martedì, Settembre 10, 2024
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Accumoli, otto anni dopo il tragico terremoto del 2016: tra fede e resilienza, la sfida della ricostruzione

Terremoto

Una ricostruzione a due velocità. Così il parroco di Accumoli don Stanislao Puzio, ha sintetizzato la situazione del paese a otto anni dal tragico terremoto del 2016, nella liturgia organizzata in ricordo delle vite portate via dalle prime, drammatiche, scosse. Esistenze interrotte dai crolli che in pochi attimi hanno cancellato l’abitato disperso sui monti della Laga. Il sussulto della terra non è però riuscito a spezzare i legami, a rimuovere gli affetti. In tanti, infatti, si sono ritrovati nella frazione di Libertino: una testimonianza di resistenza accompagnata da brani di Mozart, Haydn, Bach, eseguiti dal vivo dalla piccola orchestra d’archi dell’Accademia Vicino di Accumoli. Note che risuonando accanto ai segni della distruzione hanno avuto il sapore di un piccolo miracolo, quello della bellezza che si oppone alle avversità.

Non senza fatica: l’ha confermato il nuovo sindaco Mauro Tolomei che, nel suo saluto alla comunità, ha riconosciuto gli inciampi e le lentezze, denunciando senza girarci attorno la ricostruzione in arretrato e l’emorragia di persone, lo spopolamento che pare inarrestabile e ad oggi fa contare un venti per cento di cittadini in meno. Una tendenza da rovesciare non solo allineando il cronoprogramma della ricostruzione ai suoi momenti migliori, ma affiancando a nuove mura nuove opportunità e rinnovate attrattive.

Anche per questo ci si è ritrovati insieme a pregare ai piedi di una croce contornata di impalcature e materiale edile. Un rosario condiviso per chiedere a Maria pietà per i morti e protezione per i vivi, alla ricerca di uno slancio efficace che raccordi le mani ai desideri. Una sollecitazione spirituale a chi amministra, a chi ha il potere di sciogliere i nodi della burocrazia, di indirizzare al meglio le risorse, di coordinare efficacemente i progetti e la loro esecuzione. Il modello lo offre Cristo, la cui regalità mostra come il senso autentico del governo sia il servizio. Un servizio a volte semplice, addirittura ingenuo, come quello di chi organizza le iniziative che fanno vivere le comunità continuando a proporre occasioni di aggregazione che aiutano a percorre la doppia via crucis di chi ha perso i suoi cari e di chi ha scelto di abbracciare la sfida della ricostruzione.

A questa dualità ha fatto riferimento anche il vescovo Vito Piccinonna, che ha invitato a non eludere questi sentimenti contrastanti, ma ad ascoltarli fino in fondo per illuminare il mistero che tiene insieme morte e risurrezione. «Il nostro sguardo si posa anzitutto sul mistero della morte. Voi per primi l’avete vista nel volto di tante persone care. Ma non vogliamo rassegnarci alla morte». Ecco allora il senso del cammino in corso, quello di «una ricostruzione completa, complessiva, che non riguarda solo le pietre, ma anche i cuori, la vita. Non c’è antagonismo tra ricostruzione materiale e immateriale: ci vogliono l’una e l’altra. E noi siamo qui perché non manchi né l’una né l’altra».

E cosa può aiutare, se non chiedere al Signore «il dono della sua forza perché mai la delusione e lo sconforto prendano il sopravvento e generino sentimenti che non aiutano la comunità»? Perché da ultimo è in essa la chiave della rinascita: una comunità più forte delle avversità, del terremoto, perché fa leva sulle risorse interiori di cui ciascuno è portatore. Possono sembrare poca cosa, ma «messe in comune basteranno per quel miracolo che dipende da ciascuno di noi». In fondo – ha suggerito don Vito – il destino l’abbiamo in pugno. Se la mano la teniamo chiusa, in atteggiamento di possesso o di autosufficienza, o solo per difesa dal dolore e dalla delusione, non porterà a nulla. Se invece la stessa mano è aperta e fiduciosa, il poco che racchiude, messo insieme al poco di ogni altro, «può far germogliare qualcosa di sorprendente e di insperato». Qualcosa che al momento, forse, non si riesce a vedere del tutto, ma che ha il sapore del futuro e della vita che non finisce.

Foto di copertina di Angelo Giordano da Pixabay

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