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Roma Capitale- Strade- Assessora Ornella Segnalini: Traforo Umberto I dal 24 gennaio lavori notturni  ripulitura prospetti

Roma, 23 gennaio 2024 – Prosegue la riqualificazione del Traforo Umberto I che congiunge via Nazionale a via del Tritone. Dopo i lavori avviati alla fine del mese di novembre, dal 24 gennaio al 10 febbraio, tutte le notti dalle 22 alle 5.30, sono previsti interventi di pulizia dei prospetti in travertino del traforo. Il traforo sarà dunque chiuso al traffico, ad eccezione del sabato e della domenica.

Le lavorazioni eseguite dal Dipartimento Csimu prevedono la ripulitura di entrambi i fornici in marmo con rimozione di smog e scritte vandaliche sulle facciate grazie all’utilizzo di materiali ecologici. Il costo dell’intervento è di circa 60mila euro del bilancio capitolino.

Storia del Traforo Umberto I

Il Traforo Umberto I, tra le più geniali opere edilizie concepite per facilitare la circolazione stradale di Roma Capitale, fu costruito per assicurare un collegamento diretto tra Piazza di Spagna e Via Nazionale, migliorare quello tra il quartiere Flaminio e l’Esquilino e per rendere più scorrevole il flusso del traffico da Termini verso il centro.

Fu previsto con il piano regolatore del 1883, ma si rese necessaria la partecipazione finanziaria della Società Romana dei Tram ed Omnibus, che contribuì alla realizzazione del progetto, il cui costo superava i due milioni, con 1.200.000 lire.

I lavori iniziarono alla fine di giugno del 1900 con la previsione che l’opera sarebbe completata entro circa tre anni. L’impresa avrebbe comportato lo sventramento dello isolato alla base del versante nord del Quirinale, nel 1885 molto danneggiato dall’apertura del primo tratto di Via del Tritone. Si calcolò che la terra da estrarre e da asportare sarebbe stata di ben 87.000 metri cubi.

I lavori si rivelarono subito difficoltosi, si dovette procedere facendo i primi strati di assaggio in calcestruzzo, gli altri di tufo, lasciando dietro il terreno di scarico con infiltrazioni di acqua.

La parte centrale del Traforo, alta 2 metri e mezzo e lunga 2,25, fu sfondata dopo sei mesi dal primo colpo di piccone e, caduto il diaframma, il 15 gennaio 1901 gli operai, che avanzavano da parti opposte, s’incontrarono.

Alla cerimonia d’incontro parteciparono l’on. Santini, il direttore della Società dei tram, l’ing. Bonfìglietti del Comune, l’impresario dei lavori Salvatore Sadari e l’assessore capitolino Benucci, che convennero al punto d’incontro entrando da via Parma (scomparsa), mentre il sindaco di Roma, Don Prospero Colonna, con l’ing. Alessandro Viviani, progettista dell’opera, entrarono dall’imbocco di via Rasella dove era pronta una bottiglia di spumante, avvolta da nastri tricolori, che il Sindaco ruppe con un colpo di martello d’argento per poi con un piccone percuotere il masso.

Gli operai continuarono da ambo le parti i lavori di demolizione ed alle ore 15,35 cadde l’ultimo pezzo, accompagnato da uno scroscio di applausi, mentre il Sindaco si impegnava a stringere la mano ai presenti.

Quando i lavori erano già in stato di avanzamento, il 6 dicembre 1901 il Re Vittorio Emanuele III per rendersi conto dell’opera percorse a piedi tutta la galleria. In quello stesso anno vi furono proteste per la decisione di conservare la chiesa di S. Nicola in Arcione, abbattuta alla fine del 1905, poiché impediva il rapido accesso al Traforo da via del Tritone.

