le coltri, e dal letto del defunto, contraffacendone la voce, dettare al notaio le ultime volontà.

Così infatti avviene, non senza che Schicchi abbia preventivamente assicurato i parenti circa l’intenzione di rispettare i desideri di ciascuno, tenendo comunque a ricordare il rigore della legge, che condanna all’esilio e al taglio della mano non solo chi si sostituisce ad altri in testamenti e lasciti, ma anche i suoi complici («Addio Firenze, addio cielo divino»).

Schicchi declina dinanzi al notaio le ultime volontà e quando dichiara di lasciare i beni più preziosi – la «migliore mula di Toscana», l’ambita casa di Firenze e i mulini di Signa – al suo «caro, devoto, affezionato amico Gianni Schicchi», i parenti esplodono in urla furibonde. Ma il finto Buoso li mette a tacere canterellando il motivo dell’esilio e infine li caccia dalla casa, divenuta di sua esclusiva proprietà.

Fuori, sul balcone, Lauretta e Rinuccio si abbracciano teneramente; mentre Gianni Schicchi sorridendo contempla la loro felicità, compiaciuto della propria astuzia.