lunedì, Aprile 21, 2025
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Macerata nel futuro, quali prospettive?

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Macerata nel futuro, quali prospettive?

di Luciano Magnalbò

Si è svolto presso il Teatro salesiano Don Bosco di Macerata, su iniziativa del Presidente della Associazione “Le Casette”, Prof. Pierluigi Pianesi, un convegno sulle “Prospettive e direzioni di sviluppo socio -economico della città e della sua provincia” in occasione della presentazione del libro di Romano Ruffini “Macerata e l’esposizione regionale delle Marche 1905”. Relatore il Prof. Mario Baldassarri, Presidente ISTAO, e le conclusioni affidate al Sindaco di Macerata dott. Sandro Parcaroli.

Dal convegno, di non facili conclusioni, è emerso che Macerata, pur moribonda, può anche risorgere, a condizione che sulle sue macerie vengano attuate nuove regole riguardanti la viabilità, il contesto socio -economico – antropologico – culturale, le connessioni e il coordinamento con gli altri insediamenti territoriali, fino a Civitanova, e la necessità di unione di servizi con altre comunità comunali, che a Macerata fanno da satellite.

In un suo breve intervento non previsto S.E. il Vescovo Monsignor Marconi, uomo di lucido intelletto, ha messo in chiaro che prima di tutto Macerata deve essere a servizio della gente, intendendo con ciò che deve aprirsi, rinvivirsi, rinascere.

Personalmente ho ritenuto di non intervenire per non appesantire il già complesso discorso; ma siccome – a prescindere dal caro e antico amico Pierluigi Pianesi – le Casette, di cui fu Zar Pietro Briscoletta il Grande, mi stanno nel cuore, sviluppo le mie tesi con questo articolo.

Macerata nel passato

Non si può guardare al futuro senza conoscere il passato.

Macerata è una città che più o meno risale all’anno mille, quando gli abitanti di Ricina decisero di spostarsi sul colle a causa dei briganti di strada e delle zanzare.

Quasi subito arrivarono i figli di Alberto (o Adalberto) detto Compagnone, un franco che si era impossessato di vasti territori a partire dalle pendici dei monti, sotto i piani di Ragnolo, ed estesi da pian di Pieca in giù.

I figli di Compagnone si chiamavano Montanello, Morico e Carbone, e alla sua morte si spartirono la campagna attorno alla nuova città, chiamata Macerata: a Montanello andò la fascia che dall’alto guarda a nord sulla valle del Potenza, oggi contrada Montanello, a Morico una parte piuttosto scoscesa che guarda per un tratto sulla valle del Chienti (Cluentum), oggi contrada Morica; a Carbone non si sa, forse era premorto (ma i Carboni furono una insigne famiglia in Macerata), mentre il territorio tra Montanello e Morica fu considerato fuori dell’ asse ereditario, tanto che oggi risulta nominato contrada Furiasse.

Macerata, poiché ancora non esisteva, si salvò da Vandali, Unni, Visigoti, Goti, Longobardi e Bizantini, mentre nei secoli successivi alla sua fondazione fu soggetta alle scorrerie e agli assedi di parecchi piccoli Capitani di Ventura.

Tra questi il più famoso fu il Mostarda, operante nel territorio a metà del XV secolo: costui sopravviveva con la sua compagnia, formata da vagabondi, straccioni, disertori, ricercati per i reati più vari e più ignobili, e bricconi di ogni tipo, assediando i vari castelli e chiedendo un riscatto: se il castello non si piegava, la compagnia devastava ed incendiava i campi. E di solito poco dopo il castello, per non avere ulteriori seccature, si piegava.

In un archivio privato rimangono delle rime scritte di pugno da questo condottiero in occasione dell’assedio di Macerata, coinciso con il 31 agosto di quel corrente anno. Il Mostarda ce l’aveva con San Giuliano:

Maciarata lu patrono / Se l’ha scelto su lo mazzo, / ha ‘mmazzato patre e matre / e no’ je ne frega un ca… / Maciarata va destrutta, / encendiata e devastata / e ce penza lo Mostarda / dopo quanno l’ha ‘ssediata. / E po’ jimo jò le Fosse, / do che sta le paparelle, / e a la faccia de ‘sso santo / ce frechimo pure a quelle.

