martedì, Aprile 23, 2024
Home > Anticipazioni TV > Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Ennio Flaiano del 25 giugno alle 15.45 su Rai 5: “La conversazione continuamente interrotta”

Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Ennio Flaiano del 25 giugno alle 15.45 su Rai 5: “La conversazione continuamente interrotta”

la conversazione

Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Ennio Flaiano del 25 giugno alle 15.45 su Rai 5: “La conversazione continuamente interrotta

Per il Grande Teatro di Ennio Flaiano in TV oggi pomeriggio sabato 25 giugno alle 15.45 su Rai 5 in onda la commedia “La conversazione continuamente interrotta” nella versione trasmessa dalla Rai nel novembre 1978 con la regia di Luciano Salce.

Interpretazione di Elisabetta Pozzi, Gianni Bonagura, Mario Maranzana, Antonio lodice, Marcello Massimi, Gabriele Antonini, Giorgio Albertazzí, Franca Tamantini e Lombardo Fornara.

Tre intellettuali si ritrovano per stendere insieme una sceneggiatura. La stesura procede con fatica e stancamente e diventa il pretesto per affrontare uno dopo l’altro nevrosi e dubbi personali in maniera distratta e incompleta, con risultati grotteschi.

Ennio Flaiano (Pescara5 marzo 1910 – Roma20 novembre 1972) è stato uno sceneggiatorescrittoregiornalistaumoristacritico cinematografico e drammaturgo italiano. Specializzato in elzeviri, Flaiano scrisse per OggiIl Mondo, il Corriere della Sera e altre testate. Lavorò a lungo con Federico Fellini, con cui collaborò ampiamente ai soggetti e alle sceneggiature dei suoi più celebri film, tra i quali La stradaLa dolce vita e .

«La parola serve a nascondere il pensiero, il pensiero a nascondere la verità. E la verità fulmina chi osa guardarla in faccia.»
(Ennio Flaiano, Un marziano a Roma)

Nato il 5 marzo del 1910 a Pescara nel quartiere antico Portanuova, in una casa sul corso G. Manthonè, ultimo di sette figli, da Cetteo Flaiano (18591943) e Francesca Di Michele (18731938), il giovane Ennio passa un’infanzia di viaggi e spostamenti continui tra PescaraCamerinoSenigalliaFermo e Chieti, tra scuole e collegi. Nel 1922 arriva a Roma (viaggiando il 27 ottobre in treno, per fortuita coincidenza, in compagnia di fascisti della Marcia su Roma, più tardi ne racconterà gustosi aneddoti). Nella capitale compie gli studi secondari superiori nel Convitto nazionale fino al liceo artistico (diplomato nel 1929) e si iscrive alla Facoltà di architettura, senza però terminare gli studi universitari[1].

All’inizio degli anni trenta, mentre divide una stanza in viale delle Milizie con il pittore Orfeo Tamburi e collabora come scenografo con Anton Giulio Bragaglia, conosce Mario Pannunzio[2]Telesio InterlandiLeo Longanesi e altre firme del giornalismo italiano, iniziando a collaborare alle riviste L’Italia Letteraria e Occidente scrivendo recensioni di libri. Dal 1933 al 1936, dopo un soggiorno a Pavia per frequentare la Scuola Ufficiali, partecipa alla Guerra d’Etiopia.

Tornato a Roma, nel 1938 collabora al settimanale Omnibus di Longanesi ed a Quadrivio. Nel 1939 inizia ad occuparsi di cinema, collaborando con il neonato settimanale Oggi per il quale scriverà per alcuni mesi recensioni in cui i giudizi sui film sono il pretesto per far emergere un «sotterraneo dissenso al regime[3]». Frequenta l’Antico Caffè Greco e le trattorie dove si incontra spesso con personaggi della vita letteraria e artistica romana quali Aldo PalazzeschiCarlo LeviLibero de LiberoSandro PennaVitaliano BrancatiVincenzo Cardarelli, ma anche Irving PennOrson Welles ecc. Nel 1940 sposa Rosetta Rota (19112003), insegnante di matematica nata a Vigevano, zia di Gian-Carlo Rota[4].

Nel 1942 nasce la figlia Luisa, soprannominata Lelè, la quale all’età di otto mesi inizia a dare i primi segni di una gravissima forma di encefalopatia che comprometterà tragicamente la sua vita. Splendide pagine su questo drammatico evento si trovano ne La valigia delle Indie. All’inizio degli anni quaranta collabora anche a diversi altri giornali, come critico teatrale, recensore letterario e cinematografico (anche con pseudonimi come Patrizio Rossi, Ezio Bassetto o Ennio Di Michele[5]) come «Cine Illustrato”, “Cinema“, “Storia di ieri e di oggi”, “Mediterraneo”, “Documento” “Il Popolo di Roma”, “Italia”[6].

