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Anticipazioni per il Grande Teatro di Manzoni in TV del 7 giugno alle 19.40 su Rai 5: “I Promessi Sposi – Parte 3″ regia di Salvatore Nocita

promessi sposi

Anticipazioni per il Grande Teatro di Manzoni in TV del 7 giugno alle 19.40 su Rai 5: “I Promessi Sposi – Parte 3″ regia di Salvatore Nocita – Dopo la trasmissione integrale de “I promessi sposi” manzoniani nella storica edizione diretta da Sandro Bolchi, Rai Cultura ripropone la miniserie diretta da Salvatore Nocita nel 1989, in onda da lunedì 5 giugno alle 18.40 su Rai 5.

Nel cast Danny Queen, Delphine Forest, Burt Lancaster, Alberto Sordi, Franco Nero, Dario Fo e Walter Chiari. 

Seguendo il racconto manzoniano e ambientato tra il 1629 e il 1631, l’adattamento di Nocita narra la storia di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, popolani lombardi costretti a separarsi e a sopportare mille peripezie a causa delle prepotenze del signorotto Don Rodrigo e della pavidità di don Abbondio, interpretato da un indimenticabile Alberto Sordi.

Durante il loro viaggio troveranno varie persone disposte ad aiutarli, da Fra Cristoforo all’Innominato, da Federigo Borromeo a Donna Prassede. 

I promessi sposi è una miniserie televisiva italiana del 1989, diretta da Salvatore Nocita. Prodotta dalla Rai, la storia è tratta dall’omonimo romanzo storico del XIX secolo scritto da Alessandro Manzoni.

La regia è di Salvatore Nocita. La produzione, interna Rai con tecnica cinematografica, è stata realizzata dal CPTV di Milano.

È stato realizzato 22 anni dopo lo sceneggiato televisivo I promessi sposi diretto da Sandro Bolchi.

Nella sua prima messa in onda (novembre-dicembre 1989) lo sceneggiato è stato visto da una media di 14 milioni di spettatori.

Il film vinse il Telegatto 1990 come migliore trasmissione della stagione.

Alcune immagini dello sceneggiato vennero incluse in un’edizione de I promessi sposi edita da Rai Eri e distribuita in esclusiva dai supermercati GS.

Ambientato nella Lombardia sotto il dominio spagnolo tra il 1629 e il 1631, l’adattamento narra la celeberrima storia di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due popolani lombardi. La scena iniziale riprende l’incipit manzoniano sui luoghi in cui è situata la storia.

Un pomeriggio di novembre, su una stradetta di campagna il parroco del paese, Don Abbondio, prega leggendo il breviario tenuto tra le mani, quando scorge a un bivio che biforca la strada due bravi; timoroso alla loro vista, il prete intuisce il pericolo, ma al crocicchio i due gli si parano davanti: con poche, sprezzanti frasi gli intimano minacciosamente, per conto di Don Rodrigo, di non celebrare il giorno dopo il matrimonio tra i due giovani fidanzati.

Spaventato, Don Abbondio corre a casa: temendo di perdere la vita, quando Renzo arriva da lui, vigliaccamente fa finta di stare ammalato, accampando altre scuse per non sposare la coppia. Ma Renzo subodora qualcusa di strano nella messinscena del meschino parroco e quando scorge la perpetua nell’orto davanti alla casa, le si avvicina. Questa gli fa intuire qualcosa dietro alla strana condotta assunta dal prete, e lui rientra a casa di lui per esigere altre spiegazioni.

Il querulo parroco, nel frattempo nascostosi a letto, alla fine confessa: la persona che impedisce il matrimonio è Don Rodrigo, un prepotente signorotto della zona. Inveendo, Renzo si dirige in tutta fretta alla casa di Lucia, che si sta preparando alle nozze.

Quando chiede di vedere la fidanzata, Lucia rivela che Don Rodrigo la importunava anche durante il suo lavoro, ma aveva taciuto con tutti sperando che egli perdesse interesse nei suoi confronti. Interviene la madre di Lucia, che consiglia di interpellare Fra’ Cristoforo, un monaco amico. Lucia dice di averlo fatto.

