giovedì, Aprile 25, 2024
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Adolescenti dimenticati, chi aiuterà le loro famiglie?

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Adolescenti dimenticati, chi aiuterà le loro famiglie?

Gli adolescenti in Italia sono 5,7 milioni e costituiscono il 9,6% del totale della popolazione. La relazione e la comunicazione con le nuove generazioni vanno recuperate partendo dalla conoscenza e dall’ascolto dei vissuti, dei bisogni, dei sentimenti delle idee, dei vuoti e dei silenzi che accompagnano la crescita dei giovani di oggi. Il gap generazionale che separa il mondo degli adulti da quello dei ragazzi appare quale elemento di frattura piuttosto che di dialettica fra le generazioni.Tanti giovani vivono la loro quotidianità rintracciando, a fatica, spazi per esprimersi e partecipare attivamente alla vita comunitaria ed inserirsi, a pieno titolo, nel mondo istituzionale e del lavoro. Piuttosto, sono assaliti ed assorbiti dall’incessante e mutevole progredire di scoperte scientifiche ed innovazioni tecnologiche; condizionati da scenari socio-economici freneticamente improntati su modelli di consumo e di profitto, quali l’”obsolecenza programmata”, rispetto ai quali anche i sistemi governativi faticano, a dir poco, a trovare modi e prassi per condurre azioni politiche centrate sul benessere dei cittadini, a garanzia della “salute” psicofisica e relazionale, individuale e collettiva, mediata dal soddisfacimento di istanze culturali, sociali ed economiche.

Ai nativi del secondo millennio è richiesto di apprendere, acquisire, consumare rapidamente per, poi, riformattare e riprogrammare, con altrettanta rapidità, nuovi contenuti e modi di fare. Anche la Scuola diviene, così, un luogo di consumo, dove si masticano frettolosamente le migliaia di informazioni di cui dispone la società del sapere. Un carico di nozioni che, il più delle volte, i giovanissimi rigettano subito dopo averle ingerite: perché i processi di sviluppo del loro cervello o, ancor più semplicemente, i processi della memoria non consentono di metabolizzare un carico cognitivo così vario, complesso, spesso distante dalla loro esperienza concreta. Ma quante ore, di contro, sono dedicate a conoscere e comprendere i loro pensieri e i loro bisogni? Quanto tempo è indirizzato ad ascoltare i loro interrogativi sulla vita, per esplorare, insieme, i quesiti esistenziali che affollano le loro menti in crescita? Quesiti che, se inespressi e/o ignorati, finiscono per lasciare poco spazio ad altri tipi di interessi, anche se scientificamente pregnanti. Quale spazio trova il bisogno di spiritualità dei ragazzi? Quale accoglienza riceve la loro pulsionale ricerca sui concetti di Bene e di Male, sul significato della Vita e della Morte? Gli insegnanti, di frequente, consapevoli e sensibili di fronte ai bisogni evolutivi adolescenziali, si percepiscono, altresì, delegittimati dall’educare in merito a “competenze” e “conoscenze” che possano riferirsi alla sfera personale ed intima dei loro allievi. È questo, da sempre, il nodo più controverso da sciogliere: chi sono gli adulti a cui è affidato il compito di ascoltare, decodificare e comprendere i segnali e i codici dei ragazzi? A quali figure compete il ruolo di guida, di adulto di riferimento? A quale titolo e con quale formazione?

Il mondo politico, poi, appare troppo impegnato nel far quadrare i bilanci per poter focalizzare l’attenzione su temi così basilari e complessi, che necessitano di un lungo e articolato dibattito e l’impiego significativo di risorse umane ed economiche, per poter giungere all’attuazione di programmi di ricerca e di intervento tesi alla riformulazione del profilo professionale dell’insegnante e, soprattutto, alla definizione di nuovi profili professioni e di nuovi contenitori educativi, complementari alla Scuola e radicati sul territorio, a sostegno dello sviluppo sociale e affettivo dei ragazzi. Nel frattempo è, sempre e soprattutto, alle famiglie che è affidato il compito primario e imprescindibile di crescere ed educare i figli, assicurando loro opportunità concrete e affettivo-relazionali per maturare in maniera appagante ed equilibrata. Chi le aiuterà e come?

Maria Rita Parsi

Psicoterapeuta e presidente Fondazione Movimento Bambino

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