Alcuni discendenti del Mostarda sono ancora attivi, ma hanno modificato le strategie adattandole alla evoluzione della realtà politico-economico-sociale come da essi intesa; l’ultimo e più noto di tali discendenti è quel novello Boldrinello che in otto anni di assedio dall’interno, con la sua compagine di uomini e donne seguaci e propagatori di confuse idee antropologiche dettate dal pensiero unico, ha distrutto e devastato Macerata, lasciando dietro di sé polvere e macerie.

Macerata nel futuro

Questo studio riguarda quello che rimane della città, con il suo centro in via di desertificazione, i servizi essenziali quasi annullati, e il commercio in via di estinzione: l’unica entità ancora viva è l’Università, per fortuna una eccellente Università.

Ritornando a ciò che dissero il relatore e Mons. Vescovo, ho sviluppato il seguente protocollo, di cui alcune parti possono sembrare surreali e provocatorie, pur partendo da una semplice razionalità rivolta al futuro.

A)-SERVIZIO: la città deve essere a pieno servizio della gente di qualsiasi colore e tipo, priva di barriere spirituali e materiali, ordinata, pulita, sgombra di canaglie, spacciatori, bulli, violentatori di uomini e donne, pedofili, truffatori, evasori fiscali, e masse di idioti che intervengono su tutto.

1-La città per essere ben fruita nei servizi necessita di nuove connessioni, e questo può essere garantito da un parco navette, formato da piccoli elicotteri che, muovendo senza soluzione di continuità dalla zona Valleverde di Piediripa e dal nuovo Polo Fieristico di Villa Potenza, atterrano gli uni al centro di piazza Mazzini, e gli altri al centro di piazza Garibaldi; e viceversa. Contemporaneamente dovranno essere messi a disposizione, presso ciascuna di dette stazioni, piccoli mezzi a trazione elettrica, per consentire ad anziani e maldeambulanti la miglior fruizione della città. Appare utile, a sussidio del tutto, impiantare una scala mobile sulla c.d. piaggia della Torre, che unisca piazza Mazzini a Piazza della Libertà.

2-Tribunale, uffici finanziari e uffici pubblici di qualsiasi genere e tipo debbono essere traferiti in territorio pianeggiante limitrofo alla città e lungo la superstrada S.S. 77, muniti di parcheggi progettati in modo ampio, e programmati per il futuro. Tali insediamenti debbono essere serviti da sufficienti bar, ristoranti, asili nido e sportelli bancomat, siti in strategica posizione rispetto alla funzione cui sono diretti.

3-Presidi sanitari: ok a un ospedale centralizzato con reparti di eccellenza, e con posti letto da calcolarsi con appositi algoritmi, da collocarsi appena all’esterno della città, raggiungibile da essa e dal circondario mediante percorsi stradali di elevata dimensione, confluenti in parcheggi di altrettanto elevata superfice; mantenere però nel contempo presidi-satellite nel territorio della provincia, con funzioni di prima emergenza, valorizzando gli ospedali già esistenti, al fine di non lasciare sguarnite le relative comunità, specie quelle più lontane dalle attrezzature centrali. Programmare – a corollario dell‘insediamento dell’ospedale centralizzato – l’allestimento di locali per la ricezione e permanenza dei parenti dei ricoverati, asili nido ad uso delle addette sanitarie; e come per gli uffici pubblici prevedere in loco bar, ristoranti, bancomat e esercizi commerciali di quotidiana frequentazione quali tabaccherie, rivendite di giornali e di valori bollati, con pagopa e ricariche telefoniche etc., siti in strategica posizione rispetto alla funzione cui sono diretti.

4-In via fisiologica vanno previsti in ogni quartiere bagni pubblici ad uso promiscuo senza ticket, dove evacuare e mingere, corredati da docce, saune e vasche calde e fredde a scopo di ristoro, e muniti di personale adeguato e preparato nel praticare massaggi terapeutici, rilassanti, e altro. A tali usi possono essere riservati i fabbricati vecchi e nuovi dell’antica Caserma, oggi sede di uffici comunali e finanziari.