Durante questa prima fase dei lavori nel sottosuolo si trovarono le fondazioni degli antichi conventi delle “Cappuccine” e delle ” Sacramentine “, che sorgevano nella zona tra via XX Settembre e via Nazionale, demoliti nel 1886. Scavando verso via XX Settembre fu rinvenuto un mosaico in una camera lunga 8 metri e larga 7, forse parte del tempio di Quirino. Fu scoperta anche una statua togata senza mani e senza testa. L’8 aprile 1902, a circa 160 metri dall’imbocco di via Rasella, tornò alla luce una camera rivestita di marmo bianco le cui lastre avevano fregi e bassorilievi con tracce d’incendio. Emersero, inoltre, due colonne di granitello, un rocchio di porfido, due basette di marmo bianco e un tubo di piombo con impresso il nome del proprietario dell’edificio a cui apparteneva: Fulvio Plauziano prefetto del pretorio, padre di Plautilla, moglie di Caracalla.

Mentre si avviavano al termine i lavori di costruzione dell’arco di rovescio, il 26 agosto 1902 venne bandito il concorso per i frontoni di un ingresso al Traforo e la Commissione giudicatrice composta da Cesare Aureli, G. B. Giovenale, Gaetano Kock, Giuseppe Sacconi e Domenico Gnoli, nel gennaio dell’anno dopo, approvò quello presentato da Angelo Tommasi.

Contemporaneamente fu decisa la pavimentazione in selci – fatta poi in legno – e i rivestimenti in maioliche bianche delle pareti della volta (ora sostituiti da un sistema antinfiltrazione ), che ha uno spessore di un metro e venti.

L’inaugurazione del Traforo avvenne alle ore 16 del 20 ottobre 1902, tra un tripudio di bandiere tricolori, mentre la folla si assiepava in via Nazionale e in via del Gallinaccio, tra via in Arcione e largo del Tritone.

A bordo di tre tram presero posto il sindaco, Prospero Colonna, il prefetto Colmayer, il questore Giungi, il senatore Roux, i deputati di Roma Mazza e Santini, il Consiglio di amministrazione della Società Romana dei Tram ed Omnibus, i rappresentanti della Giunta capitolina, le rappresentanze del Genio civile e militare e i giornalisti. Le autorità, dopo aver percorso la galleria, scesero dai tram e si fermarono davanti ad un tavolo con buffet, preparato all’uscita del tunnel in via Nazionale. Qui si diede l’avvio ai discorsi. Solenne fu quello del Sindaco che elogiò l’ing. Viviani e ringraziò il Re per aver fatto realizzare l’opera al di sotto dei suoi giardini, che si erano abbassati di 70 centimetri.

Il giorno dopo la galleria fu aperta al solo transito tranviario, per l’occasione otto vetture in servizio, sulle quali si accalcarono i romani. La metà degli incassi venne devoluta ai danneggiati dalle alluvioni di Sicilia. La sera il tunnel apparve una lunga linea di luce, perché illuminato da lampade elettriche disposte sulle fiancate.

Dopo qualche giorno furono terminati i marciapiedi, permettendo il libero accesso ai pedoni, i quali, poiché dalla volta pioveva terriccio bagnato, erano costretti a procedere con una certa attenzione per non sporcarsi gli abiti. L’inconveniente non mancò di dare spunto ai giornali umoristici, che pubblicarono vignette in cui si vedevano i passanti sotto il tunnel, muniti di stivali, impermeabili e ombrelli.

L’impresa comportò anche la morte di un operaio, rimasto sepolto sotto la sabbia.

In due anni precisi i 347 metri e 70 centimetri di lunghezza del Traforo, largo 17 metri, furono pavimentati, rivestiti e decorati ai due imbocchi, la cui sistemazione architettonica fu realizzata nel 1905, su disegno di Piacentini e Podesti per il fronte su Via Milano, fiancheggiato da due rampe che conducono a via del Quirinale, del Tommasi per lo sbocco su via Due Macelli, dove due iscrizioni a lato dell’entrata ricordano la data di realizzazione dell’opera.

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