Ieri e oggi: il colpo di stato in Myanmar
Di Nicola Comparato
Sono passati poco più di due anni, da quel 1° febbraio del 2021, quando l’esercito del Myanmar (Birmania) prese il potere con un colpo di stato. La giunta militare, attualmente ancora al governo, fece arrestare i più importanti leader del partito di maggioranza (Lega Nazionale per la Democrazia), e tra questi Aung San Suu Kyi (78 anni e premio Nobel per la pace nel 1991), eletta democraticamente dal popolo e a capo del governo allora in carica.
Durante questo arco di tempo, migliaia sono state le persone uccise e perseguitate dal nuovo governo, e di conseguenza tantissime sono state le proteste della popolazione (come ad esempio lo sciopero generale organizzato in occasione del secondo anniversario del colpo di stato). A guidare il golpe fu il capo delle forze armate della Birmania, il generale Min Aung Hlaing, autoproclamatosi poi Primo Ministro del paese. Il colpo di stato avvenne lo stesso giorno in cui avrebbe dovuto riunirsi il nuovo parlamento eletto alle elezioni precedenti nell’anno 2020. La Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi, sconfisse pesantemente i militari sostenitori del Partito per la solidarietà e lo sviluppo dell’Unione. Questi ultimi poi, non accettando la sconfitta, avrebbero in seguito accusato il partito LND di eventuali brogli elettorali per ottenere la vittoria. In un clima di grande tensione, si arrivò fino al colpo di stato del 1° di febbraio 2021. Inizialmente i militari interruppero le comunicazioni nella capitale Naypyitaw e in altre località, dichiarando in seguito lo stato di emergenza. Questi fatti gravissimi causarono immediatamente la reazione del popolo birmano, con proteste organizzate in tantissime città. I media riportarono notizie di uccisioni e arresti di massa, oltre a decine di sfollati in fuga dal paese.
Col passare dei mesi poi, le manifestazioni pacifiche di opposizione nei confronti della giunta militare si trasformarono in una vera e propria resistenza armata (ad esempio le Forze di difesa del popolo), che assunse col tempo i contorni di una “ufficiosa” guerra civile. Questi gruppi furono inoltre accusati di terrorismo dalla dittatura militare, soprattutto a causa di imboscate e attacchi contro l’esercito, che rispose agli scontri in modo sempre più violento. Tra gli episodi più tragici e recenti, possiamo ricordare quello avvenuto a settembre dell’anno scorso nei pressi di Tabayin, in una scuola situata a circa 100 chilometri a nord-ovest di Mandalay, dove persero la vita 13 persone.
Oltre agli episodi di violenza da parte della giunta militare, è da citare anche il processo contro Aung San Suu Kyi, accusata di importazione e detenzione illegale di walkie-talkie/ricetrasmittenti, violazione delle norme di sicurezza del paese imposte per contrastare la diffusione del Covid19 e corruzione, con una condanna a 33 anni di reclusione. Inoltre la nuova dittatura militare, (anche se come sappiamo il Myanmar fu governato da un regime militare dal 1962 al 2011), dichiarò di aver condannato a morte ben 4 oppositori politici, un fatto che fece molto scalpore nel paese, che non eseguiva pene capitali dal 1988. Recentemente pare che i metodi della dittatura si siano in qualche modo “ammorbiditi”. Alcuni prigionieri politici sono stati scarcerati, ma la repressione nei confronti degli oppositori del regime è ancora molto dura, tanto che ad alcuni partiti sarà impossibile partecipare alle prossime elezioni. I Paesi membri della comunità internazionale, in risposta al colpo di stato, hanno imposto pesanti sanzioni contro il paese, per cercare di indebolirlo il più possibile, considerando soprattutto che la maggior fonte economica dello stato è da attribuire all’industria tessile e all’agricoltura.
Ad oggi la situazione in Myanmar è di totale instabilità e arretratezza. Tra le ultime notizie in data 23 luglio 2023, spicca quella riguardante l’uccisione di circa 14 persone, morte in seguito ad un violento raid effettuato dall’esercito contro i ribelli delle Forze di difesa del popolo, ovvero i rivoluzionari che combattono contro la giunta militare. Gli scontri tra le due fazioni, hanno interessato le regioni di Sagaing e Magway, oltre agli stati di Kayah, Kachin e Karen in questi ultimi giorni. I media locali inoltre hanno parlato di civili uccisi dall’esercito non appartenenti ai ribelli. In questi giorni è intervenuto anche il segretario di Stato degli USA Anthony Blinken, per invitare la dittatura a porre fine alla violenza nei confronti della popolazione. Tuttavia, a quanto pare, le pressioni diplomatiche sono state inutili, e la difficoltà dei giornalisti di poter accedere al paese rendono ancora più complicato ogni tipo di verifica sul territorio e sulla violenza messa in atto dal regime nei confronti della popolazione birmana.
Fonte immagine: https://it.wikipedia.org/wiki/Aung_San_Suu_Kyi#/media/File:Remise_du_Prix_Sakharov_%C3%A0_Aung_San_Suu_Kyi_Strasbourg_22_octobre_2013-18.jpg; CC BY-SA 3.0; File:Remise du Prix Sakharov à Aung San Suu Kyi Strasbourg 22 octobre 2013-18.jpg; Creato: 22 ottobre 2013
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