Ripatransone, targa per il dottor Cesare Buresta, pioniere della chirurgia senza sangue
Ripatransone – Si è svolta davanti a un numeroso pubblico domenica mattina 19 novembre, l’apposizione della targa preso la Casa della Salute in onore del dottor Cesare Buresta. Presente la moglie Laura e le figlie Claudia e Paola, particolarmente felici e commosse per l’iniziativa. Il Sindaco Alessandro Lucciarini ha ricordato l’iter professionale di Buresta, il suo arrivo a Ripatransone – in provincia di Ascoli Piceno- nel 1968, il suo primo intervento senza l’uso di emotrasfusioni e anche il suo impegno per evitare la chiusura del piccolo ospedale in un momento di cambiamenti a livello di riorganizzazione sanitaria.
Indubbiamente il dottor Cesare Buresta deve la sua notorietà a livello nazionale e non solo, alla sua volontà e determinazione di operare e intervenire su pazienti Testimoni di Geova senza ricorso alle trasfusioni ed emoderivati. All’inizio nel piccolo ospedale di Ripatransone e poi negli anni ‘80 a San Benedetto del Tronto. Emodiluizione, recupero intraoperatorio del proprio sangue e ipotermia sono le tre metodiche principali introdotte da Buresta con successo che poi si diffusero un po’dappertutto.
Naturalmente anche la sua equipe medica è stata importante e giustamente ricordata nella cerimonia. Il dottor Mario Arezzini – tra i promotori dell’iniziativa- ha ricordato alcuni episodi interessanti della coraggiosa e innovativa vicenda medica di Buresta. Un aneddoto curioso ma di estrema importanza fu quello relativo a un esperimento chirurgico su un maiale nella fattoria di un agricoltore di Cossignano, un altro piccolo centro sempre in provincia di Ascoli Piceno. Al fegato dell’animale fu applicata una specie di colla che impediva la fuoriuscita di sangue durante un’emorragia. L’esperimento riuscì e quel prodotto si trasformò in medicinale utilizzato in seguito sui pazienti. La “colla” divenne un prodotto medico vero e proprio che numerose case farmaceutiche negli Stati Uniti continuano a produrre ininterrottamente da allora. Un’intuizione importante non solo per i Testimoni di Geova ma in un certo qual modo per tutta l’umanità, è stato evidenziato nella cerimonia.
Che dire del “sangue artificiale”? Mentre un medico giapponese in Germania faceva sperimentazioni in questo campo, Buresta decise di prendere in esame la cosa, unire le proprie competenze ed esperienza e di utilizzare il prodotto creato in laboratorio su una decina di pazienti. Gli esiti furono positivi. Dopo un incontro con il Ministro della Sanità di allora per la presentazione dei risultati ottenuti, il medicinale fu accettato ufficialmente. E così che nacque l’emoglobina sintetica!
Infine, nella cerimonia è seguito un intervento di Donatella Donati Sarti, dottoressa che ha collaborato per diverso tempo con il dottor Buresta, della figlia Paola e di suo nipote che hanno rammentato la figura del primario, padre e nonno anche da un punto di vista umano e familiare.
Attualmente in Italia, secondo quanto riportate dal sito www.jw.org, sono più di 5.000 i medici che hanno accettato di curare pazienti testimoni di Geova e i loro figli, con tecniche mediche e chirurgiche efficaci che non prevedono l’uso di emotrasfusioni denominata oggi in tutto il mondo come chirurgia bloodless. In media ogni anno nel nostro paese vengono curati con queste tecniche 16.000 pazienti Testimoni.
Un progresso che ha visto il dottor Cesare Buresta, la sua equipe medica, il piccolo ospedale di Ripatransone – che come città lo ricorda ancora con grande affetto – indiscussi protagonisti. E questo, per il bene non solo dei testimoni di Geova, ma anche per la medicina, la chirurgia in generale e il vantaggio di tutti i cittadini.
Roberto Guidotti
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