The Wall, i Pink Floyd e i muri del presente
The Wall pubblicato il 30 novembre di 45 anni fa non è semplicemente un disco di successo. E forse anche la definizione di opera rock potrebbe andare stretta. Si potrebbe parlare come di un evento tra i più importanti della stessa cultura occidentale del Dopoguerra. Pur non toccando le vette artistiche di The dark side of moon e rivelandosi divisivo da sempre tra i fans più accaniti che lo considerano fuori dal “periodo aureo” della band, il disco ha raggiunto nel corso dei decenni una popolarità mondiale che non accenna a diminuire. Anche i sassi saprebbero ripetere il coro dei bambini Hey! Teachers! Leave them kids alone! All in all it’s just another brick in the wall All in all you’re just another brick in the wall.
I temi trattati sono vari: l’alienazione mentale, il rapporto con la madre, l’oppressione della scuola, un padre morto in guerra, i traumi infantili e psicologici, l’orrore della guerra e della dittatura. L’album esplora da diverse angolazioni la vita di Pink personaggio fittizio, nel quale è riscontrabile la storia e la vita dello stesso Waters ma anche del fondatore del gruppo Syd Barret. Nel disco è contenuta una feroce critica alla società occidentale che controlla mentalmente i suoi figli in una sorta di massificazione generale che li conduce alla sottomissione, alla guerra, alla violenza e la sopraffazione. Opera nata principalmente nella mente di Roger Waters, l’album si fregia di alcune zampate chitarristiche di David Gilmour immortalate in Confortly numb che contiene -secondo molti critici musicali- uno degli assoli più belli di tutti i tempi.
Ma è superfluo parlare ancora del contenuto del disco visto che sono stati spesi fiumi di parole attinenti anche il film di Alan Parker e la mastodontica tournée che seguì la pubblicazione dell’album.
Roger Waters disse alcuni anni dopo che non avrebbe più suonato le canzoni del disco a meno che non fosse caduto il Muro di Berlino, anche se nel disco per la verità non si fa cenno della divisone della città di Berlino.
Incredibile ma vero, nel novembre 1989 con la disgregazione politica del Blocco dell’Est, il muro crollò letteralmente. Segui un concerto il 21 luglio 1990 di Waters a Berlino. In quel periodo le sorti dell’umanità sembravano cambiare in meglio. La definizione di “nuovo ordine mondiale” faceva presagire una diminuzione dei conflitti e della tensione politica che aveva caratterizzato la storia mondiale dal 1945 in poi. Gli accadimenti che seguirono spazzarono poco dopo le ottimistiche previsioni. Guerre, terrorismo, genocidi, conflitti etnici, hanno insanguinato il pianeta in misura anche maggiore rispetto al periodo della Guerra Fredda. Lo stesso Waters ha preso posizione – suscitando aspre polemiche come è sua caratteristica- sulle guerre Russo/Ucraina e in Medio Oriente in atto ancora oggi. Conflitti che hanno conseguenze nefaste per milioni di persone e che fanno temere per un allargamento della guerra ad altri paesi.
Ma non solo. Nel 2020 si contavano 70 muri nel mondo: 40 mila chilometri di recinzioni, quanto basta per coprire l’intera circonferenza della Terra secondo i calcoli di Elizabeth Vallet dell’Università di Montreal. Al tempo della composizione di The Wall erano “solo” undici. Ventidue sono stati eretti tra il 2001 e il 2009. E ben 30 dal 2009 al 2019!
Insomma, gli allegorici martelli rossi e neri del celebre video di Another brik in the wall che marciavano in maniera simmetrica e organizzata per abbattere il muro bianco, oggi avrebbero essenzialmente ancora molto da fare e questa volta i mattoni probabilmente rimarrebbero saldi e tutti al loro posto.
Roberto Guidotti
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