venerdì, Marzo 29, 2024
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Sanità: Corte Costituzionale, sentenza scontata

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Sanità: Corte Costituzionale, sentenza scontata. Ma anche, mirato ricorso di ex Presidente Ordine Medici al Consiglio di Stato – Tanto rumore per nulla, sembra essere il risultato dopo le polemiche, più o meno accese, che si sono avute prima, durante e dopo la seduta della Corte Costituzionale che ha deliberato su “Obbligo vaccinale a tutela della Salute”. Sentenza di cui si attendono le motivazioni, e che è stata annunciata a mezzo comunicato stampa il 1dicembre 2022. Ne riportiamo per intero il contenuto.

“La Corte ha ritenuto inammissibile, per ragioni processuali, la questione relativa alla impossibilità, per gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiano adempiuto all’obbligo vaccinale, di svolgere l’attività lavorativa, quando non implichi contatti interpersonali.

Sono state ritenute invece non irragionevoli, né sproporzionate, le scelte del legislatore adottate in periodo pandemico sull’obbligo vaccinale del personale sanitario.

Ugualmente non fondate, infine, sono state ritenute le questioni proposte con riferimento alla previsione che esclude, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale e per il tempo della sospensione, la corresponsione di un assegno a carico del datore di lavoro per chi sia stato sospeso; e ciò, sia per il personale sanitario, sia per il personale scolastico.

È quanto rende noto l’Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale, in attesa del deposito delle sentenze.”

Un tecnicismo che a tanti, forse forzando le interpretazioni, probabilmente consente di alimentare le polemiche, prima ancora di conoscere le motivazioni di una sentenza che appare “scontata”.

Evitiamo i commenti, magari in attesa di leggere le motivazioni e riportiamo il testo del Comunicato Stampa, lasciando al lettore ogni valutazione inerente una così ampia tematica, così come sembra evincersi dalle risposte date.

Diversa e mirata, forse più precisa, la battaglia che intraprende l’ex Presidente dell’Ordine dei  Medici della Provincia di La Spezia, che ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, intendendo svolgere, come lui asserisce, una battaglia per la Democrazia. È voler vedere riconosciuto il dovere dei rappresentanti dell’Ente di governare nel più assoluto rispetto del dettato costituzionale che recita “la sovranità appartiene al popolo”.

Ricordiamo che ci siamo già occupati del caso dell’Ordine di La Spezia, che ha sospeso il Presidente per aver palesato dubbi inerente la sospensione dei colleghi non “sierati” e che in scienza e coscienza, si rifiutavano di inoculare quei farmaci che oggi sembrano essere sempre più privi della dovuta sperimentazione. Così sembra essere attestato dalle varie dichiarazioni internazionali di alti responsabili delle aziende produttrici, poi riportate dai media.

Anche qui, per correttezza, riportiamo per intero la lettera che l’ex presidente, Dott. Sandro Sanvenero ha inviato a tutti i suoi iscritti.

“Carissimi colleghi, dopo profonda riflessione ho deciso di appellarmi al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR.

Sentenza che tutti noi che viviamo il nostro Ente ben conosciamo. Sentenza che mi ha visto soccombere in ordine alla istanza di ripristino dell’organo che mi vedeva svolgere la carica elettiva di presidente.

Desidero che sia a tutti ben chiaro, che non ho preso questa decisione né per un fatto di ego personale né per altri motivi legati alla mia persona: ho deciso di farlo perché credo sia indispensabile far passare il principio che i vertici dell’Ente abbiano il dovere di rispettare la volontà espressa dalla maggioranza degli iscritti, fatto che, a mio avviso, non è più in essere.

Facile, ma altrettanto falso, far credere che io voglia continuare questa mia battaglia con l’unico fine di rientrare nella carica di “Presidente”.

Chi ritiene, e so che vi sono colleghi che lo dicono negli attuali vertici dell’Ente, che io continui questa battaglia per tali fini forse parametra i miei comportamenti con quelli a cui lui si attiene.

Io non ho necessità di protagonismo o di carrierismo. Io combatto, e combatterò sempre, perché i principi di libertà, autodeterminazione, rispetto della delega e degli altri esseri umani, siano al centro di un Ente che è composto da iscritti, colleghi, che nel giuramento di Ippocrate hanno la propria bussola.

Essere il Presidente del nostro Ente è un onore, un servizio, un impegno, non uno scranno attraverso il quale avere vantaggi.

La mia decisione di ricorrere al Consiglio di Stato è una battaglia per la Democrazia. È voler vedere riconosciuto il dovere dei rappresentanti dell’Ente di governare nel più assoluto rispetto del dettato costituzionale che recita “la sovranità appartiene al popolo”.

