mercoledì, Aprile 24, 2024
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Incubo Myanmar: rinviata la sentenza contro l’ex Presidente Aung San Suu Kyi

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Myanmar, di nuovo rinviata sentenza San Suu Kyi

Aung San Suu Kyi & Min Aung Hlaing collage.jpg

L’autentico incubo calato sul Myanmar (l’ex Birmania) dopo il colpo di stato militare, l’imprigionamento dell’ex Presidente e Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi e le reiterate stragi di oppositori politici verificatesi negli ultimi mesi e negli ultimi giorni ha scritto una nuova pagina giudiziaria che non allontana le gravi preoccupazioni per le sorti dell’opposizione interna e di chi la guida.

Infatti i giudici della giunta militare del Myanmar hanno rinviato al 10 gennaio la sentenza contro la ex presidente San Suu Kyi, deposta con un golpe lo scorso febbraio. Al processo, uno dei tanti intentati contro di lei, la ex leader birmana è accusata di importazione e possesso di walkie-talkie illegali e di altri reati dettati, secondo molti osservatori neutrali, esclusivamente da ragioni politiche.

L’ex Presidente rischia incredibilmente oltre 100 anni di carcere.

Inferno Myanmar: solo ieri altri 114 manifestanti uccisi

Non si ferma in Myanmar la spaventosa spirale di violenza generata dalla repressione delle proteste di piazza contro la giunta militare che ha preso il potere nel Paese.

Le nuove manifestazioni di ieri, nel giorno in cui si celebrano le Forze armate sono state represse nel sangue e si sono contate 114 vittime da colpi d’arma da fuoco, esplosi da polizia e militari, tra cui un bimbo di 5 anni. “Un giorno di vergogna per le Forze Armate”,dicono gli oppositori. Circa 400 i morti da inizio proteste. Testimoni parlano di diversi feriti gravi nelle manifestazioni di Yangon, Lashio, Mandalay, Kyaukpadaung e Kyei- khto. Intanto, il movimento di disobbe- dienza civile è stato nominato al Nobel per la Pace del 2022.

Myanmar, violenza senza fine: centinaia le vittime nella capitale Yangon

L’escalation di repressione e violenza in Myanmar sembra senza fine: a un mese e mezzo dal colpo di stati del 1° febbraio la giunta militare al potere non ferma le uccisioni in piazza dei manifestanti che appoggiano la leader e Premio Nobel Aung San Suu Kyi deposta ed arrestatata dai golpisti.
Proseguono infatti le proteste nell’ex Birmania e si aggrava ulteriormente il bilancio delle vittime della dura repressione delle forze di sicurezza.

Secondo Aapp (Associazione di assistenza ai detenuti politici) i morti della scorsa settimana erano stati 38, ma gli ospedali riferiscono di 59 morti e 129 feriti solo in una sngola manifestazione a Yangon. L’inviata speciale Onu, Schraner Burgener, parla di “resoconti strazianti di omicidi, maltrattamenti dei manifestanti e torture di prigionieri durante il fine settimana”.

Ancora proteste contro il golpe in Myanmar: altri dimostranti uccisi ieri

Sempre più gravi ed allarmanti le notizie che giungono dal Myanmar, in fiamme ormai da un mese e mezzo per le proteste contro il golpe militare dell’inizio di febbraio.

La giunta al potere mostra sempre più un volto duramente repressivo e cerca di schiacciare nel sangue le manifestazione dei cittadini che protestano contro l’arresto del Premio Nobel Aung San Suu Kyi.

Infatti nonostante il giro di vite delle forze di sicurezza birmane proseguono le proteste anti golpe dopo che ieri 12 manifestanti sono stati uccisi dalla repressione. Almeno otto delle vittime sono morte nella cittadina di Myaing.

Nel complesso, dall’inizio delle proteste oltre 70 persone sono state uccise dai militari e 2.045 sono state arrestate. Intanto, il Regno Unito ha consigliato ai suoi cittadini di lasciare il Paese, alla luce della repressione in atto nella sua ex colonia che per l’Onu configura “crimini contro lìumanità” da parte della giunta militare golpista.

Nonostante ciò ad ormai 40 giorni dal colpo di stato operato in Myanmar da parte delle Forze Armate che hanno cancellato i risultati delle ultime elezioni ed arrestato con accuse pretestuose la premier Aung San Suu Kyi proseguono le veementi proteste dei cittadini in tutto il Paese.

L’altro ieri le forze di sicurezza dell’ex Birmania) avevano aperto il fuoco, a Myaing, nel centro del Paese, durante una manifestazione di protesta contro il colpo di Stato dei militari, uccidendo 6 dimostranti. Secondo un testimone 5 delle vittime sono state colpite alla testa. Altri 8 manifestanti sono stati feriti. Il Consiglio di sicurezza Onu condanna “la violenza contro i manifestanti pacifici, tra cui donne, giovani e bambini” e chiede “l’immediato rilascio di tutte le persone detenute arbitrariamente”.

Nuove pressioni dalle Nazioni Unite Onu contro le violenze in Myanmar

Cresce la pressione internazionale sulla giunta militare birmana: il Consiglio di sicurezza Onu ha condannato “fermamente” le violenze contro i manifestanti anti-golpe, Pechino chiede un “allentamento dell’escalation” e dialogo e gli Usa hanno adottato sanzioni verso alcune personalità vicine alla giunta. In una dichiarazione adottata all’unanimità(anche da Cina e Russia (tradizionali alleati di Myanmar)il Consiglio ha attaccato l’esercito in modo inedito chiedendo “massima moderazione”. L’Onu chiede inoltre l'”immediato rilascio di tutti i detenuti arbitrariamente”.

Golpe in Myanmar: ancora proteste

Proseguono le proteste in Myanmar (ex Birmania) contro la giunta militare che ha preso il potere e deposto Suu Kyi lo scorso primo febbraio. A Yangon, la polizia ha usato proiettili di gomma per disperdere i manifestanti. L’ambasciatore del Paese asiatico presso le Nazioni Unite ha lanciato un accorato appello all’azione contro la giunta militare golpista, che ha annullato per presunti brogli le elezioni del novembre 2020, che rappresentarono il trionfo della Lega nazionale per la democrazia, il partito di Aung San Suu Kyi.

Si profilano quindi nubi fosche all’orizzonte della giunta militare birmana che nonostante il mese e mezzo trascorso dal colpo di Stato non dà ancora segno di riuscire a soffocare le proteste di piazza, mentre crescono le proteste internazionali contro la violenta repressione in atto.

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