5-Necessita porre fine allo scandaloso meretricio in via, che costringe le lavoratrici e i lavoratori del settore a sacrifici fisici e mentali, nonché a subire volgari apprezzamenti da parte di terzi. Occorre attivare tutele soprattutto per le donne al fine di rendere sicura, la loro fruizione del piacere in locali a tal fine idonei.

6-Apertura. La città si apre quando mette a disposizione sé stessa per accogliere nel suo seno individui di ogni genere, cultura, provenienza, colore, pelle, tradizione, educazione e religione.

1-Macerata città aperta: occorre favorire la permanenza di singoli e nuclei familiari che decidono di stabilirsi in ognuno dei quartieri della città, privilegiando in questa operazione di antropizzazione spontanea l’esangue centro storico. A tal fine programmare la ristrutturazione dei vecchi fabbricati, che renda più comoda la vita in base alle mutate esigenze, anche consentendo ascensori esterni di idonea fattura, trasparenti e ambientalmente non aggressivi e stravolgenti; realizzazione di un grande emporio multietnico nel palazzo degli studi di proprietà della Provincia, sito al centro del centro della città, comprensivo di reparti commerciali, di studio, di sanità fisica e mentale, e di punti ludici, inglobando gli esercizi rimasti in centro tramite la concessione di idonei sostanziosi incentivi. Di conseguenza adibire i locali lasciati liberi dagli esercizi commerciali a garage privati o pubblici, in modo che ogni abitazione sia fornita di tale servizio. A completamento la realizzazione di un ampio parcheggio sotterraneo, in coincidenza con la superficie della Piazza della Libertà, demolendo grotte e cunicoli di alcuna attrattiva e di nessun uso, così come Roma ha fatto in piazza Cavour, sul retro della Cassazione. Anche questo parcheggio, accessibile dalla salita del Duomo, aprirà la città ad una popolazione che invecchia sempre di più.

2-In quest’operazione di massima apertura sarà prezioso l’intervento della Diocesi, nel mettere a disposizione per la prima accoglienza di famiglie e di singoli in difficoltà e senza lavoro, i locali accessori agli edifici di culto, quali canoniche, seminari, conventi e monasteri non più operanti.

RINASCITA: La città può rinascere solo attraverso la sua cura, la sua manutenzione e la sua gestione in conformità con i tempi che corrono, e sempre guardando al futuro. La città di oggi non ha più bisogno degli anelli ai muri per legare i cavalli, e televisione e tablet hanno seriamente inciso sulla tradizionale vita sociale, quando la città nel pomeriggio si dava appuntamento nei caffè, e la sera i vari circoli cittadini erano gremiti. Le nuove regole sono diverse: gli adulti e gli anziani escono meno, i giovani si radunano la sera per stare insieme, sentire musica, bere (qualcuno esagera) e mangiare patatine e hot dog.

La nuova città deve programmarsi per questa diversa realtà, che accelera sempre più verso il futuro: un inarrestabile mutamento di mentalità, di cultura, di modo di comunicare e rapportarsi, che stravolge i tradizionali oggetti di emozioni e di sentimenti. Il WhatsApp, l’e.Mail ed i vari social hanno sostituito la comunicazione tramite servizio postale, come questo sostituì l’epistola recapitata a mano, e i Thurn und Taxis, che gestirono per secoli le poste dell’impero austroungarico divenendo principi, oggi andrebbero a fallimento.

oooOooo

Comunque, il discorso è lunghissimo, complesso, e non può fermarsi a questi brevi cenni, tutt’altro che esaustivi: sarebbe bello mettere tante ricette sul tavolo, esaminarle e discuterle, per poi riunirle in una unica corale conclusione.

Rimane però sempre da risolvere il problema centrale: dove trovare i soldi per realizzare i nuovi programmi.

Questo nessuno lo sa.

In foto (di Carlo Torresi): il tavolo dei relatori (al centro il dottor Pierluigi Pianesi)

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