Costretti a separarsi e a sopportare mille peripezie a causa delle prepotenze del signorotto Don Rodrigo deciso a impedire il loro matrimonio. Tuttavia durante il loro viaggio troveranno varie persone disposte ad aiutarli, da fra Cristoforo all’Innominato (prima crudele e poi convertitosi), da Federigo Borromeo a donna Prassede.

Parte 3 – I tumulti di Milano, la fuga nella bergamasca, il rapimento di Lucia e l’Innominato (XI-XXIV)

A Milano, Renzo, non potendo subito ricoverarsi nel convento indicatogli da fra Cristoforo dato che padre Bonaventura è in quel momento assente, rimane coinvolto nei tumulti scoppiati in quel giorno per il rincaro del pane, tumulti che andranno sotto il nome di tumulti di San Martino, perché scoppiati per l’appunto l’11 di novembre[117]. Renzo si fa trascinare dalla folla e pronuncia un discorso in cui critica la giustizia, che sta sempre dalla parte dei potenti[118]; è tra i suoi ascoltatori un «birro» in borghese, intenzionato a trovare il modo per arrestarlo. Renzo si ferma in un’osteria dove, con uno stratagemma, il poliziotto viene a conoscenza del suo nome. Una volta andato via costui, Renzo si ubriaca e rivolge nuovi appelli alla giustizia agli altri avventori[119]. Il mattino dopo Renzo viene arrestato, ma riesce a fuggire dopo aver incitato la folla contro le poche guardie che scappano, e si ripara nella zona di Bergamo, nella Repubblica di Venezia, da suo cugino Bortolo, che lo ospita e gli procura un lavoro sotto falso nome[120]. Intanto la sua casa viene perquisita ed egli viene fatto credere che sia uno dei capi della rivolta. Nel frattempo il conte Attilio chiede a suo zio, membro del Consiglio Segreto, di far allontanare fra Cristoforo, cosa che il conte ottiene dal padre provinciale dei cappuccini: in questo modo padre Cristoforo viene trasferito a Rimini[121].

«Di costui non possiamo dare né il nome, né il cognome, né un titolo, e nemmeno una congettura sopra nulla di tutto ciò: cosa tanto più strana, che del personaggio troviamo memoria in più d’un libro (libri stampati, dico) di quel tempo.»
(I promessi sposi, capitolo XIX, pp. 371-372)

Don Rodrigo chiede aiuto all’Innominato, potentissimo e sanguinario signore, che però da qualche tempo riflette sulle proprie responsabilità, sulle vessazioni di cui si è reso autore o complice per attestare la propria autorità sui signorotti e al di là della legge, e sul senso della propria vita.

Con l’aiuto di Egidio e la complicità di Gertrude, l’Innominato fa rapire Lucia dal Nibbio, e la fa portare al suo castello[122]. Terrorizzata, la ragazza supplica l’Innominato di lasciarla libera e lo esorta a redimersi dicendo che «Dio perdona molte cose per un atto di misericordia».

La notte che segue è per Lucia e per l’Innominato molto intensa: la prima fa un voto di castità alla Madonna perché la salvi e quindi rinuncia al suo amore per Renzo; l’altro trascorre una notte orribile e piena di rimorsi, e sta per uccidersi quando scopre, quasi per volere divino (le campane suonano a festa in tutta la vallata), che il cardinale Federigo Borromeo è in visita pastorale nel paese[123].

Spinto dall’inquietudine che lo tormenta, la mattina si presenta in canonica per parlare con il cardinale. Il colloquio giunge al culmine di una tormentata crisi di coscienza che egli maturava da tempo e sconvolge l’Innominato, che si converte impegnandosi a cambiare vita, iniziando con il liberare Lucia[124].

Foto interna ed esterna: https://www.rai.it/ufficiostampa/assets/template/us-articolo.html?ssiPath=/articoli/2023/06/I-promessi-sposi-d2d45104-b8ea-4bd0-ac28-7a50cd0bcb1a-ssi.html