mercoledì, Settembre 11, 2024
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E con il ponte Morandi si sbriciola anche l’Italia: 6 anni dopo

ponte morandi

E con il ponte Morandi si sbriciola anche l’Italia: 6 anni dopo – Sono  trascorsi 6 anni da quando il ponte Morandi si è spezzato, uccidendo 43 persone, commuovendo il Paese e il mondo e ferendo Genova.

Quest’anno, per il sesto anniversario, la presenza governativa sarà più ridotta rispetto al passato, con la partecipazione del solo viceministro Rixi. L’anniversario arriva in un contesto segnato dalle recenti inchieste che hanno colpito i vertici della Regione, che avevano gestito l’emergenza e la ricostruzione post-crollo, portando alla definizione del Decreto Genova per la ripartenza della città.

Oggi, Genova ricorderà le vittime del disastro con una cerimonia nella Radura della Memoria, sotto il ponte San Giorgio, nel quartiere di Certosa, dove un tempo sorgeva il ponte Morandi. Le celebrazioni inizieranno alle 9 con una messa nella Chiesa di San Bartolomeo della Certosa, officiata dall’arcivescovo di Genova, monsignor Marco Tasca. A seguire, alle 10:45, la cerimonia istituzionale alla Radura della Memoria, con la partecipazione delle autorità locali, tra cui il sindaco Marco Bucci, il prefetto Cinzia Torraco e il presidente ad interim della Regione Liguria, Alessandro Piana.

Saranno deposte corone commemorative presso la piastra metallica con i nomi delle vittime, e alle 11:36, l’ora esatta del crollo, sarà osservato un minuto di silenzio, accompagnato dal suono delle sirene delle navi in porto e dalle campane di tutta la Diocesi di Genova. L’orchestra del Teatro Carlo Felice eseguirà il “Requiescant in pace” prima degli interventi delle autorità.

Sei anni fa, a ridosso della tragedia, scrivevamo:

Ore 11.37 di martedì 14 agosto: il viadotto Morandi sull’autostrada A10 tra i caselli di Genova Ovest e Aeroporto, 51 anni mal portati , si sbriciola mentre imperversa la bufera. Crollando, il ponte trascina con sé auto e camion, schiantandosi in un mucchio di macerie e lamiere nel greto del torrente Polcevera.  Parafrasando una celebre frase che, dopo l’abiura, avrebbe pronunciato Galileo Galilei davanti  al Tribunale dell’Inquisizione, eppure accade. E qualcuno, e queste sono testimonianze, prima dello schianto del ponte di Genova aveva profeticamente pensato ( o meglio, avvertito) “Eppur si muove”. Sì, il ponte Morandi  reggeva male, vieppiù nel tempo, anche se il giorno del varo fu salutato come una delle opere di cui menar vanto a livello di infrastrutture. Ma il ponte continuava sinistro a vacillare e, sotto le scudisciate della pioggia, è precipitato nel vuoto: un salto di 100 metri che ha inghiottito carcasse e vite umane: ad oggi, si contano decine di morti  tra cui alcuni bambini; altri codice “bollino rosso”; altri  miracolosamente salvati dalla dea Tiche o da non so quale Pietà. Immediatamente dopo, il carosello delle (solite) recriminazioni, i soliti commenti in margine a un accadimento che ha dell’assurdo.

Personalmente, di chiose ne ho scritte a bizzeffe, non potevo non marchiare a fuoco una realtà che grida vendetta al cospetto di Dio:  abbiamo davanti  l’immagine di un Paese che si sta sbriciolando. E chissenefrega se i ponti non reggono, se interi abitati vengono sommersi dai fiumi e da corsi d’acqua che tracimano alla prima torrenziale pioggia, se ettari di boschi vengono  ogni estate divorati dalle fiamme, se le macerie del terremoto rimarranno lì a testimoniare per millenni di un evento catastrofico. L’importante è introitare soldi, perché qualcuno, posseduto dai soldi, è convinto che con i soldi si compra tutto, anche la propria (in)felicità: questo significa  possederne tanti: di là del valore in sé (l’auri sacra fames degli antichi romani, la philargyria dei Greci), non esiste se non nell’immaginario di menti squilibrate : anche in termini di merce di scambio, questo avere smodato va oltre la gittata dei beni,  necessari e non, di cui amiamo circondarci. Beni che lasceremo ai nostri figli, perché vengano rinfocolate liti familiari, su cui si potrebbe scrivere l’immensa biblioteca cieca di cui parlava il grande Borges. L’Italia non funziona, è a rischio default morale e psicologico, non soltanto  fisico e strutturale. Ma nessuno fa niente.

Pare avessero rinforzato medio tempore il ponte, ma il ponte è crollato lo stesso. Domani dopodomani fra una settimana fra un mese tutto tornerà come prima, si piangeranno i morti, ognuno piangerà i suoi morti. E se ne avrà la lucida e spietata contezza. Ma, per orribile che possa sembrare(altro che metafora!), morto un papa se ne fa un altro: rimarrà nei libri una pagina di storia rigata di sangue, resterà marchiata a fuoco nella coscienza di qualcuno – ma non ne sono poi così convinto- una responsabilità senza nome, che per il lucro immondo ha preteso il sacrificio di troppe vite. Mi auguro, da cittadino prima che da giurista, che paghino il fio di una immane colpa i malfattori, quelli che non guardano in faccia nessuno pur di intascare prebende e royalty, a cospetto dei quali si erge la dignitosa compostezza (la disperazione) di chi è rimasto a vegliare un ricordo che giace dentro una fredda bara.

Articolo a firma di Giuseppe Fedeli

Dopo sei anni che cosa è cambiato? Il 7 luglio 2020 è iniziato il processo con 59 imputati, centinaia di persone hanno chiesto risarcimenti.

I familiari delle vittime del crollo del ponte Morandi continuano a vivere con un profondo senso di attesa e di ingiustizia, poiché, a sei anni dalla tragedia, non hanno ancora visto la conclusione del processo e l’individuazione delle responsabilità che portarono al disastro. Questo sesto anniversario si carica di un significato ancora più doloroso, poiché ricorda non solo la perdita di 43 vite, ma anche la lunga e ardua battaglia legale che i parenti delle vittime sono costretti a combattere per ottenere giustizia.

Il processo, che è stato avviato per accertare la catena di responsabilità dietro al crollo del ponte, ha finora proceduto lentamente, alimentando la frustrazione e il senso di impotenza delle famiglie coinvolte. Le udienze, temporaneamente sospese per la pausa estiva, riprenderanno l’11 settembre e segneranno un momento cruciale del procedimento giudiziario. Si entrerà finalmente nel cuore del processo, con la conclusione dei controesami dei consulenti di Aspi (Autostrade per l’Italia) e Spea, le società coinvolte nella gestione e manutenzione del ponte.

Questa fase del processo è particolarmente attesa, poiché potrebbe portare a nuove rivelazioni e a un ulteriore chiarimento delle responsabilità che hanno condotto a una tragedia di tale portata. Le famiglie delle vittime, nel frattempo, continuano a mantenere viva la memoria dei loro cari, partecipando attivamente alle celebrazioni commemorative e alle iniziative che mirano a ricordare ciò che è accaduto e a evitare che tragedie simili si ripetano in futuro.

Per loro, la giustizia non è solo una questione legale, ma un passaggio necessario per poter finalmente chiudere un capitolo doloroso della loro vita e garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Questo sesto anniversario, dunque, è un momento di riflessione profonda, non solo per Genova, ma per tutto il Paese, che continua a seguire con attenzione lo sviluppo di una vicenda che ha segnato un’intera nazione.

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