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Fara in Sabina , il  borgo della Sabina tiberina che attrae sempre più turisti da tutta Europa

Fara in Sabina-Escursioni, incontri, visite guidate, laboratori e assaggi: il fascino di Fara in Sabina continua a crescere, complice una moltitudine di eventi e attività per tutti i gusti e per tutte le età. Tutto il territorio comunale, ricco di tesori tanto storici e culturali quanto naturali, attira infatti un numero sempre maggiore di turisti stranieri. Tra la natura rigogliosa, che offre sentieri e panorami incantevoli, e luoghi preziosi come il Museo Civico Archeologico della Sabina Tiberina (situato nel rinascimentale Palazzo Brancaleoni in piazza Duomo), il Museo del Silenzio, la Collegiata di S. Antonino, il Monastero delle Clarisse Eremite e la maestosa Abbazia di Farfa, l’attrattività turistica della città sta aumentando costantemente. Fara in Sabina è inoltre un borgo che accoglie i camminatori di ogni provenienza, soprattutto grazie ai percorsi naturalistici e “di fede” della Via di Francesco: si tratta di un cammino che, partendo da Firenze e Rimini, convergendo presso il Santuario della Verna in Toscana, giunge al cospetto della tomba di San Francesco ad Assisi, attraversando l’Umbria e il Lazio passando per la Valle Santa Reatina, la Sabina e arrivando infine alla Città Eterna a San Pietro.

Lunedì 11 novembre, ad esempio, un gruppo di camminatori provenienti da Innsbruck ha visitato il borgo di Fara in Sabina grazie alla guida turistica Valentina Giornalista, dell’ufficio turistico comunale, che li ha accompagnati alla scoperta delle peculiarità del territorio tra cui il Duomo e il Castello di Fara (dove attualmente si trova il Monastero delle Clarisse Eremite). I pellegrini austriaci hanno scelto di visitare il pittoresco borgo sabino in vista di un prossimo viaggio che – tra storia, cultura e spiritualità – ad aprile prossimo riunirà una numerosa comitiva di pellegrini.

Negli ultimi anni, infatti, i viaggiatori hanno mostrato sempre più interesse nello scoprire l’autenticità di un territorio relazionandosi anche in modo più stretto con gli abitanti, la storia e le tradizioni locali. Il crescente uso della tecnologia e i cambiamenti comportamentali delle persone hanno poi spostato l’attenzione verso l’economia dell’esperienza e la co-creazione dell’esperienza. E il territorio di Fara in Sabina, che permette di immergersi in avventure diverse tra loro ma ugualmente profonde ed emozionanti, viene scelto sempre di più come destinazione alternativa. Questo cambiamento è stato anche riscontrato (e allo stesso tempo promosso) durante la partecipazione della città, tramite la Pro Loco di Fara in Sabina APS (che gestisce l’ufficio turistico comunale e il Museo Civico Archeologico), alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico. La manifestazione, giunta alla 26esima edizione e svoltasi dal 31 ottobre al 3 novembre a Paestum, ha dato l’opportunità al Comune di Fara in Sabina di entrare in contatto con professionisti del settore di diversa nazionalità. Tra le numerose iniziative in programma, come incontri, conferenze e laboratori, si è tenuto anche uno workshop con i buyers europei e con i tour operator nazionali di Archeolncoming. In un’area della fiera infatti la guida turistica Valentina Giornalista ha avuto la possibilità di intavolare fruttuosi colloqui con diversi buyers, soprattutto francesi, spagnoli, tedeschi, del Regno Unito e del nord Europa. Dunque, grazie a un attento e solido lavoro di squadra, la Pro Loco di Fara in Sabina APS ha saputo presentare la città nel migliore dei modi, intrecciando anche rapporti con professionisti del settore italiani e stranieri con la promessa di far crescere il turismo sostenibile e culturale della città.

L’area del comune di Fara in Sabina fu popolata già in epoca preistorica (sono stati rinvenuti resti del Paleolitico medio e dell’età del bronzo medio, recente e finale).

Di fronte al Colle di Fara sorge l’altura di Monte San Martino, abitata in epoca protostorica da un esteso ed articolato insediamento risalente all’età del Bronzo finale (la maggior parte del materiale è venuto alla luce presso le pendici orientali del monte, in località Quattro Venti). Le ricerche hanno evidenziato la presenza di alcune opere di terrazzamento con recinti di mura realizzati in pietrame a secco, di cui si ipotizzò in alcuni casi una datazione ad epoca protostorica. È stato possibile ricostruire l’andamento di almeno tre cinte murarie, irregolarmente ellissoidali, che seguivano le curve di livello[4]. Oggi questo abitato protostorico è stato identificato con Mefula,[5] antica città degli Aborigeni (mitologia), che secondo Dionigi di Alicarnasso sorgeva ad appena 5 km di distanza da Suna (Toffia)[6]. Dionigi riferisce inoltre della presenza di mura, unico caso a riguardo del popolo aborigeno, un dato che trova conferma dall’effettiva presenza sul monte di murature a secco attribuibili ad epoca protostorica (peraltro rare in questo periodo).

L’insediamento aborigeno di Mefula scompare già durante la prima età del Ferro (forse in relazione alla contemporanea nascita dei centri sabini in pianura, come la vicina Cures).

Tra il IX secolo a.C. e il VI secolo a.C. nella località di Santa Maria in Arci si era stabilito un insediamento sabino, identificato con la città di Cures, che continuò a vivere in età romana (resti di terme e di un piccolo teatro e necropoli). Il territorio era sfruttato dal punto di vista agricolo con una fitta rete di ville, costruite su terrazzamenti in opera poligonale nel II secolo a.C. e in opera quasi reticolata nel I secolo a.C. (“villa di Grotte di Torri” e ancora di Fonteluna, di Mirteto, di Cagnani e di San Lorenzo a Canneto, di Sant’Andrea e di San Pietro presso Borgo Salario, di Grottaglie, di Piano San Giovanni, di Grotta Scura, di Monte San Martino, di Fonte Vecchia).

Le origini dell’attuale abitato sembrano risalire ad epoca longobarda, alla fine del VI secolo, come sembra indicare il toponimo, derivante dal termine longobardo fara, con il significato di “clan familiare”. Il castello è attestato dal 1006 e dal 1050 fu sotto il controllo dell’abbazia di Farfa. Fu quindi feudo degli Orsini. Dal 1400 è divenuto sede dell’abate commendatario di Farfa e si sono succedute le varie famiglie proprio a partire dagli Orsini fino alla famiglia Barberini, con il cardinale Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII, che nel 1678 ha fondato, con sede nell’antico castello, il monastero delle Clarisse Eremite.

Nel 1867 fu toccata con la frazione di Coltodino dalla Campagna garibaldina dell’Agro Romano per la liberazione di Roma. Giuseppe Garibaldi dopo la sconfitta di Mentana raggiunse con i suoi Volontari la stazione ferroviaria di Passo Corese in comune di Fara dove partì in direzione del nord. Sempre da Fara sulla riva del Tevere partì con alcune barche la sfortunata spedizione dei Fratelli Cairoli conclusa tragicamente a Villa Glori. Testimonianze della Campagna dell’Agro Romano per la liberazione di Roma (1867) sono conservate nel Museo nazionale di Mentana.

Il 10 dicembre 1920 la frazione di Canneto Sabino fu teatro di un eccidio, il più cruento, quanto a numero di morti del cosiddetto Biennio rosso. Durante una manifestazione organizzata dai braccianti nel tentativo di ottenere migliori condizioni di lavoro un gruppo di Carabinieri ne uccise 11 in località Colle San Lorenzo.

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