L’intelligenza artificiale sta inquinando più del binge-watching? – Nel dibattito globale sull’intelligenza artificiale, raramente si parla del suo impatto ambientale. Eppure, dietro i benefici promessi da questa tecnologia si nasconde un costo nascosto: quello energetico. Con l’esplosione dell’IA generativa, cresce anche il consumo di risorse, sollevando nuove domande su sostenibilità e responsabilità tecnologica.
L’impronta ambientale dell’IA è più pesante di quanto si pensi
Il crescente utilizzo dell’intelligenza artificiale non è privo di conseguenze per l’ambiente. I modelli linguistici di grandi dimensioni, come quelli impiegati nelle IA generative, richiedono enormi quantità di energia per essere addestrati e mantenuti in funzione. Addestrare un singolo modello avanzato, come GPT-3, ha generato circa 552 tonnellate di CO₂, un livello paragonabile alle emissioni annue di oltre 120 auto. E per i modelli più recenti, come GPT-4, i consumi stimati sono fino a 50 volte superiori.
A differenza di applicazioni più leggere, come l’invio di email o la navigazione web, l’IA richiede infrastrutture complesse e server ad alte prestazioni, spesso situati in data center che operano 24 ore su 24. Questi centri devono essere continuamente raffreddati per evitare surriscaldamenti, il che implica un ulteriore consumo energetico. Inoltre, la crescente domanda di servizi IA spinge all’espansione di queste strutture, aggravando ulteriormente il problema.
Molti utenti ignorano l’impatto ambientale delle loro interazioni con l’IA. Anche azioni semplici, come chiedere una risposta a un chatbot, comportano un costo energetico. Su scala globale, l’effetto si amplifica, rendendo urgente una maggiore trasparenza sul consumo digitale.
Per rendere più chiara la portata dell’impatto, ecco un confronto diretto tra varie attività digitali in termini di consumo energetico ed emissioni di CO₂:
L’IA consuma più di Netflix?
Un confronto spesso utilizzato per spiegare l’impatto ambientale dell’IA è quello con lo streaming video, un’attività digitale notoriamente energivora. Le piattaforme di streaming rappresentano oggi circa l’82% del traffico Internet e il 6% delle emissioni globali. Tuttavia, le analisi recenti mostrano che l’uso dell’IA generativa può, in certi contesti, superare il consumo energetico di servizi come Netflix o YouTube.
A differenza dello streaming, che impiega la rete per trasmettere contenuti già pronti, l’IA genera risposte in tempo reale. Questo processo comporta calcoli complessi, spesso eseguiti da centinaia di GPU simultaneamente. Una singola generazione di contenuto, come un’immagine creata da IA, può consumare l’equivalente di una ricarica completa di uno smartphone.
Per chiarire le differenze tra IA e streaming dal punto di vista tecnico ed energetico:
L’aspetto più allarmante è la velocità con cui si sta diffondendo l’uso dell’IA generativa, soprattutto nelle aziende e nei prodotti di largo consumo. Se da un lato lo streaming ha già intrapreso percorsi per ridurre le emissioni, dall’altro l’IA è ancora in una fase in cui l’ottimizzazione energetica non è sempre prioritaria.
Verso un’IA sostenibile: le sfide della transizione verde
Di fronte a questi scenari, la vera sfida è rendere sostenibile lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Alcune soluzioni sono già in corso, come il miglioramento dell’efficienza dei modelli e l’uso di energie rinnovabili per alimentare i data center. Tuttavia, è necessario che queste pratiche diventino la norma.
Le strategie principali includono:
- Ottimizzare l’efficienza degli algoritmi;
- Puntare su fonti rinnovabili per i data center;
- Promuovere un uso più consapevole dell’IA.
Infine, serve un cambiamento culturale: l’impatto digitale va riconosciuto e ridotto, proprio come è stato fatto con l’inquinamento da plastica o trasporti. Solo così l’IA potrà evolvere in modo davvero sostenibile.
Fonte: https://www.prontobolletta.it/news/ia-inquina-piu-delle-serie-tv/
Foto di Alexandra_Koch da Pixabay
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