lunedì, Aprile 28, 2025
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Ventotene, quando al confino furono mandati i Testimoni di Geova

Ventotene, quando al confino furono mandati i Testimoni di Geova

In questi giorni, l’isola di Ventotene (LT) tra il Lazio e la Campania è tornata inaspettatamente in auge nell’opinione pubblica, con le rievocazioni nella manifestazione di Roma del 15 marzo, con le citazioni in Parlamento del Presidente del consiglio Giorgia Meloni, con lo show di Roberto Benigni e le reazioni di molti politici, storici e commentatori.

L’isola fu utilizzata come luogo di confino dalla dittatura Fascista per gli oppositori del Regime. Tra i prigionieri ci furono personaggi importanti per la politica italiana come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni che redassero il cosiddetto Manifesto di Ventotene, un programma politico e sociale per un tipo di Europa diversa rispetto a quella loro coeva.

Se si pensa però, che i prigionieri erano solo oppositori di matrice politica si commette un errore. In generale esiste una mancanza di approfondimento storico nei confronti della persecuzione fascista nei confronti delle minoranze religiose evangeliche e specialmente verso i Testimoni di Geova. La persecuzione è stata rilevata dai documenti negli Archivi di Stato già a partire dal 1925 sino alla caduta del Fascismo.

Fino al 1939 i testimoni di Geova erano stati vessati in molti modi e avevano operato in un regime di semiclandestinità. In quell’estate la repressione fece un salto di qualità quando l’OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo) che indagava sui Testimoni di Geova spesso confusi con i Pentecostali, denunciò la presenza di gruppi di Testimoni in diverse località italiane. Uno dei responsabili dell’OVRA, incaricato specificamente di attenzionare e combattere le “sette” esistenti nel Regno d’ Italia, dispiegò tutte le forze della Polizia Segreta con l’ausilio dei carabinieri e la polizia, per quella che lo storico Giorgio Rochat ha definito “la grande caccia ai testimoni di Geova” o “la grande retata” (Regime fascista e chiese evangeliche). Seguendo la spedizioni di pubblicazioni della Watch Tower e lettere di alcuni fedeli, l’OVRA identificò e arrestò con raid nelle case di tutto il Paese, 150 fra uomini e donne. Dai documenti emerge che il capo della Polizia Arturo Bocchini e lo stesso Benito Mussolini seguivano in prima persona la repressione dei Testimoni di Geova. (Il prezzo della diversità – Paolo Piccioli)

Il 19 aprile 1940, il Tribunale Speciale Fascista alla fine condannò 26 testimoni di Geova con pene cha andavano dai due anni di reclusione a un massimo di 11, per un totale di 186 anni e 10 mesi. La sentenza era inappellabile e quindi definitiva. Tra l’altro, l’assoluzione non arrivò con la caduta del regime, ma soltanto nel 1957.

Alcuni di questo furono mandati al confino. Domenico Giorgini, un testimone di Geova della provincia Teramo che fu condannato a tre anni di confino a Ventotene, dopo aver trascorso cinque mesi nel carcere di Teramo, ha raccontato: “Qui vi trovai altri cinque fratelli. Eravamo insieme a circa 600 prigionieri politici. Tra queste alcune personalità politiche molto note compreso l’attuale Presidente della Repubblica (Sandro Pertini N.d.A.) Ebbi il privilegio di dare loro testimonianza intorno al Regno di Dio. Poiché molti dei prigionieri politici erano considerati pericolosi l’isola era rigorosamente sorvegliata all’esterno da un motoscafo dotato a poppa di una mitraglia pronta a far fuoco su chiunque avesse tentato la fuga”.

Altiero Spinelli al confino dal 1939 racconta nel suo libro Come ho tentato di diventare saggio alcune vicende relative ai Testimoni di Geova. Riferì di una “Maria contadina di mezza età, la cui parlata era abruzzese che aveva difeso con coraggio la sua fede dinnanzi alla commissione del confino”. Poi un episodio interessante capitato a un altro testimone di nome Sittoni, operaio del Trentino. A pag. 271 si legge:

