La Costituzione e le convergenze politiche, sociali, culturali, etiche che l’hanno definita sono esattamente l’alternativa democratica al fascismo e al totalitarismo che hanno drammaticamente segnato il Ventennio mussoliniano; per estensione, a tutti quei regimi dittatoriali del Novecento e a quelli presenti in questo XXI secolo. Nel nostro Paese, il processo alternativo ha coinvolto la lotta antifascista armata, ma anche quella nonviolenta e via via ha conquistato fasce crescenti di donne e popolo. Un richiamo alla fase diffusa del terrorismo neofascista, che figliò la Strategia della Tensione con le stragi, da Piazza Fontana a Piazza della Loggia fino alla Stazione di Bologna, e della lotta armata degli estremismi di sinistra che ha caratterizzato la storia patria dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, è quanto di più e meglio può certificare la maturità del popolo italiano e della sua classe dirigente politica.
La Costituzione quindi non può non avere puntuali radici antifasciste che sono state arricchite con contenuti di democrazia partecipata, di giustizia sociale, di piena e espressiva libertà, eguaglianza, nessuna assoluta discriminazione, riconoscimento pieno di ogni espressione compatibile con l’antifascismo. Ed è su questo punto che divergo con l’opinione espressa da Giancarlo Rapetti sulla differenza tra l’Italia e gli altri paese la cui identità, dopo una rottura traumatica – la guerra civile lo è stata – si è costruita su basi nuove. La Costituzione costruita da straordinari “architetti” del diritto e dagli esponenti migliori dei partiti del Cln, è stata e continua ad essere garante di questa identità. Nessuna differenza emerge dagli altri Paesi, se non per storia e tradizioni che trascendono il fascismo. Ciò al di là delle pur ricordate ambiguità sui conti fatti o mal fatti con il fascismo, citate da Rapetti. La Costituzione italiana rappresenta il nostro processo di Norimberga, processo non cruento e dunque di pacificazione nazionale nella volontà di chi ha vinto sul fascismo. Le ambiguità restano, è vero, e sono un tratto distintivo comune da cui gli italiani faticano a liberarsi con quella tecnica consolidata di svalutare principi e ideali anteponendo sempre un “ma, sì, però”. Eppure, è “un tratto distintivo comune” che evapora non appena rilegge le mirabili frasi pronunciate da Piero Calamandrei agli studenti milanesi nel 1955:
[…] E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8:«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo! O quando nell’art. 52 io leggo a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani…
Allora non si può non vivere la democrazia realizzata con espressioni partecipative garanti, democrazia che crea alternanze di maggioranza politiche che hanno come unici vincoli di fatto l’antifascismo e le piene e totali garanzie democratiche intese in senso totalizzante! Ecco perché si ha il diritto o è il dovere di chiedere anche alla maggioranza attuale la esplicitazione senza se e senza ma delle intoccabili radici antifasciste. Infatti, nelle ricorrenze di questi giorni è giusto chiedere e interrogarsi sul valore dell’antifascismo in rapporto con le forze della attuale maggioranza e in quale misura esse considerino la Resistenza non già un valore, ma il valore su cui si è basata la nostra convivenza civile dal 25 aprile del 1945. È per questo che ho trovato, per esempio, coerente, trasparente e volto alla massima chiarezza l’intervento nella sala del Consiglio comunale di Chivasso di Michele Ruggiero, invitato dall’Anpi locale, che all’opposto ha suscitato stucchevoli e strumentali polemiche in particolar modo di un consigliere dell’opposizione di destra. Polemiche stucchevoli e strumentali sollevate, è altrettanto evidente, per non esplicitare la piena coerenza alla Costituzione.
La stessa Costituzione che ci invita oggi a superare questa delicatissima fase politica rispondendo alle questioni fondamentali poste dai giovani. In primis, il sostegno alla autodeterminazione dei popoli a partire dalla salvaguardia del popolo palestinese soffocato da l’immane tragedia che se non vogliamo definire genocidio per non infilarci nel tunnel etimologico e storico della parola, è un autentico massacro di bambini, donne e uomini da parte di un esercito moderno e strutturato. Secondo, ma non meno importante, la centralità della difesa del clima e del creato quale presupposto applicativo e coerente della Costituzione. Anche sui metodi di lotta va fatta poi chiarezza. Le mobilitazioni sono il frutto di una forma partecipativa autonoma, libera, creativa alla quale non si può rispondere con la violenza poliziesca come è avvenuto di recente a Pisa, Torino e in troppe inaccettabili situazioni in questi mesi. Né ci si può posizionare acriticamente sulla difesa d’ufficio delle forze dell’ordine, secondo costume del governo, perché rimane allora scoperta la domanda su chi sta dalla parte del popolo, da quella parte non violenta, che manifesta nel rispetto della Costituzione e che storicamente si è sempre dissociata e preso le distanze da quanti usano l’aggressività come forma dissenso. Un maggiore senso di responsabilità e di equilibrio rimane sempre un serio indicatore di democrazia interna.
I giovani non possono avere considerazione di un sistema politico ed istituzionale che non permette loro di contare in specie nelle decisioni che determinano il loro futuro. Personalmente ho partecipato alle lotte pacifiste degli anni Ottanta e Novanta e contemporaneamente alla vera e propria rivolta contro il nucleare di ogni tipo e alla progressiva distruzione ambientale portata avanti dal potere nel falso nome della sicurezza e dello sviluppo dirompente e massacrante. Ci si è sempre confrontati, anche duramente, con certe forme di lotta esasperate, ma noi e il potere ci siamo mai permessi di insultarle e tentare di squalificarne obiettivi e rappresentanza. Tanto più chi lo fa oggi. La situazione anche democratica è più che problematica e non può permettere superficialità o provocazioni al limite della censura e della repressione.
Ecco perché la polemica sull’antifascismo o chi tenta di nasconderla sollevando mere contestazioni occulta i valori veri che sicuramente vanno dialetticamente affrontati, ma senza abiure e condanne. Se la Costituzione, come ha affermato anche Michele Ruggiero, è fondata su contenuti reali, aspirazioni, valori frutto di tanti lutti e sacrifici non può essere cancellata o ridimensionata, ma valorizzata e applicata interamente e rapidamente. Elemento di prova è quali fondamenti dare alle nuove generazioni sul piano della libertà, giustizia, solidarietà, pace e disarmo, autodeterminazione dei popoli contro ogni oppressione. Garantire un mondo fondato sulla pace e sulla giustizia con al centro il creato nel suo insieme.
Fonte -La Porta di Vetro
L’associazione La Porta di Vetro è nata il 9 aprile del 2013 con l’intento di analizzare e dibattere di alcuni temi principali quali la politica italiana, l’intercultura e l’immigrazione e i rapporti industriali. I soci fondatori sono Stefano Maria Cavalitto, Angelo Corrù, Armando Francia, Mauro Nebiolo Vietti, Pietro Terna, Gian Paolo Zanetta e Michele Ruggiero (presidente). La sua pubblicazione di riferimento è la rivista omonima La Porta di Vetro sia in formato cartaceo, sia versione on line, insieme alla newsletter distribuita periodicamente con gli articoli apparsi sul sito.
Contatti- “La Porta di Vetro”: laportadivetro@gmail.com
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