sabato, Aprile 20, 2024
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Il Prof. Giorgio Giannini:”Doveroso restituire le opere d’arte trafugate dalle colonie”

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Il Prof.Giorgio Giannini:”Doveroso restituire le opere d’arte trafugate dalle colonie”

Roma – Tutti i Paesi europei che hanno avuto Colonie, in Africa, in Oriente o nelle Americhe, hanno portato via molti manufatti, esposti in Musei ed in raccolte private. Molto spesso non si tratta solo di “oggetti” belli o in qualche modo interessanti, ma di vere “opere d’arte”, che raccontano la Storia e la Cultura dei Paesi colonizzati, i quali, pertanto, non hanno più un pezzo del loro passato. 

Probabilmente l’Africa è il continente  più “saccheggiato”.  In particolare, dall’Africa Centrale, soprattutto dal Congo, che è nato nel XIX secolo come “possedimento personale del Re Leopoldo del Belgio”, sono stati sottratti circa 180.000 manufatti artistici.

Inoltre, dall’antico Regno del Benin, attuale Sud della Nigeria, sono stati portati via  più di 4.000 oggetti, soprattutto sculture in legno, alcune anche antiche in quanto realizzate nei secoli passati.

Inoltre, dal Kenya sono state portate via oltre 300 statue commemorative in legno,  conservate anche in vari Musei americani, anche universitari, che le hanno acquistate sul mercato internazionale delle opere d’arte. 

Il manufatto artistico africano più costoso è la scultura, proveniente  dal Camerun, che rappresenta la regina Bangwa, venerata come una divinità dalla sua gente, che è stata portata via dalla sua sacra dimora dall’esploratore  tedesco Gustav Conrau.

Negli ultimi decenni vari Musei ed Università hanno restituito una parte dei manufatti artistici posseduti. Al riguardo, l’Università di Yale ha restituito migliaia di manufatti portati via dal Perù.

La restituzione delle opere d’arte trafugate durante il periodo coloniale è un’azione doverosa perché serve alle Autorità dei Paesi dai quali sono state portate via, e che oggi sono degli Stati indipendenti, per ricostruire la loro Storia e la loro Cultura, e quindi la loro identità nazionale. Invece, molto spesso questi manufatti, conservati nei Musei o nelle raccolte private, anche se hanno un valore economico, talvolta anche grande, o sono ammirati per la loro bellezza artistica, non hanno alcun “significato” storico o culturale per chi li possiede e quindi, come si usa dire, sono “privi di vita”.

Il nostro Paese ha provveduto da alcuni decenni, non senza polemiche, a restituire  alcune opere d’arte prelevate dalle ex colonie africane. L’oggetto più famoso è la Stele di Axum, un obelisco realizzato tra il I ed il IV secolo, alto 23 metri e pesante 150 tonnellate, portato via da quella sacra località dell’Etiopia il 3 maggio 1935 (durante la guerra fatta dal regime fascista) e collocata solennemente il 28 ottobre  1937 (15° anniversario della “Marcia su Roma”) a Piazza di Porta Capena, davanti alla nuova sede del Ministero delle Colonie (che dal dopoguerra ospita la sede internazionale della FAO, l’Agenzia ONU per la lotta contro la fame nel Mondo).

La Stele è stata restituita al Governo etiope il 28 ottobre 2003 e, dopo essere stata restaurata a nostre spese, è stata  ricollocata solennemente ad Axum nel 2008.

Egualmente è stato restituita nel 1960 al Governo etiope la statua  in bronzo dorato, denominata il Leone di Giuda, opera dello scultore francese Georges Gardet, che la realizzò nel 1930 per la incoronazione dell’Imperatore Hailé Selassié, e che era stata portata via nel 1936 e collocata solennemente l’8 maggio 1937 (per il primo anniversario della proclamazione dell’Impero, dopo la conquista dell’Etiopia) davanti al Monumento agli Eroi di Dogali (i 430 soldati caduti nella omonima battaglia del 26 gennaio 1887 durante la Guerra contro l’Abissinia per il possesso dell’Eritrea), vicino alla Stazione ferroviaria “Termini” di Roma.  La statua è statua ricollocata nella Capitale etiopica Addis Abeba, ma non nell’ex Palazzo imperiale, bensì su un basamento in un giardino vicino alla stazione ferroviaria.

Sarebbe un’azione molto dignitosa da parte del nostro Governo la restituzione di altre opere d’arte “trafugate” dalle colonie africane prima che ne sia fatta la richiesta ufficiale da parte dei Governi interessati. In questo modo il nostro Paese dimostrerebbe al Mondo di aver “fatto i conti” con il proprio passato coloniale, almeno in parte, perché rimane il problema del riconoscimento della nostra responsabilità per le tragedie che la nostra “dominazione coloniale” ha comportato per quei Paesi, in primo luogo le oltre 500.000 vittime (circa 350.000 in Etiopia e 100.00 in Libia), per le quali si dovrebbe almeno “chiedere scusa”. In questo modo il nostro Paese potrebbe sedere a testa alta nel consesso delle Nazioni democratiche.     

Il Prof. Giorgio Giannini

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