“Le sue lettere, brulicanti di citazioni bibliche, parlavano troppo spesso ed incomprensibilmente degli ebrei. Era qui ragione per cui il poliziotto censore si era allarmato. Il direttore della colonia lo aveva fatto chiamare nel suo ufficio per tentare di fargli comprendere che gli ebrei erano ormai, per volontà duce, nemici del regime, e che non era perciò lecito parlarne così liberamente nella corrispondenza. L’ammonizione non fatta per zelo, ma con la burbera bonomia del funzionario che non voleva grane. Parlasse pure il Sittoni delle sue apocalittiche profezie, ma non adoperasse questa parola che, sia pure per motivi improvvisi ed incomprensibili, era senza alcun dubbio, diventata compromettente in Italia. La risposta del testimone Geova lo aveva fatto trasecolare: “Non comprendo, signor direttore, come Lei osi trovare da ridire alle parole di Dio. Io non posso non parlarne, perché ho il dovere far conoscere la parola che Dio vuole ascoltata di tutti gli uomini, ma che ha tuttavia rivolta, fra tutti i popoli del mondo, solo agli ebrei”. Il direttore era rimasto imbarazzato. Essendo abituato a considerare Dio come amico del duce, non avrebbe mai immaginato che fra i due padroni potessero sorgere divergenze d’opinione Non concludeva forse il prete tutte le sue messe e le sue prediche con omaggi al regime? Ed i confinati non sottolineavano forse loro riottosità rifiutando insieme di fare il saluto fascista e di andare alla messa? Ora, in questo sovvertimento di tutti i valori che andava verificandosi in modo così preoccupante nel corso della guerra, gli doveva toccare anche di imbattersi in un nuovo genere di confinati, che non si occupavano di politica parlavano solo e continuamente di Dio e dell’iniziato giudizio universale. Non sapeva davvero come comportarsi di fronte loro.”

Anche Ernesto Rossi testimonierà il passaggio dei testimoni a Ventotene. Lo farà in un vassoio, un’opera d’arte eseguita dallo stesso Rossi nel 1940 durante il confino. Attualmente l’opera è conservata all’Istituto storico della Resistenza in Toscana a Firenze e rappresenta una delle più vivide testimonianze iconografiche del mondo dei confinati durante la seconda guerra mondiale. Nella parte definita Passeggiata (vedi foto) oltre a Sandro Pertini, compaiono, Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Umberto Terracini e altri prigionieri politici. A sinistra sono raffigurati due Testimoni di Geova.

Ernesto Rossi li menzionerà anche in Pagine anticlericali (1966) dove li citerà come una minoranza su cui si abbatteva ancora opposizione e preclusione anche negli anni del Dopoguerra.

Ma perché i Testimoni di Geova furono perseguitati, imprigionati e confinati? La risposta – al di sopra di ogni sospetto- la forniscono le circolari e le direttive del governo stesso. La circolare del Ministero dell’Interno del 22 agosto del 1939 n. 441/027713 affermava: “Interpretano nel modo più ristretto e letterali i precetti divini ‘Ama il prossimo come te stesso’ e ‘Non uccidere’. Insegnano per primo, che tutti gli uomini sono fratelli e debbono amarsi fino a giungere alla negazione del concetto di patria e quanto al secondo, insegnano che esso non deve essere mai violato, per nessuna ragione, a costo della propria vita”.

La circolare del 13 marzo 1940 n. 441/02977 chiariva ulteriormente i motivi della persecuzione: “…Di conseguenza stimano illecita qualsiasi guerra e non riconoscono allo Stato il diritto di assoggettare i cittadini al servizio militare… i testimoni di Geova proclamano il Duce ed il Fascismo emanazioni del demonio e costituiscono fenomeni già previsti nel libro Apocalisse e che come profetizzato, dopo momentanee vittorie dovranno infallibilmente cadere… Nessun mezzo deve quindi essere trascurato per reprimere ogni conato di attività”.

Obiezione alla guerra, rifiuto di imbracciare le armi e resistenza morale e civile al Fascismo, mostrata in vari modi, come ad esempio, quando rifiutarono di donare l’oro per la Guerra d’Etiopia nel 1935. Vanno aggiunti a questi motivi, come ricordato da Spinelli, l’assoluta manca di ogni traccia di antisemitismo tra i Testimoni di Geova, presente invece in molti ambienti religiosi e la concezione che tutti gli essere umani sono uguali di fronte a Dio e potenziali ricettori della buona notizia che gli stessi proclamavano.

Dicevamo che la storiografia non rileva molti studi sulla persecuzione dei Testimoni di Geova durante il Ventennio Fascista. Eppure ci sarebbero molti spunti interessanti e illuminati per l’attualità. La realtà moderna vede un ritorno dell’intolleranza e forme d’odio sempre più frequenti. Questo pregiudizio alimentato dai media, oggi sempre più potenti e influenti, secondo alcuni sociologi della religioni prendono di mira di sovente le minoranze religiose come gli stessi Testimoni di Geova.

Roberto Guidotti

Iscritto Albo Giornalisti Marche

La foto del “Vassaio” di Ernesto Rossi è tratta dal profilo Facebook dell’Istituto Storico Toscano della Resistenza. Nelle frecce rosse sono indicati due Testimoni di Geova. In quelle blu a partire da sinistra, Sandro Pertini, Umberto Terracini sdraiato, Altiero Spinelli e ed Eugenio Colorni.

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