mercoledì, Aprile 24, 2024
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Milan Campione: quando la forza mentale e la compattezza aiutano a vincere

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Milan campione: quando la forza mentale e la compattezza aiutano a vincere

Intervistato dopo la vittoria sulla Fiorentina (1° maggio) sui programmi serali che prevedevano teoricamente la visione della partita dell’Inter a Udine, Rafael Leão rispondeva che lui si interessava solo delle partite del Milan. Due settimane dopo, a ridosso della vittoria con l’Atalanta e sollecitato da un tv sulla partita dell’Inter a Cagliari che si stava per iniziare –  e che poteva decretare lo scudetto al Milan- Theo Hernandez glissava, dichiarando che si sarebbe recato e dedicato alla sua famiglia e in particolare al figlioletto nato da poche settimane.

Nella ridda di dichiarazioni dei calciatori, allenatori, addetti ai lavori dopo le partite, farcite spesso di frasi fatte e banalità, le risposte dei due calciatori del Milan apparivano non di circostanza e probabilmente sincere. Nelle settimane che hanno preceduto la vittoria finale, gli osservatori avevano notato una squadra fortemente concentrata che sembrava disinteressarsi degli elementi di fuori. Si dice che la società e l’allenatore avessero lavorato molto proprio per preservare il gruppo dalle interferenze esterne di qualsiasi genere.

La forza mentale non è di secondaria importanza nello sport. Lo ha dimostrato largamente Marcell Jacobs che era assistito costantemente da un mental coach alle Olimpiadi.

All’inizio della stagione calcistica gli addetti ai lavori, la stampa e generalmente la maggioranza dei commentatori considerava il Milan, squadra da 5/6 posto, nettamente inferiore a Inter, Juventus, Napoli, Atalanta e forse anche alla Roma di Mourinho. Ironia, scetticismo e scarsa fiducia avevano caratterizzato l’opinione generale sin da subito. In fondo si trattava di un gruppo di giovani con poca esperienza e di secondo piano anche nelle squadre dalle quale provenivano. Inoltre due attaccanti, Giroud e Ibrahimovic di ben 35 e 40 anni. Sembravano spacciati per la corsa scudetto e in gara al massimo per l’Europa League, sebbene l’anno precedente il Milan fosse arrivato al secondo posto dopo l’Inter, cosa che in molti trascuravano.

Nonostante il Milan si portasse presto nelle prime posizioni, erano in tanto a pensare che fosse solo una questione di tempo e che la situazione favorevole fosse determinata più che altro dalle difficoltà delle squadre avversarie. Nessuno avrebbe scommesso sulla vittoria finale e forse nemmeno sui piazzamenti nelle prime tre posizioni. Durante la stagione – come se non bastasse – si susseguono infortuni gravi e calciatori colpiti e fermati dal Covid.  A questa situazione si aggiungono presunti torti arbitrali nei confronti della squadra e presunti favori arbitrali per i rivali dell’Inter.

Insomma non è possibile che la squadra con questa rosa e con questi mezzi tecnici possa arrivare in fondo.  Eppure come diceva Nietzsche, se il nemico non lo ammazzi, lo rafforzi. Consci di questa situazione il gruppo prende atto dello scetticismo e della diffidenza in generale e si compatta sempre più. Tutti i calciatori della rosa – curiosamente- partecipano al gioco visto i numerosi infortuni e le necessarie sostituzioni. Si nota che chi siede in panchina sembra avere una rabbia agonistica che supera quella di chi sta in campo. In tanti si sbracciano urlano e incitano i loro colleghi che giocano. Ibrahimovic, Florenzi ma anche gli altri diventano quasi allenatori nello spogliatoio e a bordo campo che spronano i compagni con una veemenza non comune. Lo svedese addirittura, tiene lezioni ai compagni sulla tenuta e atteggiamento mentale di fronte alla vertigine delle prime posizioni. E poi a ogni gol si verificano scene di gioia collettiva come se non ci fosse differenza tra chi gioca e chi siede in panchina.

 I detrattori continuano a ricordare che il Milan è in testa per demerito dell’Inter – nettamente più forte secondo loro – ed è difficile che tenga, visto il calendario più difficile rispetto ai cugini.

Arriviamo alla battute finali. Gli avversari promettono a destra e a manca di giocare con il coltello tra i denti e di mettercela tutta per battere il Milan, anche quando non hanno obiettivi specifici, forse per un momento di gloria che ricorda la vicenda di Salieri e Mozart. Il Milan inanella una serie di vittorie consecutive nette, contro Lazio, Fiorentina, Verona e Atalanta  con l’epilogo eclatante di Reggio Emilia contro il Sassuolo. La differenza se si tratta di giocare in casa o in trasferta salta. Il Milan domina le partite come se fosse la cosa più semplice anche quando si trova in svantaggio come a Roma e a Verona. Come l’Italia del 1982 che fu aspramente criticata e si chiuse in un silenzio stampa, in una specie di lotta contro tutto e tutti per poi trionfare, la squadra rossonera psicologicamente e fisicamente raggiunge una condizione invidiabile così da poter vincere praticamente qualsiasi partita e agguantare le vittorie anche nei minuti finali come a Roma. E’ quella forza della mente e l’unità del gruppo a fare la differenza. Certo, senza valori tecnici e atletici non si va da nessuna parte. Logico che gli strappi di Leão, praticamente inarrestabile, il lavoro e crescita di Tonali, le parate di Maignan, la difesa impenetrabile di Kalulu e Tomori, l’estro di Theo Hernandez ,il lavoro di “assemblamento” di Pioli permettono di superare gli avversari. L’umiltà, l’unità, l’amicizia e la buona condizione psicoemotiva non bastano se non si è all’altezza dal punto di visto tecnico, atletico e tattico dei propri antagonisti.

Eppure la vittoria dello scudetto del Milan sembra dipendere moltissimo dal duro lavoro, dal pensiero positivo e dalla coesione interna. Qualità che se mancano non portano al successo nemmeno la squadra più dotata al mondo. Per fortuna dei tifosi rossoneri a digiuno da 11 anni di vittorie, le condizioni  menzionate sopra si sono verificate tutte contemporaneamente. Anche in maniera inaspettata per certi versi. E questo rende il successo ancor più esaltante per i protagonisti e i loro supporter.

Roberto Guidotti

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