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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Don Sturzo del 28 maggio alle 21.15 su Rai 5: “La mafia”

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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Don Luigi Sturzo del 28 maggio alle 21.15 su Rai 5: “La mafia

A chiudere la settimana del trentennale dalla Strage di Capaci, Rai Cultura propone lo spettacolo “La Mafia”, in onda sabato 28 maggio alle 21.15 su Rai 5.

Dal Teatro della Pergola di Firenze, Piero Maccarinelli dirige gli allievi attori dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” nel testo teatrale di Luigi Sturzo rappresentato per la prima volta nel 1900.

Il dramma getta luce sul torbido e persistente legame tra politica e criminalità e testimonia la battaglia di don Sturzo contro la mafia e la partitocrazia connessa alla corruzione, al clientelismo e all’abuso del denaro e del potere pubblico. Lo spettacolo è prodotto dalla Fondazione Teatro della Toscana. 

Piero Maccarinelli dirige gli allievi attori dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico” in “La mafia”, testo teatrale di Luigi Sturzo rappresentato nel 1900, che getta luce sul torbido e persistente legame tra politica e crimilità. Dal Teatro della Pergola di Firenze. Regia di Piero Maccarinelli.

Don Luigi Sturzo (ascolta[?·info]Caltagirone26 novembre1871 – Roma8 agosto1959) è stato un presbitero e politico italiano.

Gli anni della formazione

Luigi Sturzo nacque a Caltagirone il 26 novembre 1871 da Felice Sturzo e Caterina Boscarelli: il padre faceva parte della nobile famiglia dei Baroni d’Altobrando e la madre faceva parte di una famiglia borghese calatina. Fin da piccolo fu debole di costituzione fisica e quindi fu costretto a rimanere a casa, con le tenerissime cure dei genitori. Siccome non poté andare a scuola, andò al seminario di Acireale, dove soggiornò dal 1883 al 1886; qui conobbe Battista Arista, suo compagno di camerata. A causa del tempo cattivo che proveniva dall’Etna, dovette trasferirsi al seminario di Noto, in cui c’era un clima più mite: proprio grazie a questo poté restare presso tale seminario per due anni. Nel 1888 Luigi Sturzo andò al seminario di Caltagirone e fu un discepolo eletto e prediletto, il migliore, e qui si diplomò nello stesso anno del suo ingresso.

Il 19 maggio 1894 fu ordinato sacerdote alla chiesa del Santissimo Salvatore dal vescovo di Caltagirone Saverio Gerbino e nel 1896 alla Pontificia Università Gregoriana di Roma ottenne il baccellierato in teologia. Sempre nel 1894 s’iscrisse all’università della Sapienza di Roma e all’Accademia di San Tommaso d’Aquino. Luigi Sturzo, allo scopo di mettere in contatto gli studenti delle diverse regioni d’Italia, fondò l’Associazione dei Giovani Ecclesiastici, della quale divenne presidente il futuro vescovo di Bergamo Radini-Tedeschi e Sturzo divenne il vicepresidente. Mentre si preparava alle lauree, insegnò al seminario di Caltagirone filosofia, sociologia, diritto pubblico ecclesiastico, italiano e canto sacro.

Impegno civile e politico

Nel 1897 istituì a Caltagirone una Cassa Rurale dedicata a San Giacomo e una mutua cooperativa, che diede fastidio ai liberali conservatori e fondò anche il giornale di orientamento politico-sociale La croce di Costantino il 7 marzo dello stesso anno. I redattori de La croce di Costantino furono Mario Carfì, don Luigi Caruso, il canonico Filippo Interlandi-Taccia junior, il canonico Giacomo Compagno, il canonico Giuseppe Montemagno, il canonico Salvatore Cremona, Carmelo Caristia, Diego Vitale, Diego Caristia e il fratello di Luigi Sturzo, Mario Sturzo.[2][3] Quest’ultimo era un uomo colto, d’intelligenza sottile, e fu autore di romanzi e di racconti, come I RivaliIl figlio dello zuavo e Adelaide e nel 1903 sarebbe diventato Vescovo di Piazza Armerina.

Oltre ai consensi il giornale suscitò le ire dei massoni a causa del metodo rettilineo e coraggioso che usava Luigi Sturzo per ottenere i consensi, quindi il 20 settembre 1897 bruciarono una copia del giornale, nella piazza principale di Caltagirone. Con i fatti di maggio del 1898, le repressioni antioperaie di Bava Beccaris, gli stati d’assedio nelle principali città, il processo a Davide Albertario, si comincia a delineare l’impossibilità della convivenza all’interno dell’Opera dei Congressi fra conservatori e democratici cristiani.

Il mantenimento dell’unità dei cattolici, voluta da papa Leone XIII, diventava sempre più arduo. Il sacerdote di Caltagirone tentò invano di introdurre nell’Opera una riflessione sui problemi dell’Italia Meridionale, che aveva sempre più approfondito nell’esperienza diretta del mondo contadino negli anni della crisi agraria. “Pochi — scrisse Gabriele De Rosa — ebbero, come Sturzo, la conoscenza specifica della struttura agraria e artigianale siciliana e la sua capacità di analisi degli effetti negativi del processo di espansione del capitalismo industriale sui fragili mercati del Sud e sulla piccola e media borghesia agricola e artigiana locale, che si sfaldava sotto i colpi di una impossibile concorrenza. Tra le cause della disgregazione dei vari ceti artigianali in Sicilia, Sturzo indicava la ‘forte concorrenza delle grandi fabbriche estere o nazionali di materie prime’; la lotta ‘rovinosa’ che si facevano gli artigiani locali, la mancanza di capitali, l’indebitamento, l’impoverimento delle campagne dovuto alla crisi agraria”.

Luigi Sturzo nel 1900 fu visto tra i fondatori della Democrazia Cristiana Italiana, ma in realtà aveva pure rifiutato la tessera del partito, guidato da Romolo Murri, e nello stesso anno, essendosi scatenata in Cina la Ribellione dei Boxer, che volevano la cacciata degli stranieri dalla Cina, Sturzo presentò formale domanda al vescovo per partire missionario in quelle terre lontane, ma il vescovo, date le sue precarie condizioni di salute, gli negò il suo consenso e Sturzo ubbidì. Verso i primi anni del Novecento Luigi Sturzo divenne il collaboratore del quotidiano cattolico Il Sole del Mezzogiorno e nel 1902 guidò i cattolici di Caltagirone alle elezioni amministrative.

Nel 1905 verrà nominato consigliere provinciale della Provincia di Catania. Sempre nel 1905, alla vigilia di Natale, pronunciò il discorso di Caltagirone su “I problemi della vita nazionale dei cattolici”, superando il “non expedit”. Nello stesso anno venne eletto pro-sindaco di Caltagirone (mantenne la carica fino al 1920). Nel 1912 divenne vicepresidente dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia.

Nel 1915, essendo stato molto attivo nell’Azione Cattolica Italiana, divenne il Segretario generale della Giunta Centrale del movimento.