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Giacomo della Marca: pacificatore e diplomatico ma anche persecutore di eretici ed ebrei

Giacomo della Marca: pacificatore e diplomatico ma anche persecutore di eretici ed ebrei

Monteprandone – In questi giorni la Chiesa Cattolica ricorda Giacomo della Marca canonizzato nel 1726. Sono moltissimi i devoti e non solo a Monteprandone (AP) dove il santo è patrono, ma anche Napoli e Mantova, oltre che naturalmente a Porto d’Ascoli, San Benedetto e Ascoli Piceno.
Giacomo fu un sacerdote francescano del XV secolo, nato proprio a Monteprandone nel 1393 e battezzato con il nome di Domenico. Durante la sua vita Giacomo si distinse come fine diplomatico e pacificatore come nel caso delle città di Ascoli e Fermo in perenne lotta tra di loro. In un’occasione erano i confini tra Monteprandone e San Benedetto del Tronto a generare discordie tra gli abitanti dei due paesi che dominavano il sud delle Marche. Per evitare anche scontri armati, entrambi le città incaricarono Giacomo, considerato super partes, per redimere la contesa con un lodo o sentenza. In quell’occasione il suo provvidenziale intervento evitò la violenza e lo spargimento di sangue.

Giacomo abile predicatore, viaggiò in lungo e in largo anche fuori dall’Italia fondando conventi e occupandosi di costruire basiliche, biblioteche, pozzi e cisterne pubbliche; forni statuti civili a undici città, scrivendo anche 18 libri.

Per le sue qualità di instancabile lavoratore al servizio della chiesa, la sua presenza  fu richiesta da molti sovrani in Europa che volevano estirpare quelle che erano le eresie sui loro territori. Quello che però risulta praticamente sconosciuto alla stragrande maggioranza delle persone e viene ricordato poco dai suoi agiografi, era la sua posizione di condanna contro gli ebrei. Nelle sue prediche, specialmente nell’Italia centrale arriva “a scatenare una violenta campagna antiebraica che arriva a imporre agli ebrei di portare in pubblico un cerchio rosso sul vestito come segno distintivo, come accade a Recanati nel 1427”. (Treccani.it). 

Nella città prescelta per la predica afferma il libro Storia degli ebrei in Italia di Attilio Milano a pag 164 “venivano tenute delle prediche che eccitavano le emozioni popolari, affermando che tutti i mali che in quel momento angustiavano la città erano la conseguenza dell’ira divina per il persistere dell’usura ebraica: per placarla quella doveva essere debellata”. Parole sinistre che sarebbero risuonate più o meno negli stessi termini in altri periodi storici. Altra caratteristica del frate fu la lotta agli eretici, cioè verso chi non seguiva i dettami della chiesa come contro il gruppo dei “Fraticelli” insediati nelle Marche che combatté a più riprese. Sempre la Treccani.it al riguardo riferisce: ”Nel 1441, il 10 giugno, venne infatti nominato dal papa Eugenio IV inquisitore nelle Marche e nelle zone con esse confinanti e ancora nel 1449 esercitava questo ufficio. Ancora una volta insieme con Giovanni da Capestrano, nel territorio di Jesi e a Fabriano, dove assistette a un rogo di fraticelli che, secondo la sua stessa testimonianza, “ammorbò l’aria della cittadina per tre giorni”. 

Sicuramente Giacomo della Marca ha al suo attivo azioni altamente positive per le comunità del suo tempo, ma anche responsabilità, al pari di altri inquisitori suoi contemporanei, di sofferenza, tribolazione e sangue sparso nei confronti di ebrei e di quelli considerati a suo tempo eretici. Un’atteggiamento, ideologia e pensiero che saranno replicati nelle epoche che seguiranno, con i tragici epiloghi del XX secolo.

Roberto Guidotti

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