Torino-Lunedì 23 settembre, la “montagna” è la grande protagonista all’interno della quarta edizione del Festival dell’Accoglienza nato sotto l’egida della Pastorale dei Migranti dell’Arcidiocesi di Torino. Alle 18,30, nella sede di via Cottolengo 22, si svolgerà il dibattito “Montagne terre mobili: le migrazioni e le Alpi piemontesi”. All’iniziativa, che ha tra i suoi ideatori la Porta di Vetro, parteciperanno Gabriele Garbolino Rù,scultore e autore dell’opera “Grano nuovo” esposta nel Giardino della Magnolia, Alberto Tazzetti presidente Associazione amici del Museo civico di Usseglio, Michele Ruggiero, giornalista e presidente dell’Associazione La Porta di Vetro, Sofia Gallo, scrittrice, Maurizio Dematteis, direttore dell’associazione Dislivelli e Valter Giuliano, cui si deve l’articolo che segue. L’incontro sarà moderato da Laura de Donato, fino a ieri l’altro giornalista Rai TgrPiemonte e conduttrice della rubrica Leonardo.
Gran consulto al capezzale della montagna. Accade periodicamente, su temi come lo spopolamento, la scuola, la mancanza di servizi essenziali, più di recente per il digital divide. Per le Alpi si sono succedute nel tempo proposte e progetti che ne avrebbero dovuto assicurare un futuro radioso: le Comunità delle Alpi (da noi Cotrao), poi il Diamante Alpino, le Città Olimpiche. Suggestioni buone solo per stagioni effimere alle quali si alternano periodi di esercizio di retorica “montagnarda” al più vuota e sostanzialmente inutile, che spesso rimanda ai consueti punti di partenza senza far muovere utili passi in avanti. Mai affrontati seriamente (perché i seminari e i convegni possono essere utili ma non sono sufficienti), i problemi restano.
Non è andata meglio per le leggi messe in atto per dare riscontro alle indicazioni e ai suggerimenti già contenuti in quel documento visionario, redatto a guerra ancora in atto, conosciuto come Carta di Chivasso. Per i territori montani si prefigurava un riequilibrio economico per quelli che oggi chiamiamo benefici ecosistemici; venivano avanzate proposte per la salvaguardia della scuola e della cultura e tradizione montana a cominciare dalla tutela delle lingue minoritarie; si suggerivano percorsi per garantire spazi di autonomia locale. Alcune di quelle indicazioni furono riprese addirittura in Costituzione, altre hanno segnato alcuni significativi ingressi sia nella normativa nazionale (la legge nazionale sulla montagna del 1971 e poi quella del 1994) sia in quelle regionali. Si sono costituiti i Bacini Imbriferi Montani, da cui ancor oggi giungono risorse preziose per i bilanci comunali, sono nati Consigli di Valle, poi le Comunità Montane…
I “discutibili” interventi legislativi
Gli effetti dei vari interventi legislativi hanno avuto alterne fortune, al punto che sono ora all’ordine del giorno nuove riforme legislative sia a livello nazionale che regionale. In Parlamento è in discussione il nuovo disegno di legge governativo, nella nostra Regione si parla, con toni e termini tuttora nebulosi della necessità di correggere la normativa vigente
Nel primo scenario occorre sottolineare come la legge n.97/1994 non abbia, di fatto, mai trovato in trent’anni, piena attuazione. Nel secondo con colpevole ritardo si sta prendendo atto dei devastanti effetti risultanti dalla sostituzione delle Comunità Montane con le Unioni Montane. Sentire, di nuovo, far cenno a questioni lessicali mi raggela, ma l’importante resta il contenuto. Che deve correggere il dissennato perseguimento di un autonomismo che andando oltre i confini del federalismo ha gravemente nuociuto alle nostre terre alte. La sciagurata “legge Maccanti” ha leso equilibri di collaborazione costruiti negli anni e che ora bisognerà faticosamente rimettere insieme.
Il sia pure tardivo ripensamento del centro destra sulle politiche montane regionali va accolto con favore, senza tuttavia scordare le debolezze e la mancanza di coraggio del centro sinistra nel dovere di correggerle prima. La montagna attende con la sua pazienza infinita che, tuttavia, ha limiti che è bene non superare.
Il tempo delle promesse è esaurito. E le misure concrete che attende non sono quelle dell’accattonaggio. Di qualche risorsa finanziaria in più. Che è necessaria, ma non sufficiente.
Quello che attende è un piano concreto di interventi che consolidi la presenza umana, che favorisca il recupero del senso di comunità, che dia respiro a tante buone volontà che hanno deciso di investire su questi territori di cui garantiscono manutenzione – e con essa prevenzione – ma che pretendono pari dignità con gli investimenti a sostegno delle economie del resto del Paese. Né si invochino, in una economia di scala, presunti risparmi inducendo alla fusione dei Comuni; l’esperienza negativa delle Province e dei pochi casi di fusione messi sin qui in atto, dimostrano che non è certo quella la strada da imboccare.
Un invito all’assessore regionale competente
Paradossalmente oggi il problema non va ricercato nella disponibilità delle risorse, anche se la restituzione statale agli enti locali rispetto alle tasse raccolte necessita di riequilibrio e la politica dei bandi e dell’arrembaggio competitivo che ne consegue va rivista specie se si confronta con la disponibilità di strutture tecniche adatte a rispondere a una burocrazia a parole semplificata, ma nei fatti sempre più complessa.
Il vero problema consiste nell’indisponibilità di personale, surgelato a situazioni pregresse oggi irrealistiche e che necessitano, con urgenza, di aggiornamenti. A cominciare di un organo fondamentale per il funzionamento delle realtà territoriali marginali quali sono i Segretari comunali, disputati tra Comuni e spesso a disposizione solo grazie a personali disponibilità che sfiorano il volontariato.
Resta da sottolineare che nella società della complessità neppure le politiche per la montagna sfuggono alla necessità di una visione globale, complessiva: gli interventi debbono essere immaginati e applicati sul territorio non in maniera settoriale e dissociata (tradizionalmente preminentemente agro silvo pastorali) ma coordinate investendo le politiche culturali, sociali, industriali, artigianali, commerciali, energetiche, comunicative ecc.
Di questo, sommessamente, mi sembra di poter suggerire al nuovo Assessore regionale competente per materia. Che invito a svolgere quelle che un tempo erano le visite pastorali svolte per meglio conoscere le realtà locali, anche quelle più disperse e svantaggiate.
Perché la comunità regionale è fatta di tutti e nessuno può essere lasciato indietro.
Articolo di Valter Giuliano-Giornalista, Accademico dell’agricoltura, Consigliere nazionale CIPRA (Commissione Internazionate Protezione Regioni Alpine).
Fonte- La Porta di Vetro
Note
[2] https://www.laportadivetro.com/post/torino-in-concerto-l-apertura-del-festival-dell-accoglienza;
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