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PIL 2021 meglio del previsto: possibile più 6,4% per Confindustria

Confindustria

Confindustria: PIL nel 2021 verso +6,3%-6.4%

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Nonostante la pandemia buone notizie per l’Italia sul fronte macroeconomico giungono dal centro studi della organizzazione degli industriali.

Infatti grazie al robusto rimbalzo del terzo trimestre e ai dati migliorati per il primo,il 2021 potrebbe chiudersi con un Pil a +6,3/6,4%,più di quanto previsto” La stima è del Centro studi Confindudustria, secondo cui “si tornerebbe al livello pre-Covid nel I trimestre 2022”

“Nel IV trimestre, si sta delineando l’atteso rallentamento, per la scarsità di materie prime e semilavorati e la risalita di contagi in Italia e Europa” Nel III trimestre,produzione industriale rallenta la crescita, solo +1%. Prosegue recupero,ma incertezza per Covid.

La Confindustria, abbreviazione di Confederazione generale dell’industria italiana, è la principale organizzazione rappresentativa delle imprese manifatturiere e di servizi italiani, raggruppando su base volontaria oltre 150 000 imprese, comprendendo anche banche[1] e dal 1993 anche aziende pubbliche[2][3] per un totale di 5 439 370 addetti[4].

Fu fondata il 5 maggio 1910, con sede a Torino e dal 1919 a Roma, per tutelare gli interessi delle aziende industriali nei confronti dei sindacati dei lavoratori. Il suo presidente, Dante Ferraris, nel 1919 fu chiamato come ministro dell’Industria nel governo Nitti. Dopo il delitto Matteotti, il direttivo della Confindustria chiese il ripristino dell’ordine e della legalità costituzionale con un memorandum presentato nel settembre 1924 a Mussolini.

Nel 1925 riconobbe come unici interlocutori i sindacati fascisti. In quegli anni l’intervento pubblico, sfociato nel 1933 nella creazione dell’IRI, salvò dal dissesto numerose imprese in quel periodo di crisi mondiale[5].

Nel 1926 fu costituita la “Confederazione generale fascista dell’industria italiana” ai sensi delle legge 3 aprile 1926, n. 563. Aveva sede in Roma e inquadrava sotto di sé le Federazioni nazionali di categoria, che rappresentavano i datori di lavoro di ciascun settore (industrie estrattive, fibre tessili, legno, ecc.) e sul territorio si articolava in unioni provinciali. Nel 1934 fu denominata “Confederazione fascista degli industriali”. Ebbe tra i presidenti Giuseppe Volpi e Alberto Pirelli. Fu infine liquidata nel 1944[6].

Nel dopoguerra la Confindustria assunse un ruolo di primo piano nell’opera di ricostruzione post-bellica, che contemporaneamente siglò importanti accordi con i sindacati. Gli anni del boom economico portarono a uno sviluppo delle grandi imprese, insieme a forti divergenze all’interno dell’organizzazione sulla posizione nei confronti governi di centro-sinistra[7].

Dopo l'”autunno caldo“, negli anni settanta varò la cosiddetta “riforma Pirelli” per rafforzare le proprie strutture organizzative con una rappresentanza più equilibrata e partecipata delle associazioni territoriali e di categoria e nel 1975 tornò la collaborazione con i sindacati, con l’accordo sull’indicizzazione dei salari. Nel 1976 per la prima volta divenne presidente un personaggio che non era un imprenditore, l’ex governatore della Banca d’Italia Guido Carli, cui fu affiancato come direttore un economista di fama come Paolo Savona.

Nel 1999 è stata varata la “Carta dei Valori Associativi”.

Nei decenni successivi emergeva una ormai cronica crisi strutturale dove le uniche grandi imprese industriali rimaste erano tutte pubbliche.[8][9]

Fonte: WIKIPEDIA