Da questo principio, questa la mia opinione, deriva il dovere di rispettare il vincolo di fiducia tra i rappresentati (gli elettori) ed i rappresentanti (gli eletti) e, conseguentemente, il principio che gli “eletti” devono rispettare la volontà espressa dagli “elettori”.

Non interessa qui analizzare le prove, oramai sotto gli occhi di tutti, che dimostrano come la finalità posta dalla Legge alla base dei provvedimenti di sospensione dei colleghi che non ritennero di vaccinarsi fosse irraggiungibile.

Non interessa nemmeno ribadire che privare una persona, chiunque, in questo caso un collega, della possibilità di lavorare e sostenere la propria famiglia, motivandola con il mancato rispetto di compiere atti utili alla “prevenzione dell’infezione da SARS-COV-2”, fosse un ricatto. Ricatto a cui l’Ente doveva opporsi semplicemente perché l’evidenza ne dimostrava la “non veridicità” dell’assunto; da cui la maggioranza degli iscritti, molti vaccinati contro la medesima SARS-COV-2, riteneva quella misura iniqua e vessatoria.

Non interessa nemmeno notare come la motivazione di prevenire fosse irraggiungibile e, conseguentemente, fosse illegittima ed illegale l’imposizione del trattamento sanitario, addirittura contro la volontà del soggetto, nostro collega, obbligato ad un trattamento sanitario per non perdere il proprio lavoro e, in molti casi, la capacità di sostenere attraverso quello la propria famiglia ancor prima di sé stesso.

I fatti, facili da prevedere, hanno dimostrato che detto obbligo non sarebbe stato funzionale al raggiungimento dell’obbiettivo asserito.

L’etica portava molti colleghi, molti vaccinati, a ritenere che, non rilevando tale atto nella tutela della salute altrui, non si poteva togliere il diritto ad un altro soggetto di decidere sul proprio corpo.

Da tutto questo si rileva l’assoluto spregio del valore profondo della Democrazia che, con il fine di non veder rispettati i valori sopra esposti, è stato compiuto mediante la mia rimozione dalla Presidenza.

È ad atti del nostro Ente il fatto che, per ben due volte, la maggioranza degli “elettori” si è espressa contro la volontà della maggioranza degli “eletti” di rimuovermi dal ruolo di Presidente.

In prima istanza attraverso dichiarazioni scritte e, successivamente, nel corso di una Assemblea convocata diversi giorni prima dell’avvio dell’iter che ha portato alla mia decadenza.

Assemblea che aveva all’ordine del giorno la votazione sulla “corrispondenza” della linea politica che avevo manifestato di voler tenere e la volontà della maggioranza degli iscritti.

A fronte degli atti che l’attuale vertice dell’Ente ha ritenuto di tenere nonché del rifiuto dell’attuale Presidente di “ritornare al voto” come richiesto espressamente dall’Assemblea, altro non rimaneva che ricorrere all’Autorità giudiziaria. Ritenendo il giudizio del TAR della Liguria, che ha rigettato il mio ricorso, criticabile per le motivazioni espresse, esso è appellabile all’organo superiore.

Dichiarando sin da ora che, nel caso il Consiglio di Stato, dovesse dare ragione alle motivazioni che io addurrò in sede di giudizio, farò in modo di riportare senza indugio al voto gli iscritti, ti chiedo di sostenere economicamente l’eventuale condanna con un contributo economico, dell’importo che potrai, sul conto corrente appositamente aperto al seguente IBAN IT08M0306910700100000065962. Sin da ora, inoltre, garantisco che, se non ci sarà condanna economica restituirò l’intera cifra a chi mi avrà onorato con il proprio sostegno e che non divulgherò mai i nominativi dei colleghi che avranno voluto supportarmi in questa battaglia che io desidero portare avanti esclusivamente per ripristinare la democrazia all’interno del nostro Ente.

Desidero concludere questa mia ringraziandoti, caro collega, per il tempo che mi avrai dedicato nel leggerla e garantendoti che la mia stima rimarrà immutata sia se vorrai affiancarti alla mia decisione, sia se preferirai rimanere terzo ad essa.

Sono certo che, qualsiasi sia la tua determinazione in ordine alla mia istanza di supporto, tu, come me, desideri vedere ripristinato il rapporto di delega fra coloro che, pro tempore, esercitano il compito di governare il nostro Ente e l’assemblea degli iscritti.

L’occasione mi è gradita per inviarti i miei più cordiali saluti.”

Due modi diversi di trattare un tema che ha diviso l’Italia in due parti, innescando accese polemiche.  La prima che ha prodotto una generica interpretazione del passato, la seconda, più mirata, forse potrà dare una risposta più precisa, essendo quasi una domanda diretta, e che probabilmente potrebbe costituire  presupposto essenziale per il futuro.

Ettore Lembo

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