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Earl Manigault, il più grande di tutti i tempi

Earl Manigault

Earl Manigault, il più grande di tutti i tempi 

Di Nicola Comparato 

Il 15 maggio 1998 rappresenta la conclusione di una straordinaria epopea nel mondo del basket: quella di Earl “The Goat” (acronimo di Greatest Of All Time, ovvero il più grande di tutti i tempi) Manigault, nato a Charleston in Carolina del Sud da una famiglia poverissima il 7 settembre 1944.

Ultimo di nove fratelli, Earl viene abbandonato, ma trova rifugio nelle cure di Mary Manigault, che lo porta con sé a New York, ad Harlem. Qui, Earl si immerge nel mondo della pallacanestro, allenandosi con pesi alle caviglie e distinguendosi non solo per le sue abilità cestistiche ma anche per un’eccezionale elevazione che cattura l’attenzione di tutti. Tra il 1952 e il 1966, si diffonde la leggenda di “The Goat” nei campi da gioco delle strade di New York e nelle palestre della Franklin High School. Con i suoi 186 cm, stupisce tutti con schiacciate, acrobazie e un’abilità straordinaria in uno contro uno, guadagnandosi il soprannome di “Re di Harlem”. Tuttavia, il suo percorso scolastico è interrotto quando è espulso per aver fumato uno spinello a scuola nel 1965.

Questo gli impedisce di partecipare alla finale contro la Power Memorial High School, vincitrice del New York City Catholic Championship, nonostante la vittoria della sua squadra nella finale del New York City Public School Championship. La Franklin High School, senza il suo leader, perde al Madison Square Garden contro la squadra guidata dal giovane talento Lew Alcindor, destinato a diventare noto come Kareem Abdul-Jabbar, che anni dopo durante un’intervista descrive Earl come il più forte giocatore di basket di tutti i tempi in assoluto. In quegli anni Earl è membro della Young Life, una squadra supportata dalla National Urban League, composta dai talentuosi giovani cestisti di Harlem, che domina in modo impressionante su tutti i campi da gioco di New York. In quello stesso periodo è scoperto da Holcombe Rucker, e da questi indirizzato al Laurinburg Institute in Carolina del Nord, dove non solo inizia la sua carriera sportiva, ma anche una storia d’amore con Yvonne, destinata a dare vita al loro figlio Darrin.

Nonostante il suo talento innato, il percorso accademico di Earl presso la Johnson C. Smith University è un cammino accidentato, segnato dall’ostilità del coach Bill McCollough. Tuttavia, verso la fine del 1966, la dipendenza da eroina compromette la sua salute, portandolo dietro le sbarre e danneggiando irrimediabilmente il suo futuro nel basket. Nel 1971, nonostante un tentativo di provino con gli Utah Stars dell’ABA, una importante Lega di pallacanestro che nel ’76 si fonderà con la NBA, le sue condizioni fisiche con il corpo e la mente consumati dalla droga gli impediscono di brillare. Verità o leggenda, la svolta avviene in prigione quando apprende di essere citato nel libro “The City Game di Pete Axthelm” tra le leggende del basket. Da quel momento, inizia la sua battaglia contro la dipendenza e il ritorno a Harlem. Oltre al recupero personale, si dedica al restauro di un playground (campo da gioco all’aperto) e all’opera di recupero dei giovani dall’abisso della dipendenza.

Il 15 maggio 1998, in coincidenza con la morte di Frank Sinatra, Earl Manigault perde la vita a causa delle devastanti conseguenze della droga sul suo cuore e sulla sua aorta. Nonostante sia in attesa di un trapianto dal 1991, il suo passato da tossicodipendente gli nega questa possibilità. La sua eredità continua a vivere attraverso l’ “Happy Warrior”, un playground dedicato a lui situato all’incrocio tra la 99th Street e Amsterdam Avenue. In questo luogo, Manigault organizza il rinomato torneo annuale “The Goat Tournament Walk Away From Drugs”, dimostrando che il suo impatto nel basket urbano persiste ancora oggi attraverso iniziative di prevenzione e sostegno per i giovani a tanti anni dalla sua scomparsa. 

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