Dal 1943 inizia a lavorare da sceneggiatore per il cinema. Al cinema lo legherà per sempre un rapporto di amore-odio. Nel 1945 è capocronista del quotidiano “Risorgimento Liberale“, poi passa a “Il Secolo XX” (alcuni articoli li firma con lo pseudonimo Pickwick), ma scrive anche su “Star”, “Mercurio” (rivista appena fondata da Alba de Céspedes), “Domenica” e “Città” e “La città libera”.

Seguono le collaborazioni a “Cinelandia” (settimanale da lui fondato che dura cinque mesi del 1946), “Omnibus” (l’edizione diretta da Salvato Cappelli, successiva a quella ormai chiusa prima della guerra), “Film Rivista”, “Giornale di Sicilia“, quindi “L’Europeo“, “La Voce Repubblicana“, “Corriere di Milano”, “Bis” (rivista diretta da Giuseppe Marotta) ecc. Nel 1947 vince il primo Premio Strega con Tempo di uccidere,[7] appassionato romanzo sulla sua esperienza in Etiopia, scritto in appena tre mesi dietro espressa richiesta di Leo Longanesi.

L’attività giornalistica a questo punto si concentra solo su “Il Mondo” di cui è caporedattore fino al 1951. Tiene la rubrica “Diario notturno” (poi raccolta in volume da Bompiani1956). Tra il 1947 e il 1971 Flaiano scrive alcune tra le più belle sceneggiature del cinema del dopoguerra, collaborando a film di registi quali Federico Fellini (10 film), Marcello Pagliero e Alessandro Blasetti (4 ciascuno), Luigi ZampaLuciano Emmer e Gianni Franciolini (3 ciascuno), Romolo MarcelliniAlberto LattuadaCamillo MastrocinqueMario SoldatiMario MonicelliDino Risi e Gian Luigi Polidoro (2), ma anche Renato CastellaniRoberto RosselliniWilliam WylerDomenico PaolellaMichelangelo AntonioniAntonio PietrangeliEduardo De FilippoPietro GermiElio Petri e altri ancora.

All’attività di giornalista si dedica con articoli sul Corriere della SeraTempo presenteL’Illustrazione ItalianaCorriere d’Informazione e l’Espresso, poi (dal 1964) con L’Europeo. Negli anni sessanta inizia un periodo di viaggi e relazioni internazionali[8], si reca in Spagna (dove collabora con il regista Luis Berlanga), a Parigi (dove scrive per Louis Malle un film poi non realizzato) e ad Amsterdam (per La ragazza in vetrina), a Zurigo (per incontrare la vedova di Thomas Mann, sul cui Tonio Kröger sta scrivendo un film) e a Hong Kong (per un film di Gian Luigi Polidoro), quindi negli Stati Uniti (per l’Oscar a ), di nuovo a Parigi (dove scrive una sceneggiatura tratta dalla Recherche di Proust per René Clément, film che non si riuscirà a fare), a Praga (dove incontra Miloš Forman) e in Israele (viaggio raccontato sulle pagine dell'”Europeo” nel 1967).

Altri progetti coinvolgono George CukorRex Harrison, il Canada (per il film Le voyager, non realizzato), arriva persino a immaginarsi regista di un film americano che non riesce a fare[9]. All’inizio di marzo 1970 viene colpito da un primo infarto. “Tutto dovrà cambiare”, scrive tra i suoi appunti. Va a vivere solo in un residence, portandosi pochissimi libri. Nello stesso tempo comincia a mettere ordine tra le sue carte, per dare alle stampe una versione organica della sua instancabile vena creativa: appunti sparsi su fogli di ogni tipo vengono lentamente catalogati. Ma gran parte di questo corpus di scritti è destinato a essere pubblicato postumo.

Il 5 novembre 1972 pubblica nel Corriere della Sera il suo ultimo articolo, di carattere autobiografico. Il 20 novembre dello stesso anno, mentre è in clinica per alcuni accertamenti, viene colpito da un secondo, questa volta fatale, infarto. La figlia Lelè morirà nel 1992. La moglie Rosetta è morta alla fine del 2003. La famiglia è riunita nel cimitero di Maccarese, vicino a Roma[10]. Il suo archivio è conservato presso il Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia[11], mentre un consistente “fondo Flaiano”, comprendente materiale cinematografico, disegni e numerosa altra documentazione della sua attività, è attualmente custodito e consultabile presso la Biblioteca Cantonale del Ticino a Lugano, alla quale fu donato dalla moglie Rosetta, che si era stabilita in quella città dopo la morte dello scrittore[12].